Chernobyl 33 anni dopo, 400mila casi di tumore tirodeo nei bambini in Bielorussia

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Chernobyl 33 anni dopo, 400mila casi di tumore tirodeo nei bambini in Bielorussia

Legambiente denuncia la condizione delle popolazioni vittime del disastro nucleare ed ha riportato la Speranza a centinaia di bambini che vivono nelle zone contaminate. Il reportage di Angelo Gentili
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33 anni fa, la catastrofe della centrale nucleare sovietica di Chernobyl, nell’attuale Ucraina, causò la contaminazione di 155.000 km2 di territorio e di circa 10.000.000 persone. Ancora oggi in quella zona contaminata tra Russia Bielorussia e Ucraina vivono 3 milioni di persone e , come sottolinea Legambiente, «A pagarne le conseguenze più drammatiche sono i bambini che con 400.000 casi di tumore tiroideo rappresentano le vittime innocenti della catastrofe nucleare che ha riversato un enorme quantità di materiale fortemente radioattivo in atmosfera».

A pochi giorni da suo ritorno dalla Bielorussia e all’indomani della messa in onda della prima puntata della serie TV dedicata a Chernobyl, Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente, racconta la sua esperienza e il Progetto Rugiada per sensibilizzare e far conoscere una realtà ancora oggi tra luci ed ombre e per denunciare sia l’assurdità della scelta nucleare che il criminale incidente frutto di una sperimentazione che ha coinvolto oltre 600.000 tra soldati e militari che hanno pagato con la vita nel tentativo di spegnere l’incendio del quarto reattore della centrale di Chernobyl.

Il 10 giugno Gentili  ha partecipato ad uno speciale appuntamento di SkyTG24 interamente dedicato a Chernobyl. Legambiente ricorda che «Il disastro del 1986 è diventato una serie TV in onda in Italia da ieri sera su Sky Atlantic e Now TV e che ci auguriamo riesca a scuotere ancor di più cuori e coscienze nei confronti di una situazione che ancora oggi, dopo qualche decennio, continua a compromettere la salute e il futuro di intere generazioni»». Gentili ha raccontato sia il prezioso lavoro del Progetto Rugiada, un percorso di solidarietà targato Legambiente, che il suo ultimo viaggio in Bielorussia che ancora una volta ha dimostrato quanto possa essere importante continuare a regalare speranza. Quella del Progetto Rugiada è un’esperienza che Legambiente vuole continuare a portare come modello di azione positiva nei confronti di un Paese drammaticamente quasi del tutto dimenticato. Per il Cigno Verde, «Chernobyl non è un disastro da relegare nel passato. Al contrario, si tratta di una parentesi ancora niente affatto chiusa che ognuno di noi ha il dovere di considerare come una ferita ancora aperta e da sanare oltre che un elemento attraverso il quale comprendere concretamente l’assurdità della scelta energetica nucleare». In questa ottica, l’associazione ambientalista ha accolto di buon grado l’iniziativa di realizzare una serie TV attraverso la quale cercare di raggiungere un numero elevato di spettatori e di sensibilizzarli il più possibile nei confronti di questa tematica.

Gentili ha detto: «Chernobyl non deve essere dimenticata, ed essere tornato ancora una volta in Bielorussia mi ha fatto capire quanto sia importante la solidarietà per chi non ha più speranza nel futuro. L’incidente nucleare del 1986 ha drammaticamente spezzato il presente di intere popolazioni, costringendole a fare i conti con una contaminazione che ancora oggi mette a repentaglio la loro sopravvivenza. Il cibo è contaminato, l’aria e contaminata e il futuro è solo un miraggio. Per questo motivo, la nostra associazione da allora ad oggi non ha mai smesso di tendere loro la mano, nella piena e completa certezza che le cose possano davvero cambiare. Aver realizzato il Centro Speranza è stato un piccolo ma importante tassello che ha consentito a migliaia di bambini di poter combattere contro il mostro della radioattività. In più di un’occasione abbiamo avuto modo di parlare di Chernobyl, del Centro Speranza e delle nostre attività. Adesso, è arrivato il momento di spingere ancora di più il nostro messaggio e raccontare l’incidente della centrale di Chernobyl, le conseguenze gravissime per il popolo bielorusso e soprattutto per i bambini, la contaminazione radioattiva ancora pesantemente presente nel territorio, la presenza di radionuclidi nel cibo che mangiano abitualmente i residenti nelle aree contaminate, la proliferazione di numerose patologie tumorali. Per queste ragioni, ho deciso di fare un piccolo reportage di ciò che ho avuto modo di vedere in occasione del mio ultimo viaggio in Bielorussia, convinto che solo raccontando le esperienze positive si abbia davvero la possibilità di essere da esse contaminati. Di seguito, avrete modo di leggere qualche riflessione e pensiero, una sorta di diario di bordo, che verrà diffuso ampiamente anche sui social e sul web all’unico scopo di creare quella coscienza collettiva che non dovrà mai, per nessuna ragione, cadere nell’oblio e che dovrà spingere tutti a combattere affinché non vengano più commessi simili errori in futuro».

Ecco il reportage su Chernobyl di Angelo Gentili:

L’arrivo in Bielorussia

Minsk ha tutte le caratteristiche di una capitale europea con grandi strade, traffico, centri commerciali, ristoranti, alberghi, grandi palazzi nuovi di zecca, monumenti con un’architettura moderna che svettano, centri culturali, teatri e strutture in stile staliniano. Via dell’indipendenza è la strada principale, lunga 15 km, e sfocia in piazza dell’indipendenza, dominata dagli edifici del KGB. In città vivono circa 2 milioni di abitanti e tutto è tirato a lucido, pulito, ordinato, con aree verdi curatissime, modernità e ricchezza. Il costo della vita è molto caro rispetto agli stipendi medi che sono di circa 200 euro. I cittadini si muovono con la frenesia metropolitana che caratterizza le grandi città occidentali e ciò rende questa città già al primo sguardo un luogo proiettato al futuro.

L’incidente di Chernobyl

La Bielorussia ha subito il 70% del fall-out radioattivo a seguito del gravissimo incidente di Chernobyl del 26 aprile 1986 che è avvenuto in Ucraina e di cui ancora oggi le conseguenze sono complesse e disastrose. Il criminale errore umano dovuto ad una sperimentazione che portò a 3000 gradi la temperatura del combustibile provocò due esplosioni di altissima entità che distrussero il quarto reattore della centrale nucleare, riversando in atmosfera 11 miliardi di miliardi di Bequerel e di materiale radioattivo, dal cesio 137 allo stronzio 90 e al plutonio e lasciando 200 milioni di tonnellate di combustibile nucleare all’interno della centrale. La nube radioattiva a causa del vento si spostò, colpendo duramente una superficie di ‪150 000 km ed in particolare la Bielorussia, l’Ucraina e la Russia, arrivando fino a lambire numerosi stati europei. Senza dubbio, quello di Chernobyl deve essere classificato come il più grave incidente nucleare civile nella storia dell’umanità che, tra le altre cose, ha dimostrato con evidenza l’assurdità della scelta nucleare, riconfermata tragicamente dall’incidente di Fukushima. Oltre ‪6.000.000 tra militari e pompieri, i cosiddetti liquidatori, sono stati impiegati senza mezzi idonei per cercare di spegnere il gravissimo incendio con conseguenze tragiche per la loro salute e con una contaminazione dalle dimensioni inenarrabili. Basti pensare che ancora oggi intorno alla centrale c’è una zona interdetta di 40 km di raggio con una contaminazione altissima e che il sarcofago del reattore, costruito appositamente dopo l’incidente per limitare il pericolo della radioattività, è stato sostituito da un arco in acciaio, un’opera mastodontica che racchiude ciò che è rimasto del reattore esploso.

La situazione sanitaria

L’incidente di Chernobyl ha determinato la proliferazione di patologie tumorali, in primo luogo il tumore tiroideo, che ha colpito in misura maggiore i bambini con più di 150.000 casi. Inoltre, nel corso del tempo sono stati moltissimi i casi di leucemie e patologie a carico degli apparati respiratorio, cardiovascolare e digerente. Ancora oggi, 3.000.000 di persone vivono nelle zone contaminate e si nutrono di cibo fortemente radioattivo in Russia, Bielorussia e Ucraina con il conseguente abbassamento delle difese immunitarie, provocando una diminuzione drastica dell’età media. La contaminazione ha interessato quasi tutta la Bielorussia a macchia di leopardo, con zone altamente radioattive anche nei pressi della capitale. La zona più colpita è la regione di Gomel, a sud del paese, più vicina al confine con l’Ucraina.

La nuova centrale nucleare

Purtroppo, nel Paese che ha subito il più grave incidente nucleare civile nella storia dell’umanità si sta costruendo, con il contributo della Russia, una nuova centrale nucleare ai confini con la Lituania, come se la storia non avesse insegnato nulla. La dipendenza energetica dalla Russia unita alla grave situazione economica della Bielorussia con un’inflazione sempre galoppante ha imposto una simile scelta che senza alcun dubbio il popolo bielorusso non meritava. Come, del resto, non merita di essere abbandonato nella gestione delle gravissime conseguenze della catastrofe atomica del 1986. Di cosa ci sarebbe bisogno? In primis, di aiuti concreti ed efficaci da parte degli organismi internazionali finalizzati alla riduzione dei danni sanitari che sono altissimi e ad un sostegno concreto alle popolazioni costrette a vivere in un area a fortissimo rischio.

Le aree contaminate

La cruda realtà di questi territori cozza terribilmente con la realtà di Minsk. Le aree rurali sono caratterizzate da piccole case in legno e villaggi ad alto indice di povertà in cui le problematiche sociali, legate anche alla diffusione dell’alcolismo, si intrecciano fortemente con la dinamica della forte presenza di radioattività, dando origine ad un effetto esplosivo per chi abita in questi territori. I prodotti agricoli rappresentano la maggiore fonte di contaminazione ad oggi e ciò perché il territorio è ancora gravemente contaminato soprattutto da cesio 137 e stronzio 90, presenti nei primi strati del terreno e che contaminano frutta, verdura, cereali e animali di allevamento. La dieta degli abitanti, quindi, è sempre più densa di radionuclidi. Nonostante siano passati 33 anni, la radioattività rappresenta sempre un elemento altamente pericoloso, ipotecando il presente e il futuro di un territorio un tempo considerato il granaio dell’ex Unione Sovietica. Nei primi anni che hanno seguito la catastrofe di Chernobyl, i riflettori di tutto il mondo erano puntati sulla Bielorussia che in poco tempo si trasformò nel più grande laboratorio a cielo aperto sulle conseguenze della contaminazione radioattiva. Con il tempo, però, l’attenzione è diminuita notevolmente e oggi le popolazioni che vivono nelle aree contaminate sono sempre più abbandonate al loro destino. Allo stesso tempo, sono diminuiti gli aiuti umanitari ed anche i progetti di cooperazione, insieme al minore interesse anche dal punto di vista scientifico. Tutto sembra scorrere senza problemi e la vita di ciascuno non pare essere segnata dall’incidente nucleare, si tende a parlarne il meno possibile, a dimenticare e cancellare i ricordi come se nulla fosse avvenuto, anche minimizzando la situazione di alto rischio ancora presente nel Paese. E ciò a discapito di tutti, nessuno escluso.

La regione di Gomel

Nelle zone più radioattive della regione di Gomel, in Bielorussia, a ‪300 – 400 km da Minsk, dopo aver attraversato distese immense di boschi di Betulle e sterminati campi coltivati, i villaggi più colpiti dall’incidente di Chernobyl di 33 anni fa sono caratterizzati da case interamente di legno in cui vive una buona parte della popolazione in condizioni di estrema povertà. È evidente la forte connessione negativa tra rischio radioattivo, problematiche sociali, alcolismo legato all’abitudine diffusissima di bere vodka e disgregazione dei gruppi familiari. L’alimentazione basata su prodotti agricoli spesso contaminati rappresenta il principale fattore di rischio quotidiano. Nei primi anni dopo la catastrofe di Chernobyl, l’80% della contaminazione era quella diretta delle polveri presenti nel terreno ed il 20% dipendeva invece dall’alimentazione basata su prodotti contaminati. Oggi è l’esatto contrario: la maggior parte della radioattività proviene proprio dalla dieta, spesso piena di radionuclidi che minano la salute sia degli adulti che dei bambini, con un aumento significativo delle patologie tumorali. Vietka, Narovlia, Cecersch, Braghin, Buda kusceloova, sono alcune delle provincie della regione di Gomel più contaminate, in cui lo scenario è purtroppo molto simile e l’atmosfera particolarmente pesante e complessa. La radioattività non si sente, non si vede, non si nota in modo evidente, ma tutti sanno che c’è e che è un nemico misterioso contro il quale si hanno poche armi per combattere. Vivere in aree ad alto rischio come queste mette a dura prova lo stato di salute della popolazione residente. Ed è proprio per questo che ancora oggi medici, sindaci, insegnanti che vivono in queste aree, ricevono come sussidio uno stipendio maggiore ed anche i bambini nelle scuole hanno gratuitamente la mensa ed altri servizi dallo Stato. Oggi, occorre abbassare il più possibile la grave condizione di pericolo a cui sono sottoposti e soprattutto fare grande attenzione alla dieta che costituisce, appunto, il maggiore fattore di rischio. Emerge, anche se con dignità, una marcata rassegnazione, tristezza ed un velo di malinconia negli occhi di chi vive in questi luoghi in cui il proprio futuro e quello dei propri figli è drammaticamente segnato ed ipotecato. Eppure i volti di Svetlana, Alexander, Natalia, Galina, Serghiei, esprimono con chiarezza la voglia di andare avanti, cercando di superare quella che è una delle conseguenze più gravi della catastrofe nucleare: la cosiddetta “sindrome di Chernobyl” caratterizzata da gravi problemi psicologici che sopraggiungono quando non si vede prospettiva alla condanna di vivere in una zona radioattiva. Una cosa è certa: bisogna cercare di reagire e di andare avanti, essere volitivi ed operosi, nonostante tutto.

L’impegno di Legambiente

Legambiente, in collaborazione con le istituzioni scolastiche locali, ha realizzato una rete di 10 serre diffuse nelle scuole di alcuni dei villaggi più contaminati come quelle delle province di Buda Kuscielova, Braghin, Vietka, con un substrato di terreno non contaminato, per permettere ai bambini di nutrirsi nelle mense scolastiche di un’alimentazione priva di radionuclidi e ricca di principi nutritivi. Nelle serre ci sono pomodori, cetrioli, peperoni, insalata: un modo per potenziare il sistema immunitario dei bambini ed abbassare il livello di rischio al quale sono inevitabilmente sottoposti. Questo permette inoltre di arricchire il sistema scolastico di un ulteriore strumento educativo attraverso una campagna di informazione ed educazione alimentare. I bambini devono infatti essere educati ad evitare ad esempio il latte di mucche che pascolano liberamente, la cacciagione, i frutti di bosco e i funghi, ancora oggi con un livello altissimo di radionuclidi. Gli stessi funghi presenti in grande quantità nei boschi bielorussi e che talvolta riescono ad attraversare le frontiere e giungere fino ai mercati europei.

Il Centro Speranza

La nostra associazione continua ad aiutare concretamente le popolazioni vittime del disastro nucleare, ospitando nel Centro Speranza i bambini e le bambine più sfortunate che vivono nelle aree contaminate, attraverso soggiorni terapeutici in una struttura situata in zona non contaminata a Vileika, in Bielorussia. Il centro è all’avanguardia dal punto di vista ambientale, autosufficiente energeticamente e mette a disposizione dei piccoli una dieta a base di coltivazioni biologiche. I bambini inoltre vengono tenuti sotto controllo dal punto di vista medico-sanitario attraverso una dieta senza radionuclidi e riescono a perdere una parte significativa (fino al 50 %) della radioattività presente nell’organismo. Non a caso, il centro si chiama “Speranza”, nel tentativo di lanciare un raggio di sole nel buio e nel ricordo tetro della catastrofe di Chernobyl. Nella luce degli occhi dei dirigenti scolastici e degli insegnanti, vediamo come è importante la presenza di Legambiente come punto di riferimento e come è evidentemente significativa questa piccola goccia di solidarietà per dare un motivo di coraggio e di concreta speranza per il futuro. La stessa sensazione di speranza che tocchiamo con mano quando arriviamo al centro Nadiesda a Veleika: sembra di essere in un’altra Bielorussia baciata dal sole, luminosa, capace di guardare, senza abbassare gli occhi, verso il futuro. L’area è suggestiva, molto bella dal punto di vista naturalistico, con un lago, boschi con numerose essenze, grande ricchezza di fauna selvatica. Qui Legambiente ospita i bambini che provengono dalle zone piu contaminate dall’incidente di Chernobyl. La struttura è meravigliosa, realizzata grazie alla collaborazione con partner tedeschi, giapponesi e di molti altri paesi. Il centro è all’avanguardia dal punto di vista ambientale, alimentato al 100% da fonti rinnovabili e totalmente autosufficiente energeticamente, con un’area dedicata all’agricoltura biologica che produce cibo pulito per la mensa dei bambini, provvisto di laboratori didattici innovativi ed all’avanguardia, con una grande area sportiva, giochi all’aria aperta e percorsi natura sugli alberi. Tutto questo in un’area risparmiata dalla nube radioattiva del 1986 e completamente priva di radionuclidi. Un paradiso per i bambini che vengono ospitati e provengono dalle provincie più povere e contaminate della Bielorussia. Qui i bambini vengono controllati scrupolosamente con grande professionalità dal punto di vista medico, per evidenziare e prevenire eventuali patologie tumorali sempre più frequenti ed in inesorabile aumento. I piccoli ospiti sono chiassosi e felici, giocano, si divertono, stanno insieme in allegria e vengono educati sui principi dell’ecologia. Sono scrupolosamente seguiti anche dal punto di vista psicologico e vengono fornite loro indicazioni su come proteggersi dalle radiazioni con un’alimentazione meno rischiosa ed evitando comportamenti scorretti al loro ritorno a casa proprio per affrontare con maggiore consapevolezza e strumenti concreti le problematiche legate alla radioattività. Un vero e proprio segnale di “speranza” rispetto al futuro per la nuova generazione di bambini che appare così meno vulnerabile ed indifesa, in un paese maledettamente compromesso e segnato dall’incubo di Chernobyl.

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