OSIRIS-REx: Capodanno con l’asteroide Bennu

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OSIRIS-REx: Capodanno con l’asteroide Bennu

Il 31 dicembre, dopo un viaggio di oltre due miliardi di chilometri, la sonda OSIRIS-REx della NASA entrerà nell’orbita dell’asteroide Bennu, dalla cui superficie estrarrà un campione che rispedirà alla Terra. Oltre a studiare le caratteristiche dell’asteroide, la missione potrebbe aiutare a capire come evitare un futuro impatto con il nostro pianeta
di Emiliano Ricci
www.lescienze.it

Nella religione dell’antico Egitto, Bennu era una divinità minore, ritratta come un uccello – simile a un airone cenerino – simbolo della resurrezione dei morti, motivo per cui nella mitologia greca divenne la fenice, l’uccello che risorgeva dalle proprie ceneri.

Ma da alcuni anni è anche il nome di un asteroide, la cui denominazione ufficiale è 101955 Bennu, scoperto nel 1999 e subito inserito nell’elenco degli asteroidi pericolosi per la Terra, dato che la sua orbita interseca quella del nostro pianeta.

Bennu è uno sferoide di circa 500 metri di diametro, con un periodo orbitale di 436 giorni e una composizione chimica ricca di carbonio, come quella dei corpi più vecchi del sistema solare.

OSIRIS-REx, Capodanno con l'asteroide
Rappresentazione artistica di OSIRIS-REx mentre estende il suo braccio meccanico verso la superificie di Bennu (NASA/GSFC)

Per tutti questi motivi, quando alla NASA cercavano un obiettivo per una missione volta a studiare da vicino un asteroide e ad approfondire le conoscenze sulle modalità con cui si è formato il nostro sistema planetario, Bennu è diventato un obiettivo privilegiato.

Ed è infatti attorno a questo asteroide che la sonda OSIRIS-REx (da Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security – Regolith Explorer) entrerà in orbita il 31 dicembre, dopo un viaggio di oltre due anni e di oltre due miliardi di chilometri.

Una sonda che assomiglia a un dio

Ai lettori non sfuggirà che anche il nome della sonda, pur essendo un acronimo, riproduce il nome della divinità egizia Osiride, venerata come dio dell’oltretomba.

OSIRIS-REx, Capodanno con l'asteroide

Nella religione dell’antico Egitto, l’uccello Bennu era un simbolo della resurrezione dei morti (Jeff Dhal/Creative Commons)

E infatti il nome Bennu arrivò come risultato di un concorso internazionale volto proprio ad assegnare un nome all’asteroide che sarebbe stato obiettivo della missione.
A vincerlo, nel 2013, fu Mike Puzio, all’epoca un bambino di nove anni della Carolina del Sud, secondo cui il braccio meccanico estensibile del Touch-and-Go Sample Acquisition Mechanism (TAGSAM) e i pannelli solari su OSIRIS-REx assomigliavano al collo e alle ali di Bennu, così come viene rappresentato nel “Libro dei Morti”, l’antico testo funerario egizio.

La sonda non si limiterà infatti a osservare l’asteroide da vicino, ma sarà dotata anche di uno strumento – il TAGSAM, appunto – che permetterà la raccolta di un campione di materiale da estrarre dalla superficie dell’asteroide e da rispedire verso la Terra per le successive analisi.

Un’operazione già realizzata altre volte (per esempio, dalla NASA con la missione Stardust, e dall’Agenzia spaziale giapponese JAXA con le missioni Hayabusa 1 e 2, quest’ultima ancora in corso), ma che in questa circostanza appare di particolare rilievo, proprio in ragione delle caratteristiche fisiche e chimiche dell’asteroide, le cui osservazioni da terra e dallo spazio, prima che la missione arrivasse a destinazione, il 3 dicembre scorso, ne avevano già rivelato una natura ambigua, a cavallo fra un asteroide e una cometa.

Storia di un asteroide
Osservazioni confermate dalla missione. Nella fase di avvicinamento all’asteroide, infatti, OSIRIS-REx ha puntato i suoi strumenti verso Bennu, scoprendo, grazie a osservazioni spettroscopiche, la presenza in superficie di minerali idrati, ovvero di rocce contenenti molecole di acqua inglobate nella loro struttura cristallina.

OSIRIS-REx, Capodanno con l'asteroide
Questa immagine di Bennu è una composizione di 12 scatti ripresi da OSIRIS-Rex a una distanza di 24 chilometri dall’asteroide (NASA/Goddard/University of Arizona)

In particolare si tratta di silicati idrati, considerati fra i materiali più antichi della nebulosa protosolare da cui ha avuto origine il nostro sistema planetario. Quest’acqua non è libera, né allo stato liquido né sotto forma di ghiaccio, ma rivela che su Bennu o, più probabilmente, su un asteroide molto più grande suo progenitore, poteva essere presente acqua allo stato liquido.

Lo studio ravvicinato e, soprattutto, il prelievo di campioni di regolite (lo strato di materiale eterogeneo, come sassi, ghiaia e polveri, che avvolge le superfici di pianeti e satelliti rocciosi) estratti dalla superficie – che si è rivelata più accidentata e rocciosa rispetto a quanto previsto dai modelli preliminari, ma con zone anche relativamente lisce – aiuterà gli scienziati a comprendere la storia geologica dell’asteroide e a dedurne il percorso all’interno del sistema solare nel periodo della sua formazione.

E aiuterà anche a capire qual è il confine fra asteroidi e comete, confine che nel corso del tempo si è rivelato sempre meno netto e preciso, tanto che in tempi recenti sono stati scoperti nella fascia principale vari asteroidi che mostrano episodi di attività cometaria.

Minacce celesti
Non è finita qui. OSIRIS-REx ha infatti un ulteriore obiettivo, non meno importante di quelli appena descritti.

Come detto prima, Bennu fa parte della famiglia dei NEO, i “Near Earth Objects”, l’insieme di asteroidi (e anche comete) che hanno orbite pericolosamente vicine a quelle della Terra, tanto da rappresentare un potenziale rischio per il nostro pianeta. E Bennu è uno di quelli che non scherza, considerate anche le sue dimensioni.

OSIRIS-REx, Capodanno con l'asteroide
Il braccio meccanico TAGSAM durante un test negli stabilimenti della Lockheed Martin (Lockheed Martin Corporation)

Secondo i calcoli orbitali, le probabilità maggiori di una collisione fra l’asteroide e la Terra sono massime nell’intervallo di tempo che va dal 2175 al 2196. È vero che è una probabilità piuttosto basso, attorno a 1 su 2.700 (in pratica significa che il margine di tranquillità – con l’asteroide che ci passa vicino, ma senza impattare – è pari al 99,963 per cento), ma è anche vero che non è nullo e che, soprattutto, non è detto che non possa cambiare. Questi corpi, infatti, essendo di piccole dimensioni e di massa limitata, subiscono più di altri le perturbazioni gravitazionali dei pianeti e degli asteroidi di massa maggiore.

Non solo. Pur conoscendo molto bene i parametri orbitali attuali dell’asteroide, non possiamo andare troppo in là con le previsioni se vogliamo mantenere un certo livello di precisione.

Per fare un esempio, se da ora a qualche decennio siamo in grado di prevedere la posizione dell’asteroide con un errore di qualche chilometro – Bennu è l’asteroide con l’orbita meglio conosciuta  – da qui a un secolo l’incertezza sarà molto più alta, fino a portare, nel 2135, a un margine di errore di 160.000 chilometri, oltre il 40 per cento della distanza Terra-Luna. È ovvio che non possiamo permetterci di stare tranquilli.

OSIRIS-REx, Capodanno con l'asteroide
Rappresentazione artistica di OSIRIS-REx in avvicinamento all’asteroide Bennu (NASA/GSFC)

All’origine di questa incertezza non ci sono solo le perturbazioni gravitazionali. C’è anche un altro effetto, tipico di questi corpi di piccole dimensioni, che va sotto il nome di “effetto Yarkovsky” o, più precisamente, “effetto YORP” (da Yarkovsky–O’Keefe–Radzievskii–Paddack), dalle iniziali degli astronomi che l’hanno teorizzato per primi. In pratica si tratta di un insieme combinato di effetti connessi all’assorbimento e al successivo irraggiamento della radiazione solare da parte della superficie dell’asteroide.

Il gradiente di emissione di tale radiazione produce infatti una variazione del momento angolare del corpo in rotazione (a causa dei tempi diversi di irraggiamento delle varie parti della superficie) e, a cascata, una variazione della velocità orbitale, con conseguente variazione dell’orbita.

Per Bennu, i calcoli teorici, basati sui modelli di emissione della luce solare da parte della sua superficie (che mostra un’albedo, ovvero una riflettività, piuttosto bassa – in pratica è un corpo scuro), mostrano che a causa dell’effetto YORP la sua orbita si sta stringendo di 284 metri all’anno. Un effetto che non si può affatto trascurare, dunque, e che rende ancora più difficile prevedere i parametri orbitali a lungo termine.

Ecco perché è importante che OSIRIS-REx studi bene non solo la composizione chimica dell’asteroide, ma anche le sue caratteristiche fisiche (in termini di densità, gradienti gravitazionali, albedo) e la sua struttura interna, in modo che, in caso di necessità – ovvero nel caso in cui Bennu venga a trovarsi veramente in rotta di collisione con la Terra – si possa individuare per tempo la soluzione ottimale per evitare l’impatto, per esempio dirottandolo su un’altra orbita o frammentandolo in corpi più piccoli e meno dannosi.

Ma la speranza è che ci si possa accontentare del contributo scientifico alla conoscenza del sistema solare.

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