Ecco perché splende il Sole, ce lo svelano i neutrini

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Ecco perché splende il Sole, ce lo svelano i neutrini

L’esperimento Borexino, presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, ha misurato lo spettro energetico dei neutrini solari associati alle reazioni nucleari che alimentano la nostra stella. Il risultato consente di gettare uno sguardo nelle profondità del suo nucleo e ha importanti implicazioni anche per la fisica dei neutrini poiché offre ulteriore sostegno alle attuali interpretazioni delle oscillazioni del neutrino
di Aldo Serenelli/Nature
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L’energia viene generata all’interno del Sole attraverso sequenze di reazioni nucleari in cui quattro protoni si fondono insieme per formare un nucleo di elio-4. Queste sequenze sono accompagnate dal rilascio di due particelle note come neutrini elettronici. I modelli suggeriscono che il 99 per cento dell’energia nucleare rilasciata dal Sole proviene da tre sequenze di reazione – note collettivamente come la catena protone-protone (pp) – che sono innescate dalla fusione di due protoni.

In un articolo su “Nature”, la collaborazione Borexino ha riportato la prima misurazione completa dei flussi di neutrini che hanno origine da queste tre sequenze, basata su un’analisi di oltre 2000 giorni di raccolta dei dati. I risultati ci aiutano a comprendere i dettagli di come e perché splende il Sole.

I neutrini interagiscono debolmente con la materia, e quindi sfuggono dall’interno del Sole quasi senza ostacoli, raggiungendo la Terra circa otto minuti dopo. I neutrini solari offrono quindi uno sguardo diretto nella fornace nucleare nel nucleo del Sole. L’esperimento Borexino rileva questi neutrini e determina la quantità di energia che hanno misurando la quantità di luce che si produce quando le particelle interagiscono con l’agente di rivelazione (un liquido organico, chiamato scintillatore, tenuto sotto terra per ridurre al minimo la quantità di radiazione di fondo che può interferire con i segnali del neutrino).

A differenza di tutti gli altri esperimenti sul neutrino solare, Borexino può misurare le energie dei neutrini sia ad alta sia a bassa energia, il che rende possibile studiare la struttura del nucleo solare usando una tecnica nota come spettroscopia del neutrino.

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I neutrini elettronici possono mutare in altri due tipi (o sapori) di neutrini, noti come neutrini tauonici e muonici, mentre viaggiano verso la Terra, un fenomeno noto come oscillazione di sapore. L’esperimento di Borexino è più sensibile ai neutrini elettronici che ai neutrini tauonici o muonici, e quindi l’oscillazione di sapore dev’essere considerata quando si usano i flussi di neutrini misurati per calcolare i flussi prodotti nel Sole.

Tenendo conto di ciò, i collaboratori di Borexino hanno utilizzato il flusso di neutrini misurati per calcolare la potenza totale generata dalle reazioni nucleari nel nucleo del Sole con un’incertezza di circa il 10 per cento, e hanno scoperto che questa è pari all’emissione misurata di fotoni, mostrando così che la fusione nucleare è davvero la fonte di energia nel Sole. Questo valore, calcolato per la quantità di energia prodotta dalle reazioni nucleari, è paragonabile ai precedenti risultati ottenuti combinando i dati di diversi esperimenti di rivelazione dei neutrini e pone vincoli più stringenti e indipendenti dal modello sulla sorgente di energia solare.

I risultati hanno anche interessanti ramificazioni per la fisica dei neutrini. Combinando i loro dati con le previsioni dei modelli solari standard, i ricercatori determinano una quantità nota come probabilità di sopravvivenza dei neutroni elettronici (che descrive la probabilità che un neutrino elettronico creato nel Sole sia rilevato ancora come neutrino elettronico nel rivelatore) per i neutrini prodotti in quattro reazioni della catena pp.

Le probabilità di sopravvivenza calcolate includono il miglior valore disponibile per i neutrini a bassa energia, che corrispondono a un regime energetico in cui si prevede che l’oscillazione di sapore si verifichi per lo più in condizioni di vuoto.

Combinati con le probabilità di sopravvivenza determinate per i neutrini a più alta energia, i risultati danno un forte sostegno alla nostra attuale comprensione delle oscillazioni del neutrino, basata sull’idea che i neutrini a bassa energia cambino sapore mentre si propagano attraverso il vuoto e che le oscillazioni dei neutrini ad alta energia siano aumentate dalle loro interazioni con gli elettroni.

I nuovi risultati fanno luce anche su un paradosso di vecchia data nella fisica solare, che emerge perché la composizione chimica del Sole non è ben stabilita.

Le più recenti determinazioni spettroscopiche complete della metallicità del Sole (l’abbondanza di tutti gli elementi solari più pesanti dell’elio) hanno prodotto un valore inferiore del 35 per cento rispetto ai precedenti risultati spettroscopici.

Curiosamente, quando i modelli numerici dell’interno del Sole sono costruiti usando il valore inferiore della metallicità come un vincolo, le proprietà simulate sono in disaccordo con la nostra conoscenza della struttura interna del Sole (che è ben caratterizzata da studi eliosismologici che analizzano le oscillazioni prodotte dalle onde che si propagano all’interno del Sole). Ma quando vengono utilizzati valori di metallicità più datati (e più alti), le simulazioni riproducono molto bene le proprietà solari.

Questo è noto come il problema dell’abbondanza solare e mette in discussione la validità degli attuali modelli di evoluzione stellare, o dei metodi spettroscopici per determinare la composizione del Sole, o di entrambi.

Tuttavia, i contributi relativi delle tre diverse sequenze di reazione nella catena pp, determinati dall’esperimento di Borexino, possono essere usati per inferire la temperatura nel nucleo solare, una regione scarsamente mappata dagli studi eliosismologici. I risultati di Borexino suggeriscono una temperatura interna che è coerente con le previsioni dei modelli che ipotizzano un’elevata metallicità solare. Tuttavia, Detto questo, non sono ancora abbastanza precisi da dare una risposta definitiva al problema dell’abbondanza solare, poiché sia i flussi di neutrini previsti dai modelli solari a bassa sia quelli previsti dai modelli ad alta metallicità sono compatibili con i nuovi risultati.

Nonostante ciò, l’esperimento Borexino potrebbe fornire una risposta definitiva in futuro. Circa l’1 per cento dell’energia nucleare del Sole viene prodotta attraverso catene di reazioni nucleari note come cicli CNO. Questi cicli sono catalizzati dalla presenza di carbonio, azoto e ossigeno, e quindi la loro efficienza dipende linearmente dalla metallicità solare. Se i flussi di neutrini associati ai cicli di CNO potessero essere misurati, sarebbe possibile determinare l’abbondanza di questi elementi nel nucleo solare.

Finora tali misure si sono rivelate difficili per Borexino, a causa della radiazione di fondo prodotta dal decadimento radioattivo del bismuto 210 (che si forma dal decadimento dell’uranio-238, un isotopo presente in piccole quantità in tutta la materia del sistema solare). Per affrontare questo problema, sono state apportate modifiche al serbatoio che contiene lo scintillatore liquido.

Il rilevamento dei neutrini CNO non solo consentirebbe di determinare la metallicità del Sole, ma offrirebbe anche una prova diretta che i cicli CNO si verificano in natura. Questo è importante, perché si ritiene che i cicli CNO siano il meccanismo principale attraverso il quale le stelle più massicce del Sole generano energia.

Un altro importante problema in astrofisica è l’esistenza proposta di meccanismi non standard per la produzione o la perdita di energia nelle stelle. Se un tale meccanismo esiste effettivamente, ci sarà uno squilibrio tra il tasso di produzione solare dell’energia nucleare e la luminosità (la quantità totale di energia irradiata come fotoni dalla superficie del Sole).

La precisione con cui può essere misurata la potenza generata dalle reazioni nucleari nel Sole dovrebbe essere aumentata di dieci volte fino all’1 per cento per consentire una verifica di tale fisica delle particelle non standard. Tale precisione potrebbe essere fuori dalla portata di Borexino, ma potrebbe essere garantita dai futuri rivelatori di neutrini e di materia oscura su larga scala.

Aldo Serenelli è ricercatore del Dipartimento di Astrofisica e Scienze planetarie, Istituto di Scienze dello spazio (CSIC) e Istituto di studi spaziali di Catalogna, Bellaterra (Spagna)

L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature” il 24 ottobre 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.

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