Il 20% dell’Italia è a rischio desertificazione, ma non ci stiamo ancora difendendo a dovere

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Il 20% dell’Italia è a rischio desertificazione, ma non ci stiamo ancora difendendo a dovere

Un anno fa il ministero dell’Ambiente dichiarava «piena emergenza». Da allora è stato presentato un Piano nazionale energia e clima insufficiente, quello di adattamento ai cambiamenti climatici è fermo al 2017 e una legge contro il consumo di suolo è ancora molto lontana dall’essere approvata
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Esattamente 25 anni fa veniva adottata a Parigi la Convenzione Onu per la lotta alla desertificazione (Unccd), di cui oggi in tutto il mondo si celebra la ricorrenza. Per una buona ragione: desertificazione e siccità sono catastrofi naturali “a bassa intensità” ma di lunga durata che stanno stravolgendo gli assetti sociali e economici di intere regioni del mondo, Europa compresa.

L’ultimo Atlante mondiale della desertificazione elaborato dal Joint research centre (Jrc) dell’Ue mostra che sono già 13 gli Stati membri colpiti dal fenomeno, con costi economici legati al degrado del suolo stimati nell’ordine delle decine di miliardi di euro all’anno: Italia, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria. Si tratta di un problema particolarmente grave nell’area mediterranea, e dunque anche per il nostro Paese.

Le situazioni più critiche si registrano infatti in una vasta area della Spagna, nel Sud del Portogallo e dell’Italia, nella Grecia sud-orientale, a Cipro e in alcune regioni della Bulgaria e della Romania che si affacciano sul Mar Nero. La ricerca indica che le aree ad alto rischio di erosione interessano fino al 44 % del territorio della Spagna, il 33% del Portogallo e quasi il 20% della Grecia e dell’Italia.

Significa che un quinto del territorio italiano è già oggi soggetto ad alto rischio desertificazione, eppure non ci stiamo difendendo adeguatamente, né a livello nazionale né a livello europeo. La Corte dei conti Ue ha dedicato un’approfondita analisi al tema, mostrando come zone calde semidesertiche esistano già nell’Europa meridionale, e come il fenomeno si stia estendendo a Nord in una sorta di circolo vizioso. La desertificazione infatti è non solo una conseguenza, ma anche una delle cause del cambiamento climatico: il degrado del suolo dovuto all’attività umana dà luogo all’emissione di gas a effetto serra, e i suoli degradati hanno una minore capacità di trattenimento del carbonio. «Stiamo assistendo ad un incremento della siccità, dell’aridità e del rischio di desertificazione dovuto ai cambiamenti climatici nell’Ue – spiega Phil Wynn Owen, responsabile della Corte dei conti europea per la relazione – La desertificazione può comportare povertà, problemi di salute dovuti alla polvere portata dal vento, nonché una diminuzione della biodiversità. Può anche avere conseguenze demografiche ed economiche, costringendo la popolazione a migrare lontano dalle aree colpite». Si tratta ormai di un dato di fatto, eppure «non esiste una strategia, a livello Ue, per far fronte alla desertificazione e al degrado del suolo».

E in Italia non va meglio, nonostante esattamente un anno fa anche il ministero dell’Ambiente italiano abbia riconosciuto che «un quinto del nostro Paese è a rischio desertificazione: sicuramente il Sud Italia è particolarmente vulnerabile ma ormai anche il Centro è coinvolto (e anche il nord, ndr). Siamo in piena emergenza».

Sappiamo cosa dovremmo fare per contrastare il fenomeno: rispettare l’Accordo di Parigi sul clima, adattare il territorio nazionale a quella parte di cambiamenti climatici che ormai è inevitabile subire, e ridurre il consumo di suolo. A un anno dalla dichiarazione di «piena emergenza» da parte del ministero dell’Ambiente, però, il Piano nazionale energia e clima proposto dal Governo non arriva a un terzo dell’impegno necessario per rispettare l’Accordo di Parigi, l’iter del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici è fermo al 2017 e una legge contro il consumo di suolo è ancora molto lontana dall’essere approvata.

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