La ricerca per scoprire i tumori che rispondono all’immunoterapia

0

La ricerca per scoprire i tumori che rispondono all’immunoterapia

I tumori con un alto tasso di mutazioni del DNA sembrano più vulnerabili degli altri alle terapie che scatenano contro di essi una risposta immunitaria. Tuttavia, i test per individuare i pazienti che potrebbero avvantaggiarsi delle immunoterapie sono molto complessi, e il loro uso nella pratica clinica rappresenta ancora una sfida
di Heidi Ledford / Nature
www.lescienze.it

Uno studio su migliaia di tumori allo stadio avanzato suggerisce un modo per identificare quelli che hanno maggiori probabilità di rispondere alle terapie rivoluzionarie che scatenano una risposta immunitaria contro i tumori. Ma i risultati evidenziano anche quanto sia difficile trasferire questo approccio nella pratica clinica.

I dati pubblicati il 14 gennaio su “Nature Genetics”, rappresentano l’ultima di una serie di prove che suggeriscono che i tumori con un gran numero di mutazioni del DNA abbiano maggiori probabilità di rispondere alle immunoterapie rispetto agli altri, garantendo una maggiore sopravvivenza a chi riceve quelle terapie.

Scoprire i tumori che rispondono all'immunoterapia
Microfotografa in falsi colori di una cellula tumorale (in verde) aggedita da un linfocita, il tipo principale di cellula del sistema immunitario (© Science Photo Library / AGF)

I ricercatori hanno cercato a lungo un modo per selezionare le persone – in genere, una minoranza dei pazienti – che hanno maggiori probabilità di rispondere alle immunoterapie, in modo da risparmiare ad altri gli effetti collaterali dei trattamenti, e che possono includere insufficienza renale e problemi polmonari.

Trovare una soglia
Ma il sistema immunitario è complicato ed è difficile determinare che cosa rende un tumore vulnerabile alla terapia, permettendo a un altro di resistervi. “L’essenza dello sviluppo dei farmaci consiste nel cercare linee guida significative ma relativamente semplici, che spesso sfidano la biologia”, dice Chris Shibutani, analista biotecnologico della banca d’investimento Cowen a Boston.

Un’ipotesi è che quanto più un tumore è geneticamente diverso da un tessuto normale, tanto più è probabile che il sistema immunitario lo riconosca e lo elimini. Luc Morris, ricercatore e oncologo al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, e colleghi, hanno analizzato i dati relativi alla sequenza di DNA di tumori allo stadio avanzato di più di 1600 persone curate con immunoterapie a base di  inibitori dei checkpoint [NdR: gli inibitori dei checkpoint sono sostanze che disattivano i  “freni” che alcuni tipi di tumore riescono a imporre all’attività del sistema immunitario; gli scopritori di questa terapia hanno ottenuto il Nobel per la medicina nel 2018].

Il team ha anche analizzato le sequenze di tumori avanzati di oltre 5300 persone che non avevano ricevuto inibitori dei checkpoint. Lo studio ha esaminato dieci diversi tipi di cancro, tra cui il melanoma e il cancro del seno.

Il team ha trovato che nella maggior parte di questi tumori a un maggior numero di mutazioni era associata una maggiore probabilità di rispondere agli inibitori dei checkpoint. Il risultato corrisponde a quelli di altri studi preliminari condotti negli ultimi anni, ma lo studio attuale è stato il primo a riscontrare una maggiore sopravvivenza in una gamma così ampia di tumori e in una popolazione di persone che avevano ricevuto una varietà di terapie precedenti, dice Morris.

I dati hanno anche mostrato che il numero di mutazioni che prevedono una buona risposta all’immunoterapia variano da un tipo di cancro all’altro. Questo significa che, volendo usare questo approccio nei test clinici, i ricercatori dovrebbero fissare una soglia di mutazione per ogni tipo di cancro.

Un affare complicato
Non è una sfida insormontabile, ma potrebbe aumentare la complessità di un test già complicato.

Il conteggio delle mutazioni nei genomi tumorali comporta il sequenziamento dell’intero genoma o almeno di ampie sezioni di esso. Metodi di sequenziamento del DNA diversi e differenti algoritmi per interpretare i dati possono produrre risultati contrastanti. E non è chiaro se tutte le mutazioni debbano essere valutate allo stesso modo, o se alcune abbiano maggiori probabilità di altre di indurre una risposta immunitaria.

Scoprire i tumori che rispondono all'immunoterapia
Il conteggio delle mutazioni che caratterizzano un tumore puà essere molto complicato (© Science Photo Library / AGF)

Nonostante questi punti interrogativi, dice Shibutani, alcune aziende farmaceutiche hanno iniziato a includere negli studi clinici sulle loro immunoterapie dei test che misurano il numero di mutazioni in un tumore.

I risultati però sono stati contrastanti. Un’azienda che sta testando l’approccio – la Bristol-Myers Squibb di New York – non ha trovato alcun vantaggio di sopravvivenza nelle persone selezionate con il suo test di mutazione. Questo però potrebbe essere dovuto a una serie di fattori, per esempio la linea di demarcazione stabilita dall’azienda per definire elevato o basso un certo numero di mutazioni, dice Shibutani.

Morris osserva anche che i risultati di sopravvivenza possono essere stati influenzati dai partecipanti passati dal gruppo di controllo alla parte di immunoterapia dello studio. Gli inibitori dei checkpoint avevano maggiori probabilità di bloccare la crescita dei tumori con un numero maggiore di mutazioni rispetto a quelli con meno mutazioni, osserva Morris, anche se non è stata dimostrata alcuna differenza nel tasso di sopravvivenza.

In definitiva, Shibutani sospetta che per selezionare i pazienti per l’immunoterapia ci vorrà una combinazione di caratteristiche, tra cui i conteggi delle mutazioni e le informazioni sulla concentrazione di una data proteina. “Questo – dice – non semplifica le cose, al contrario. Naturalmente, c’è ancora del lavoro da fare.”

————————–
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature” il 14 gennaio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

Share.

Leave A Reply