In aumento in Italia alberi e foreste nelle zone marginali, ma si riducono aree agricole, prati e pascoli

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In aumento in Italia alberi e foreste nelle zone marginali, ma si riducono aree agricole, prati e pascoli

Liguria, Calabria e Toscana le Regioni con più boschi, Veneto e Lombardia quelle con meno
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Secondo la prima edizione del rapporto  “Territorio. Processi e trasformazioni in Italia” dell’Istituto superiore per a protezione e la ricerca ambientale (Ispra), nel nostro Paese aumenta il verde «In particolare per quanto riguarda gli alberi che in soli 5 anni (2012- 2017) crescono con una percentuale del 4,7% arrivando ad estendersi lungo circa 14 milioni di ettari».  Però l’Ispra avverte che «Il fenomeno si concentra nelle zone marginali del Paese e trascura invece le città dove a salire sono i valori di copertura artificiale.

Il rapporto “Territorio. Processi e trasformazioni in Italia” analizza le principali trasformazioni del suolo italiano e punta a diventare «un riferimento nazionale per la conduzione di analisi sullo stato del territorio e del paesaggio e per lo studio di processi naturali e antropogenici».

Se si guarda al coefficiente di copertura arborea del territorio a livello regionale, considerando anche frutteti, uliveti, arboricoltura da legno e alberi in ambiente urbano, prima è la piccola Liguria (80,7%),seguita dalla Calabria del disastro urbanistico costiero (67%) e dalla Toscana (60,8%).  Le regioni con minore copertura arborea  son il Veneto (29,5%) e la Lombardia (32,9%).

Per quanto riguarda la copertura arborea a livello comunale, tra le città  è a sorpresa Reggio Calabria, con il 54,5%, ad avere la maggiore percentuale di territorio ricoperto da alberi, seguita da Genova (54%) e Messina (49,9%).  Roma si attesta al 21, 7%, Milano solo al 10,7% e Palermo arriva al 33,4%.

Il rapporto spiega che «La crescita degli ultimi anni è avvenuta principalmente a scapito di aree con vegetazione erbacea (agricola, naturale o seminaturale) in montagna (+2%), ma ancor di più in collina (+2,5%), dove i processi di abbandono sono ancora in corso».   Infatti, nello stesso periodo l’Italia ha visto ridursi del 4% le aree con vegetazione erbacea agricola o a pascolo che sono state trasformate in centri urbanizzati o in aree boschive e l’Ispra sottolinea che «La perdita dell’area agricola, che un tempo divideva nettamente le città dai boschi, si è accompagnata spesso alla scomparsa dell’eterogeneità del paesaggio, all’ingresso delle specie aliene e alla riduzione della biodiversità di molte aree interne e ancor di più della sicurezza alimentare».

Accanto alle aree ormai sovrasfruttate delle città, interessate da infrastrutture e dall’agricoltura intensiva, ce ne sono altre «totalmente trascurate, soggette a fenomeni di spopolamento e di abbandono delle colture e del territorio».

All’Ispra spiegano che «L’analisi delle principali dinamiche di cambiamento di copertura e di uso del suolo mostra come il processo più significativo in atto, in Europa e nel nostro Paese, sia la progressiva diminuzione della superficie destinata all’uso agricolo, spesso in maniera indipendente dalla fertilità e dalla produttività dei terreni. La riduzione dei terreni coltivati dovuta all’espansione urbana avviene prevalentemente nelle zone pianeggianti, mentre la ricolonizzazione forestale si verifica soprattutto nelle aree interne, nelle zone collinari e lungo l’arco alpino e appenninico alle quote più elevate».

Infatti, nel rapporto si legge che «Lo stato di abbandono delle aree agricole favorisce nel corso degli anni la ricolonizzazione da parte del bosco che oggi interessa il 40% del territorio, in particolare nelle zone montane, dove gli alberi arrivano a coprire complessivamente il 65% del territorio. Rispetto al passato, quando la ricolonizzazione interessava in modo particolare i pascoli, oggi si osserva l’espansione del bosco a carico degli arbusteti, che di fatto rappresentano una tappa intermedia verso gli ecosistemi forestali. Tale

espansione non comporta sempre un aumento in termini di biodiversità, soprattutto quando si assiste all’ingresso di specie aliene invasive come Robinia pseudoacia e Ailanthus altissima, o alla riduzione di spazi aperti, radure, e altri habitat che svolgono un ruolo fondamentale per la conservazione di talune specie».
Mentre le zone marginali vengono abbandonate,  le pratiche di intensificazione agricola (meccanizzazione e utilizzo di tecniche di coltivazione, di irrigazione, di fertilizzazione e di difesa fitosanitaria) si concentrano sempre più nelle aree di pianura determinandone profondi mutamenti di assetto e, contribuendo al degrado della qualità del suolo , rendono il territorio ancora più vulnerabile ai cambiamenti climatici in atto.

Ma l’Ispra conclude facendo notare che «La dinamica delle trasformazioni degli ultimi decenni resta comunque dominata dalla crescita delle aree artificiali per far fronte a nuove infrastrutture di trasporto, a nuove costruzioni o ad altre coperture non naturali, che, con una crescita di oltre il 180% rispetto agli anni’50 rappresenta l’evoluzione di maggiore

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