Il buco dell’ozono? E ancora in splendida forma, ma…

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L’ingente distruzione dell’ozono stratosferico nella regione antartica avviene ancora con regolarità durante la primavera australe. Grazie però al protocollo di Montreal, siglato nel 1987, si cominciano a vedere i primi segnali di miglioramento.

di Giovanni Muscari
ingvambiente.com

L’ozono, O3, è un gas incolore chimicamente molto attivo, ovvero che reagisce molto facilmente con altre sostanze. Si forma naturalmente in piccole quantità in quella parte di atmosfera compresa tra 10 e 50 km di quota, denominata stratosfera, dove assorbe la maggior parte della radiazione ultravioletta (UV) emessa dal sole. Senza lo schermo dell’ozono stratosferico l’intensa radiazione solare che raggiungerebbe la superficie terrestre impedirebbe la vita sulla Terra. Nella stratosfera, che contiene il 90% di tutto l’ozono presente in atmosfera, le molecole di ozono assorbono radiazione UV e vengono scisse in una molecola di ossigeno (O2) ed un atomo di ossigeno (O). Quest’ultimo poi rapidamente urta contro una molecola di O2 e forma di nuovo O3. Questo equilibrio tra processi di creazione e distruzione dell’O3 garantisce che ci sia sempre uno strato di ozono stratosferico a difesa della vita sulla Terra. Tuttavia, l’ozono stratosferico viene distrutto anche quando reagisce con molecole che contengono azoto, idrogeno, cloro o bromo e la concentrazione di alcune di queste molecole è aumentata in stratosfera a causa della produzione antropica di Clorofluorocarburi (CFC). L’immissione di CFC in atmosfera ad opera dell’uomo è la causa dello straordinario assottigliamento dell’ozono stratosferico sopra l’Antartide. Questo fenomeno, comunemente noto come “buco dell’ozono”, ha cadenza stagionale. Negli ultimi decenni si è verificato tutti gli anni a partire dal mese di Agosto, quando il sole torna ad illuminare la regione antartica, fino approssimativamente ai primi di Dicembre, mostrando un minimo nel contenuto di ozono in stratosfera nel mese di Ottobre.

Formazione e richiusura stagionale, anno 2018, del buco di ozono sopra l’Antartide. Credits: NASA Ozone Watch.

Al suolo invece l’ozono è prodotto principalmente da reazioni chimiche che coinvolgono inquinanti di origine antropica (come i gas di scarico delle auto) e proprio per la sua facilità a reagire con le sostanze con cui entra in contatto l’ozono troposferico è dannoso sia per le piante sia per l’uomo, a cui in particolare danneggia il tessuto dei polmoni.

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Un esempio di profilo verticale di concentrazione di ozono

Quando sono cominciati i guai e chi è il responsabile?

Agli inizi degli anni ’70, alcuni scienziati scoprirono che i CFC prodotti dall’uomo (usati come gas refrigeranti nei frigoriferi o come propellenti nelle bombolette spray) avevano la proprietà di distruggere l’ozono stratosferico mediante reazioni particolari dove un solo atomo di cloro (o anche bromo) arriva a distruggere più di 10000 molecole di ozono. Pochi anni dopo, agli inizi degli anni ‘80, strumenti del British Antarctic Survey (BAS) e della NASA misurarono un improvviso abbassamento nel contenuto totale di ozono nel mese di Ottobre sopra l’Antartide. Da allora, la larghezza dell’area del buco è andata ampliandosi sempre più anno dopo anno raggiungendo un massimo di estensione di 40 milioni di km² nel 2000.

Come si è riusciti nell’impresa di arginare il progressivo allargamento del buco e poter prevedere per il futuro la sua completa “chiusura”?

Grazie ad un’eccezionale intesa tra scienza e politica, nel 1987 a Montreal fu stipulato il primo accordo internazionale per bandire la produzione di CFC. Altri ne seguirono, per interrompere rapidamente la produzione e l’utilizzo dei CFC. Purtroppo questi composti hanno un tempo di residenza in atmosfera molto lungo… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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