Potremmo imbatterci in civiltà morte su pianeti extrasolari e in ciò che rimane di esse
Antiche civiltà ormai estinte potrebbero essere state comuni nella nostra galassia, e le loro reliquie tecnologiche potrebbero trovarsi ovunque. I primi sospetti riguardano ‘Oumuamua, il misterioso (e discusso) asteroide interstellare scoperto nel sistema solare l’anno scorsoAbraham Loeb/Scientific American
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Il tasso di crescita delle nuove tecnologie è spesso proporzionale alle conoscenze passate, il che porta a un avanzamento esponenziale nel tempo. Questo processo esplosivo implica che, dopo aver raggiunto la maturità tecnologica, una civiltà svilupperà molto presto i mezzi per la propria distruzione per effetto del cambiamento climatico, per esempio, o armi nucleari, biologiche o chimiche.
Sviluppi di questo tipo, avvenuti in centinaia di anni, apparirebbero come improvvisi nella prospettiva cosmica di miliardi di anni. Se questa autodistruzione fosse un fenomeno comune, potrebbe spiegare il paradosso di Fermi (che chiede “dove sono tutti?”) e implicare che nello spazio i resti di civiltà sepolte abbondano.
Esplorando mondi abitabili attorno ad altre stelle, potremmo quindi trovare pianeti con superfici riarse, megastrutture abbandonate o atmosfere ricche di gas velenosi e nessun segno di vita. Ancora più intrigante è la possibilità di trovare nel nostro sistema solare relitti tecnologici che fluttuano senza un funzionamento rilevabile, per esempio pezzi di equipaggiamenti che hanno perso energia in milioni di anni di viaggio e si sono trasformati in spazzatura spaziale.
La quantità di detriti nello spazio interstellare dipenderebbe dall’abbondanza di civiltà tecnologiche e dalla portata delle loro ambizioni di esplorazione spaziale.
Grazie ai dati del satellite Kepler, sappiamo che circa un quarto di tutte le stelle ospita un pianeta abitabile di dimensioni terrestri. Anche se una piccola parte di tutte le “Terre” abitabili portasse a civiltà tecnologiche come la nostra durante la vita delle loro stelle, nella Via Lattea potrebbe esserci abbondanza di reperti da esplorare.
Questa opportunità offre una potenziale base per una nuova frontiera dell’archeologia spaziale, e cioè lo studio nello spazio delle reliquie di civiltà passate. Invece di usare le pale per scavare nel terreno, questa nuova frontiera sarà esplorata usando telescopi per monitorare il cielo e “scavare” nello spazio.
Ingenuamente, si potrebbe considerare questo orizzonte di ricerca completamente futuristico. Ma il dato interessante è che la prima reliquia artificiale potrebbe essere stata scoperta l’anno scorso, quando la survey Pan STARRSsky ha identificato il primo oggetto interstellare nel sistema solare, ‘Oumuamua. Circa un decennio fa, l’abbondanza di asteroidi interstellari con lunghezza dell’ordine dei chilometri come ‘Oumuamua è stata stimata estremamente piccola, rendendo questa scoperta una sorpresa completa.
Inoltre, ‘Oumuamua è più allungato di qualsiasi asteroide conosciuto nel sistema solare. Ma la cosa più intrigante è che devia dall’orbita che ci si sarebbe aspettati basandosi sul campo gravitazionale del Sole.
Anche se queste deviazioni possono essere spiegate con l’effetto razzo associato al degassamento dovuto al riscaldamento di acqua ghiacciata da parte del Sole, dietro ‘Oumuamua non c’era traccia di una coda cometaria, e i calcoli implicano, contrariamente alle osservazioni, che il suo periodo di rotazione su se stesso dovrebbe essere cambiato significativamente se fosse presente un qualsiasi momento torcente cometario. ‘Oumuamua potrebbe avere un motore artificiale? Anche se sembra un pezzo di roccia naturale, come indica la mancanza di trasmissioni radio, questo oggetto è molto insolito da molti punti di vista.
La scoperta di ‘Oumumua dovrebbe spingerci a continuare a cercare detriti interstellari nel sistema solare. Gli oggetti interstellari potrebbero anche non essere visitatori occasionali: una piccola parte potrebbe essere stata intrappolata dalla “rete” gravitazionale gettata dal Sole e da Giove.
Gli oggetti che passano abbastanza vicino a Giove potrebbero perdere energia orbitale per effetto della loro interazione gravitazionale e rimanere legati al sistema solare. In effetti, un asteroide che occupa un’orbita indicativa di questa origine, BZ509, è stato recentemente identificato in un’orbita retrograda attorno a Giove.
Usare i razzi a propulsione chimica di oggi esistenti per inseguire ‘Oumumua è impossibile a causa della sua alta velocità, ma si possono ipotizzare missioni per atterrare su oggetti interstellari legati al sistema solare. Sebbene siano una piccola minoranza di tutti gli asteroidi o comete del sistema solare, la loro origine interstellare può essere identificata in base alle loro orbite insolite attorno a Giove o, nel caso delle comete, attraverso la loro caratteristica (extrasolare) abbondanza isotopica dell’ossigeno, rilevabile dalle osservazioni spettroscopiche della coda.
Trovare prove per la spazzatura spaziale di origine artificiale fornirebbe una risposta affermativa alla vecchia domanda “Siamo soli?” Questo avrebbe un impatto notevole sulla nostra cultura e aprirebbe una nuova prospettiva cosmica al significato dell’attività umana. Speriamo che trovando una civiltà sepolta a causa di guerre o cambiamenti climatici ci convinceremo a collaborare per evitare un destino simile. Ma sarebbe ancora più significativo se le immagini radar o le fotografie ravvicinate di una reliquia interstellare all’interno del sistema solare mostrassero segni di una tecnologia avanzata che la nostra civiltà non ha ancora raggiunto. Non c’è lezione migliore da imparare di quella delle civiltà che hanno sviluppato tecnologie avanzate fino all’autodistruzione.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 27 settembre 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.