I procioni fuggiti dallo zoo di Poppi si stanno rapidamente espandendo in tutto l’Appennino Tosco-Romagnolo… e non è una buona notizia

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I procioni fuggiti dallo zoo di Poppi si stanno rapidamente espandendo in tutto l’Appennino Tosco-Romagnolo… e non è una buona notizia

Il procione è considerato dall’Unione europea una delle specie aliene invasive più pericolose. A rischio i rari gamberi di fiume
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Il procione (Procione lotor) è stato introdotto in tutta Europa nel secolo scorso per la produzione di pellicce, la caccia e il commercio di animali domestici ed è  considerato dall’Unione europea una delle specie aliene invasive più pericolose e che, per la sua gestione, richiede un monitoraggio aggiornato dell’espansione del suo nuovo areale in Europa. In Italia ci sono ormai popolazioni di procioni consolidate solo nelle regioni settentrionali, ma il nuovo studio “Time is running out! Rapid range expansion of the invasive northern raccoon in central Italy”, pubblicato su Mammalia da un team di ricercatori composto da Andrea Boscherini (scienziato freelance),  Giuseppe Mazza (CREA), Mattia Menchetti (Insitut de biologia evolutiva di Barcellona e università di Firenze), Alessandro Laurenzi (Golden Group Srl) ed Emiliano Mori (università di Siena) riporta la presenza di una nuova popolazione di procioni lungo la dorsale appenninica nel centro Italia e propone le azioni di gestione per limitare gli impatti negativi nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e nei suoi dintorni.

il procione si è stabilito in almeno 20 Paesi europei, dall’Europa Occidentale fino al Caucaso e in 10 è diventato una specie invasiva. I ricercatori italiani fanno notare che «Nonostante una quantificazione attendibile dei danni causati dai procioni introdotti non sia ancora avvenuta, è stato suggerito che predazione sulla fauna autoctona, competizione con specie autoctone e potenziale trasmissione della malattia da parte dei procioni che si verifichino in tutta Europa». Infatti, i procioni possono diventare sovrabbondante a livello locale e portare al declino e all’estinzione alcune piccole popolazioni locali di specie autoctone, Secondo la legislazione europea e nazionale, senza permessi speciali, i procioni non possono essere commerciati né tenuti come animali domestici de bisogna segnalare precocemente la presenza di nuovi nuclei di animali invasivi che mostrano un’elevata plasticità ecologica e di dispersione grazie alla loro adattabilità a molti tipi di habitat, anche quelli più antropizzati. Inoltre, i procioni sono molto diffusi negli zoo.

In Italia i primi procioni allo stato libero sono stati segnalati lungo il fiume Adda, in Lombardia nel 2004, una popolazione attualmente tenuta sotto controllo, ma segnalazioni sparse, s dovute a rilasci involontari e fughe si sono verificati anche in molte altre regioni italiane, per lo più legati a singoli individui o a piccoli gruppi che sono stati ricatturati o scomparsi dopo pochi mesi.

Il nuovo studio si occupa di  qualcosa di più preoccupante: partendo dal ritrovamento di due procioni vittime di incidenti stradali nel 2013 e 2015,  i ricercatori dicono che «Una popolazione di procione settentrionale è stata registrata nell’Italia centrale, nella parte più settentrionale della provincia di Arezzo (Toscana), vicino al confine con l’Emilia Romagna. Quest’area merita particolare attenzione, poiché comprende il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (43.820 ° N-11.800 ° E), un’area protetta di circa 36.600 ha situata lungo la dorsale appenninica tra Toscana ed Emilia Romagna. Questo parco ospita molte specie di flora e fauna in via di estinzione, tra cui il lupo appenninico Canis lupus italicus Altobello, 1921, il gatto selvatico Felis silvestris Schreber, 1777, un complesso del gambero di fiume  Austropotamobius pallipes  e il granchio di fiume autoctono Potamon fluviatile Herbst, 1785».

Lo studio presenta i dati georeferenziati della presenza di procioni nell’Italia centrale ottenuti grazie a progetti di citizen science indirizzati (su iNaturalist: https://www.inaturalist.org/projects/mammiferi-d-italia ; Naturaesocialmapping: http: // www.naturaesocialmapping.it/node/430 ) e a documentazione fotografica postata su Facebook e Twitter. La maggior parte delle segnalazioni provengono da persone locali che frequentano boschi e campagne e quindi il campionamento è stato ritenuto affidabile e quasi completo. Lo studio mostra un’espansione dell’areale,   con 39 dati provenienti da 26 località. Secondo i ricercatori  «L’areale dei procioni in Italia centrale dal 2015 al 2018 è aumentato tra 21.346 ha (100%) e 12.819 ha (95%) e i procioni sono stati avvistati anche n Emilia Romagna (vicino a Bagno di Romagna, provincia di Forlì-Cesena), mentre dei cuccioli erano stati  osservati già dal 2016 (in tre foto), confermando il successo riproduttivo dei procioni in centro Italia.

I ricercatori italiani spiegano che «Il procione è stato probabilmente introdotto da Poppi, in provincia di Arezzo, a causa di una fuga accidentale dallo zoo locale. Il procione settentrionale era presente nel parco zoologico di Poppi dal 2001, anche se il parco è stato creato nel 1972 come il primo parco zoologico della fauna europea. Questo era l’unico zoo che ospitava procioni nel sito di studio, il che ci impedisce di considerare la possibilità di un’introduzione multipla. In 2 anni, i procioni hanno superato i confini del Parco Nazionale, situato a circa 7 km a nord dalla posizione di introduzione. I procioni sono stati sempre registrati vicino a corsi d’acqua nei dintorni dei paesi (Poppi, Stia, Pratovecchio, Bibbiena e Bagno di Romagna), di foreste, radure e campi incolti, tra 370 (Poppi) e 1032 (Consuma) m sul livello del mare (slm) . Non sono disponibili dati affidabili sulla dimensione della popolazione, sebbene Cappai et al. (2016a) abbiano stimato che almeno 12 individui erano presenti nel parco nazionale».

I dati sugli impatti sono frammentari e riguardano la predazione su animali domestici, bestiame e di recente i sui gamberi autoctoni, cosa che preoccupa particolarmente i ricercatori: «Molti fattori minacciano il gambero nativo Austropotamobius pallipescomplesso nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (sfruttamento eccessivo attraverso la pesca illegale, introduzione di pesci predatori e siccità). Pertanto, il procione dovrebbe essere gestito per proteggere questo gambero autoctono, che è già compromesso», Anche per questo, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) chiede l’eradicazione del procione nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, gli individui catturati vengono sterilizzati e tenuti in cattività in centri autorizzati, ma non esiste nessuna azione di gestione al di fuori dell’area protetta.

LO studio conclude: «La strategia di gestione più efficiente fa affidamento sulla prevenzione e sulla diagnosi precoce delle specie introdotte, seguita dalla rapida rimozione di individui che vivono liberi, o anche di popolazioni di piccole dimensioni. In effetti, il regolamento UE 1143/2014 ha vietato il commercio di procioni. Ciò è particolarmente evidente per popolazioni di procioni marginali e isolate, come quella riportata in questa nota, che possono essere gestite più facilmente rispetto a quelle diffuse e di grandi dimensioni».

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