Studiati in laboratorio i fluidi viscosi che controllano la propagazione dei terremoti
Scritto da Valeria De Paola
comunicazione.ingv.it
I fluidi viscosi presenti nelle zone di faglia della crosta terrestre su cui si originano i terremoti ne condizionano l’evoluzione e la magnitudo. È questo quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature Communications (https://www.nature.com/articles/s41467-019-09293-9) condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’École Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL), dell’Università degli Studi di Padova e dell’Università di Durham, in Inghilterra.
“Nelle zone di faglia”, spiega la ricercatrice dell’EPFL Chiara Cornelio, “l’interazione tra le rocce e i fluidi ha effetti meccanici e chimici su nucleazione, propagazione e arresto dei terremoti: tali effetti condizionano sia i terremoti naturali che quelli di natura antropica in cui la stimolazione con fluidi a diversa viscosità e caratteristiche chimiche è necessaria per l’attività estrattiva e per la geotermia”.
Obiettivo del lavoro è, quindi, quello di studiare l’effetto della viscosità del fluido sulla stabilità delle faglie. I fluidi viscosi possono avere un comportamento duale e possono comportarsi da lubrificanti oppure da abrasivi in funzione di altri parametri, come la pressione di fluido, la velocità di scivolamento e la rugosità iniziale della superficie di contatto.
Immagine – I fluidi a composizione variabile (e.g. gas, acqua, brina, infiltrazioni di idrocarburi e misture di liquido e gas) sono spesso presenti in zona di faglia e la viscosità di questi fluidi può variare di diversi ordini di grandezza. Fluidi viscosi possono anche formarsi per effetto della trasformazione parziale dell’energia del terremoto in calore. L’aumento di temperatura provoca la fusione delle rocce di contatto, come in figura. Questo effetto è stato verificato nel laboratorio HPHT dell’INGV di Roma con la macchina sperimentale denominata SHIVA.