Coldiretti: “Questo inizio 2019 conferma i cambiamenti climatici in atto”

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Coldiretti: “Questo inizio 2019 conferma i cambiamenti climatici in atto”

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La nuova ondata di maltempo che ha attraversato l’Italia, e che sta ancora insistendo su alcune aree del Paese, ha portato una svolta improvvisa dopo che il nord era stato costretto a fare i conti con un lungo periodo di siccità per assenza di precipitazioni, con terreni aridi e bacini a secco. Neanche tre settimane fa l’Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) guardava con preoccupazione ai bacini a secco del nord Italia, mentre negli scorsi giorni il livello idrometrico del Po è salito di quasi due metri in sole 12 ore a causa di intense piogge, testimoniando le difficoltà in cui si trovano altri fiumi e torrenti lungo la Penisola dove si sono verificate evacuazioni ed allagamenti.

L’arco alpino è stretto nella morsa della neve, mentre la Regione Emilia-Romagna ha già annunciato che chiederà lo stato di emergenza nazionale per far fronte agli effetti del maltempo. Ovunque sono i campi agricoli sono i primi testimoni dei danni: dalla Coldiretti – la più grande organizzazione agricola europea – parlano di centinaia di ettari di coltivazioni sommersi da acqua e fango lungo tutta la Penisola dall’Emilia alla Toscana alla Campania. «L’andamento anomalo di questo inizio 2019 – spiegano gli agricoltori – conferma i cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo». E se per questi giorni di maltempo una stima dei danni (solo) nelle campagne potrebbe arrivare «a milioni di euro», il ripetersi di eventi estremi è costato «all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro in un decennio, tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne».

Danni che naturalmente si estendono ben oltre il limite delle campagne. Secondo i dati aggiornati dal Cnr proprio nei giorni scorsi, solo nel 2018 frane e inondazioni hanno causato in Italia 38 morti, 2 dispersi, 38 feriti e oltre 4.500 tra sfollati e senzatetto in 134 comuni, distribuiti in 19 regioni: si tratta delle problematiche più gravi da cinque anni a questa parte, in un Paese dove i cambiamenti climatici stanno già oggi correndo più velocemente della media globale in termini di aumento delle temperature.

Le priorità rimangono dunque sempre le stesse, solo più urgenti: lavorare per ridurre le emissioni di gas climalteranti e contemporaneamente investire per aumentare la resilienza dei territori, riducendo così i rischi legati al dissesto idrogeologico. Su entrambi i fronti però i progressi sono minimi, se non inesistenti.

A livello globale le emissioni di gas serra sono tornate a crescere (mentre la performance italiana non conosce miglioramenti sostanziali dal 2014), mentre per quanto riguarda il dissesto idrogeologico – con 7.275 comuni (il 91% del totale) a rischio per frane e/o alluvioni – gli investimenti languono. «Dall’Alto Adige alla Campania all’Emilia Romagna il maltempo che sta investendo l’Italia sta aggredendo un territorio molto fragile – commenta il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa – Abbiamo a disposizione 6,6 miliardi di euro, spendibili in 900 milioni ogni tre anni. Possiamo fin da subito finanziare i progetti cantierabili come è avvenuto proprio martedì scorso con Sardegna e Sicilia a cui abbiamo dato 142 milioni di euro per aprire i cantieri. Mettere in sicurezza il nostro Paese è la più grande opera pubblica necessaria». L’obiettivo però è ancora molto lontano: secondo le stime fornite nel 2013 proprio dal ministero dell’Ambiente, sarebbero necessari circa 40 miliardi di euro per mettere ragionevolmente in sicurezza l’Italia sul fronte del dissesto idrogeologico. E al ritmo – nel migliore dei casi – di 900 milioni di euro spesi ogni triennio, servirebbero oltre 130 anni per raggiungere l’obiettivo.

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