Quale sarà l’impatto dell’inquinamento sull’economia e sanità cinese?

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Quale sarà l’impatto dell’inquinamento sull’economia e sanità cinese?

Quali soluzioni per l’airpocalypse? Politiche pubbliche di lungo periodo per evitare l’asfissia economica e sanitaria
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«Quando il polmone economico respira aria inquinata, l’economia si indebolisce. Inoltre, a furia di correre, la Cina è diventata asmatica». Claire Lapique riassume così su CNRS Le Journal  lo studio “The Cost of Pollution on Longevity, Welfare and Economic Stability”, pubblicato dagli economisti Natacha Raffin (Université Paris Ouest Nanterre) e Thomas Seegmuller (Aix-Marseille université) su Environmental and Resource Economics, che spiegano cosa sta succedendo in Cina. dove l’inquinamento ha un forte impatto sia sull’aspettativa di vita che sulla stabilità economica e il benessere delle persone.

La Raffin e Seegmuller presentano alcuni possibili rimedi per evitare che il gigante cinese muoia asfissiato dal suo stesso sviluppo, da quella che ormai in molti chiamano “airpocalypse”, un’epoca in cui l’inquinamento dell’aria ha raggiunto livelli venefici, i cinesi rischiano la salute in megalopoli sempre più grandi e la qualità e la durata della vita delle persone peggiora.

La Lapique fa notare che «Mentre le economie più avanzate sono riuscite ad aumentare la speranza di vita della loro popolazione, emergono delle nuove malattie, molte delle quali sono legate all’inquinamento». Secondo uno studio pubblicato nel 2017 dall’università di Chicago, «I cinesi perdono in media tre anni e mezzo di durata della loro vita». E in alcune aree la situazione è decisamente peggio, come a nord del fiume Huai, dove la popolazione usava abbondantemente carbone durante l’inverno tra gli anni ’50 e ’80 e dove la speranza di vita è 5,5 anni minore rispetto ai cinesi che vivono più a sud.

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Per la Raffin e Seegmuller, «l’inquinamento è una seria minaccia o per la stabilità economica» della Cina e sono riusciti a determinare l’impronta dell’inquinamento sia sulla speranza di vita che sulla stabilità economica e il benessere dei cittadini della Repubblica popolare cinese. La domanda è: l’economia non può decollare senza lasciarci le penne? Quel che conferma lo studio è che la produzione industriale di massa è una lama a doppio taglio: da un lato la crescita decolla dall’altro l’inquinamento porta a oscurare l’orizzonte economico.

Secondo i due autori dello studio, i meccanismi che si mettono in moto sono numerosi: «E’ l’impatto della speranza di vita sul tasso di risparmi che pesa sul bilancio. Il collegamento che li lega è doppio. All’inizio, più gente vive più a lungo, più accumula capitale, sottoforma di investimenti. Allora, il risparmio aumenta. E, dato che questi investimenti servono a coprire le spese sanitarie, allo stesso tempo la speranza di vita migliora. Le due variabili sono complementari: quando una aumenta, l’altra la segue».

Ma l’aumento dell’inquinamento produce un effetto a cascata: «La popolazione tossisce, l’aspettativa di vita cala a e il tasso di risparmio è in calo. Quindi, quando l’inquinamento ha un impatto decisivo sulla salute pubblica, come nel caso della Cina, la sostenibilità dell’economia vacilla. Il tasso di risparmio non incoraggia più la produzione con la stessa forza di prima. Si verificano dei cicli endogeni e perturbano la stabilità economica».

Mentre l’aumento del capitale migliora il benessere dei cittadini, l’inquinamento cambia la situazione. Da un certo punto in poi, l’aumento della produzione è compensato dalle esternalità negative che produce sull’ambiente e quindi sul benessere dei cittadini.

Di fronte all’airpocalypse il presidente Xi Jiping  ha lanciato la nuova “civiltà ecologica”. Il Partito comunista cinese sembra essersi reso conto del pericolo sanitario ed economico che ha di fronte  e nel 2013 ha avviato un piano contro i cambiamenti climatici facendo diventare la Cina il più grande produttore di energia solare e riducendo del 50% il consumo di carbone tra il 2013 e il 2018. Attualmente la Cina si trova ad essere nella scizofrenca posizione di più grande inquinatore del pianeta e di strenuo difensore degli accordi climatici globali, contro l’isolazionismo e il negazionismo climatico di Donald Trump.

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Ma la crisi ambiengtale della Cina è ancora drammatica e  Raffin e Seegmuller  propongono alcune politiche pubbliche per far uscire il gigante asiatico dallo smog che soffoca la salute e l’economia. I ricercatori del CNRS dicono che «Lo stato ha due leve disponibili per controbilanciare le esternalità negative dovute all’aumento di capitale». Il problema sta nel bilanciare la distribuzione del reddito nazionale: o il budget viene destinato alla spesa sanitaria, oppure a tenere sotto controllo l’inquinamento. Anche se le due cose sono strettamente legate, se si aumenta uno bisogna ridurre l’altro. «La prima soluzione è curativa: è la cura ex post per le “malattie moderne” causate dall’inquinamento – scrive la Lapique – La seconda è preventiva: agisce a monte, sulla fonte dei mali. Cosa scegliere quando la contaminazione bussa alla nostra porta?» Per gli autori, dello studio la risposta sta nella «Condivisione iniziale del bilancio nazionale. Se lo Stato ha allocato per molto tempo una parte importante del suo bilancio per la salute pubblica – a scapito del controllo dell’inquinamento – è opportuno rinviare i suoi sforzi nel controllo dell’inquinamento. La lotta contro l’inquinamento aiuta a contrastare l’andamento della curva dell’aspettativa di vita. Dato che non può progredire indefinitamente a grande velocità, in un dato momento la sua ascesa rallenterà. In questo caso, è inutile spendere soldi per le spese sanitarie. Se lo stato aumenta le sue spese sanitarie, riduce anche il budget destinato al disinquinamento. La contaminazione aumenta e danneggia ulteriormente la salute della popolazione. L’effetto è quindi controproducente».

Ripristinare un ambiente sano richiede molto tempo e chi ne vedrà i frutti sono le generazioni future. E’ probabilmente per questo che in una democrazia dove il potere dipende dal consenso elettorale i politici sembrano interessarsi poco alle politiche ambientali e climatiche di lungo periodo. Ma scegliendo una politica climatica di lungo periodo il governo tiene conto del benessere della sua popolazione futura. E’ probabilmente per questo che le piazze dei Paesi sviluppati si stanno riempiendo di giovani che chiedono di agire ora e subito per permettere loro di avere quel futuro che gli adulti non vedranno ma del quale sperimentano già i primi effetti climatici e sulla salute. Raffin e Seegmuller considerano l’inquinamento come uno stock, sottolineandone così la persistenza nel tempo: «E’ questo accumulo nell’atmosfera che gli dà il suo carattere intergenerazionale» che potrebbero riuscire a capire anche i più anziani e che potremmo tradurre nel vecchio concetto di sopravvivenza di specie, ormai difficile da ricordare per una specie che ha annichilito tutte le altre in ogni habitat e nicchia ecologica. .

Scegliere una politica pubblica per rispondere all’inquinamento della Cina solleva quindi diversi problemi: «La contaminazione dell’atmosfera si insinua in tutti i parametri del Paese: la salute della sua popolazione, il suo equilibrio economico, così come il benessere dei suoi cittadini – concludono al CNRS – Per essere sostenibili, d’ora in poi è impossibile ignorare la nube grigia che si ingrossa sopra le nostre teste. La Cina, nella sua feroce lotta, getta le basi per un’economia più sostenibile e, nello stesso tempo, tranquillizza il suo ambiente e la sua popolazione  che hanno anche “subito” tutte le conseguenze prodotte da uno sviluppo economico sfrenato».

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