Krakatoa e Stromboli: due esempi di maremoti di origine vulcanica
di Alessandro Fornaciai
tratto da ingvvulcani.wordpress.com
Sabato 22 dicembre, alle 21.30 ora locale, un devastante maremoto ha colpito la costa occidentale attorno allo Stretto della Sonda, in Indonesia, tra le isole di Giava e Sumatra, interessando in particolare le regioni di Banten e Lampung (figura 1). Le onde di maremoto, alte fino a venti metri, hanno causato oltre 400 vittime e circa 1400 feriti, numeri comunque destinati ad aumentare in quanto i soccorritori non sono ancora riusciti a raggiungere tutte le zone colpite. Lo tsunami ha distrutto edifici, spazzato via auto e sradicato alberi. Appare ormai quasi certo che il maremoto sia stato innescato da una serie di frane che hanno interessato i fianchi del vulcano Anak Krakatau, posto al centro dello Stretto della Sonda a circa 50 km da Giava, emerso dal mare circa un secolo fa e attualmente in attività. In particolare, le prime immagini aeree e da satellite rivelano il collasso di un vasto settore del fianco sud-ovest del vulcano, che si presume abbia innescato il maremoto (figura 2).


Il maremoto (o tsunami) è un moto ondoso anomalo prodotto dal rapido spostamento di una grande massa d’acqua. I maremoti possono essere estremamente pericolosi e distruttivi per le zone costiere, spesso densamente popolate e luogo dove si concentrano molte attività produttive, incluse quelle legate al turismo.
Gli tsunami possono essere generati da quattro meccanismi, elencati di seguito in ordine di frequenza: 1) l’attività sismo-tettonica; 2) i processi di instabilità di versante che innescano frane sottomarine o subaeree; 3) le eruzioni vulcaniche e 4) meteoriti che cadono in uno specchio d’acqua. In particolare, gli tsunami provocati da fenomeni franosi presentano caratteristiche estremamente variabili, a causa dei diversi meccanismi di innesco e di scorrimento.
Alcuni dei parametri che influenzano la formazione di un’onda di tsunami sono, ad esempio, il volume del materiale franato, la natura del meccanismo di rottura, l’accelerazione iniziale e la velocità massima della frana. Lo studio di questo tipo di maremoti presenta una notevole incertezza per la complessità dell’origine del fenomeno, per la scarsità di osservazioni dirette e dati post evento.
Anche i territori che si affacciano sul Mar Mediterraneo, e in particolare l’Italia, non sono esenti dal rischio associato a onde di maremoto innescate da frane o collassi di versante di vulcani attivi.
Il 30 dicembre 2002 l’isola di Stromboli, nel corso delle prime fasi di una eruzione effusiva, fu interessata da due grandi frane, una sottomarina e l’altra subaerea, lungo la Sciara del Fuoco, il settore più instabile del vulcano. Le frane innescarono uno tsunami in grado di causare danni rilevanti agli edifici della costa orientale dell’isola fino a una quota di 10 metri sopra il livello del mare e danni in altre isole dell’Arco Vulcanico Eoliano (figure 3 e 4). Il maremoto fu osservato fin sulle coste della Sicilia settentrionale, della Calabria occidentale e della Campania. In quella occasione le stazioni sismiche della rete permanente dell’INGV-Osservatorio Etneo non registrarono nessun segnale precursore, ma permisero di determinare l’orario per il primo evento franoso (sottomarino) alle 13:14:05 ora locale e per il secondo (subaereo) alle 13:22:38 ora locale. E’ stato stimato che il volume di materiale di origine vulcanica franato in mare sia stato fra i 20 e i 30 milioni di metri cubi.

