La sonda Beresheet non ce l’ha fatta e si è schiantata sulla Luna

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La sonda Beresheet non ce l’ha fatta e si è schiantata sulla Luna

Il lander dell’organizzazione no profit israeliana SpaceIL si è schiantato sulla Luna a causa di problemi al motore e di comunicazione, fallendo così quello che sarebbe stato il primo allunaggio privato della storia e l’ingresso di Israele nel ristretto gruppo di paesi che sono arrivati sul nostro satellite naturale
di Lee Billings, Clara Moskowitz/Scientific American
www.lescienze.it

Beresheet, una piccola sonda spaziale israeliana con l’audace intento di effettuare un atterraggio morbido sulla Luna, si è avvicinata all’obiettivo ma alla fine, giovedì, ha fallito. La sonda si è schiantata sulla superficie lunare dopo che, appena prima del previsto touchdown, si sono verificati problemi al motore e di comunicazione. Il veicolo, progettato da un’organizzazione no profit israeliana chiamata SpaceIL, sarebbe stata la prima navicella spaziale privata ad atterrare sulla Luna, e avrebbe reso Israele il quarto paese a farlo, dopo Stati Uniti, ex Unione Sovietica e Cina.

“Beh, non ce l’abbiamo fatta, ma ci abbiamo provato”, ha detto il presidente di SpaceIL Morris Kahn durante una trasmissione in diretta del tentativo di allunaggio. “Penso che il risultato di arrivare al punto in cui siamo arrivati sia davvero straordinario, e che possiamo esserne orgogliosi”.

La navicella Beresheet da 100 milioni di dollari non era un progetto del governo israeliano, ma è stata invece finanziata, costruita e gestita grazie agli sforzi di SpaceIL. È stato il primo di diversi tentativi di atterraggio lunare finanziati da privati e previsti per i prossimi anni, parte di una potenziale nuova “corsa alla Luna” internazionale, che vede protagonisti sia le potenze globali sia le aziende private.

Beresheet non ce l'ha fatta
Illustrazione di Beresheet sulla superficie lunare. (Cortesia Oshratsl/Wikimedia; CC BY-SA 4.0)

”Penso che tutti si rendano conto che si tratta di un’impresa a lunga scadenza, che è molto impegnativa”, ha detto Bruce Pittman, un appaltatore della NASA e vicepresidente e responsabile senior delle operazioni per National Space Society, prima del tentativo di atterraggio. “Questa e altre squadre hanno fatto molta strada, con tanto entusiasmo e avranno tutte la loro possibilità. E non devono partire da zero. Spero che almeno uno dei tentativi che si avranno a breve, cinque o sei nei prossimi 12-18 mesi  abbia successo.”

L’inizio di Beresheet

“Beresheet è una parola biblica, la parola ebraica per il libro della Genesi”, aveva spiegato il cofondatore di SpaceIL Yonatan Winetraub in una precedente intervista. “Significa anche ‘all’inizio’. Era stato proposto dal pubblico e selezionato da un voto nazionale in Israele. Il nome coglie l’essenza della missione: uno sforzo dal basso verso l’alto, che è solo l’inizio”.

Anche se è stato lanciato a febbraio, con un razzo vettore SpaceX Falcon 9 insieme a un satellite di comunicazione indonesiano e un carico dell’aeronautica degli Stati Uniti, il viaggio di Beresheet è iniziato molto prima, in una fatidica notte del 2010. Allora, tre giovani israeliani – Winetraub, Yariv Bash e Kfir Damari – per la prima volta hanno pensato a una missione lunare privata di fronte alle loro birre in un bar fuori Tel Aviv. Il trio ha poi fondato SpaceIL per competere al Google Lunar XPRIZE, un concorso lanciato nel 2007 che prometteva un primo premio di 20 milioni di dollari per il primo atterraggio robotico privato sulla Luna, integrato da una serie di obiettivi, come attraversare 500 metri e rimandare a Terra immagini ad alta definizione. I tre ottimisti si erano conviti di avere la possibilità di vincere. “Ne sapevamo proprio poco”, dice Winetraub. “Nel 2010 eravamo seduti in quel bar, pensando a quanto sarebbe stato incredibile arrivare sulla Luna”.

Nel 2011, dopo una breve presentazione su invito all’Agenzia spaziale israeliana, i fondatori di SpaceIL sono stati avvicinati da qualcuno del pubblico. “Si è avvicinata a noi e ci ha detto: ‘Avete i soldi?’. Ci siamo guardati: la risposta era ovviamente no”, ricorda Winetraub. “Ha detto: ‘Venite nel mio ufficio; vi darò un assegno di 100.000 dollari’. Da allora ci ha dato molto di più”. Quella persona era Kahn, un imprenditore miliardario israeliano che in seguito è diventato presidente di SpaceIL. Con l’aiuto di Kahn, l’organizzazione ha attirato altre ingenti donazioni, come il contributo di 16,4 milioni di dollari del miliardario statunitense Sheldon Adelson, re dei casinò.

“Puntare alla Luna metterà in mostra le grandi capacità di Israele”, aveva detto Kahn in passato. “Abbiamo il coraggio di sognare: innovazione, desiderio, curiosità e complessità sono parte del nostro DNA, e questo progetto ha tutte queste caratteristiche. Voglio dare entusiasmo alle giovani generazioni e interessarle allo spazio, proprio come ha fatto il programma Apollo per gli Stati Uniti”. Fin dai primi giorni, questo ethos ha guidato la pianificazione di SpaceIL, che, dicono i suoi membri, è stata centrata sull’istruzione e sulla sensibilizzazione piuttosto che sul profitto.

Beresheet, lunga 1,5 metri, trasportava una piccola capsula del tempo che conteneva oggetti culturali destinati a una conservazione a lungo termine sulla superficie lunare quasi immobile. Aveva anche retroriflettori laser forniti dalla NASA, utili ad altre sonde in orbita lunare o in prossimità dell’orbita lunare per rilevazioni metrologiche e telemetriche precise. Lungo il percorso di Beresheet verso la superficie lunare, un magnetometro costruito dal Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele, era destinato a effettuare una scansione del desolato suolo sottostante, per raccogliere nuovi dati sul campo magnetico del luogo utili a svelare le origini e la storia più remota della Luna.

La corsa continua

Alla fine SpaceIL – e tutti i suoi concorrenti – non sono riusciti a vincere il Google Lunar XPRIZE: l’anno scorso il concorso è stato annullato dopo che nessuno era riuscito a vincere entro la scadenza (originariamente il 2014, e successivamente spostata al 2018). Pur non avendo mai assegnato i 20 milioni di dollari, l’XPRIZE ha stimolato una forte corsa privata alla Luna e ha comunque distribuito premi minori per un valore di oltre cinque milioni di dollari. “Anche se non è stato erogato, siamo orgogliosi che il Google Lunar XPRIZE abbia stimolato gruppi in tutto il mondo a perseguire, e continuare a perseguire, piani così ambiziosi da essere ritenuti impossibili quando abbiamo lanciato il concorso”, ha detto Chanda Gonzales-Mowrer, vice-presidente delle operazioni a premio della XPRIZE Foundation.

Diversi ex concorrenti di XPRIZE continuano a dedicarsi all’invio nel prossimo futuro dei propri lander robotici sulla Luna, in particolare Astrobotic e Moon Express con sede negli Stati Uniti, e l’azienda giapponese ispace. SpaceX sta programmando già per il 2023 il volo attorno alla Luna di un artista giapponese e di altri otto membri dell’equipaggio nella capsula Dragon della stessa SpaceX, e un’altra azienda aerospaziale, Blue Origin, è nel bel mezzo dello sviluppo di un pesante lander lunare. Nel regno degli Stati nazionali, Stati Uniti, Europa, Cina, Russia, India, Giappone e Corea del Sud hanno tutti fiorenti programmi di esplorazione lunare sostenuti da generosi contratti con le maggiori aziende aerospaziali. (SpaceIL, da parte sua, ha collaborato con Israel Aerospace Industries per produrre “quasi cloni” di Beresheet per clienti interessati a potenziali future incursioni interplanetarie.)

“Stiamo attraversando un cambiamento di paradigma nel settore aerospaziale”, ha detto Pittman. “Quello che eccita e spaventa molte persone è che le regole del gioco stanno cambiando radicalmente. Il modo standard di fare le cose, prima le agenzie governative, poi l’industria, sta cambiando in modo radicale, e penso che sia una cosa davvero grandiosa”.

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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” l’11 aprile 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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