Come funziona l’immunoterapia che ha appena vinto il Nobel per la medicina

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Come funziona l’immunoterapia che ha appena vinto il Nobel per la medicina

I lavori dei ricercatori premiati oggi con il Nobel per la medicina mirano a colpire il cancro potenziando l’attività del sistema immunitario, rendendolo più aggressivo nei confronti dei tumori
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Il primo dei prestigiosi riconoscimenti attesi per la settimana è arrivato: James P. Allison e Tasuku Honjo hanno ricevuto il Nobel per la Medicina oggi per le loro scoperte nel campo dell’immunoterapia contro il cancro, una branca relativamente nuova della lotta alla malattia. Spesso considerata il quarto pilastro della terapia oncologica (dopo chirurgia, radioterapia e farmaci antitumorali). In particolare i due ricercatori sono stati premiati per “per le loro scoperte nel campo delle terapie contro il cancro tramite inibizione della regolazione negativa del sistema immunitario”, ovvero per aver intuito come togliere i freni al sistema immunitario e renderlo così più aggressivo nei confronti dei tumori. Una scoperta che premia, ancora, la lotta al cancro, che quest’anno arriverà a contare, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, 18 milioni di persone e oltre 9 milioni di morti. Ma cosa significa liberare i freni del sistema immunitario, e prima ancora cos’è un freno del sistema immunitario?

Per capirlo serve ripercorrere brevemente come un tumore può svilupparsi, sopravvivere ed espandersi all’interno del corpo.

Se da una parte si tratta di una popolazione di cellule che prolifera in maniera incontrollata, al tempo stesso il nostro sistema immunitario è dotato di un esercito di controllori, che intervengo cercando di arginare non solo virus e batteri ma canche la proliferazione impazzita di alcune cellule. Ovvero: il sistema immunitario è progettato per combattere attacchi esterni quanto rivoluzioni interne. I tumori però a volte non solo riescono ad eludere il sistema immunitario ma anche ad evitare che questo scateni attacchi contro se stessi, a volte trovando così un alleato stesso nel sistema immunitario.

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Al tempo stesso il sistema immunitario è progettato per autoregolarsi per tempo e intensità di risposta, ovvero per non agire più del dovuto causando  danni derivanti da una risposta eccessiva, e un fine sistema di regolazione permette che le risposte, quando non servono più, vengano frenate. Sostanzialmente si tratta di un equilibrio tra azione, controllo e freni, meglio noti come checkpoint immunologici. In alcuni casi questi freni, questi segnali di stop, sono iperattivati, e l’immunosorveglianza si riduce (come può accadere nel caso dei tumori appunto, come spiega il video dell’Ifom).

Tra le varie strategie studiate da qualche anno dai ricercatori quella di cercare di combattere i tumori non agendo sui tumori stessi, ma colpendoli in maniera indiretta tentando di potenziare l’esercito che dovrebbe controllarli. Con alcuni approccio di immunoterapia quello che i ricercatori e medici cercano di fare è appunto quello di togliere i freni al sistema immunitario cercando di far riacquisire o aggiungere capacità di combattere le cellule neoplastiche, come ci avevano raccontato a suo tempo l’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e Michele di Maio, Michele Maio, responsabile dell’Uoc Immunoterapia oncologica dell’Azienda ospedaliera universitaria senese.

Le ricerche di James P. Allison e Tasuku Honjo si inseriscono proprio all’interno di questo contesto, con la scoperta di due freni del sistema immunitario, due proteine che con differenti meccanismi d’azione impediscono all’esercito che dovrebbe difenderci di lavorare a dovere. La scoperta di questi freni e delle strategie per inibirli – liberando così l’attività antitumorale delle cellule del sistema immunitario – ha rappresentato un punto di svolta nella lotta contro il cancro.

Le scoperte e i primi risultati derivanti risalgono agli inizi degli anni Novanta. James P. Allison alla University of California, Berkeley in quel periodo identifica una proteina, CTLA-4, espressa sui linfociti T (cellule del sistema immunitario) che funziona come un freno all’attività delle stesse cellule. Con i colleghi Allison sviluppa un anticorpo monoclonale in grado di bloccare questo freno e ottiene i primi entusiasmanti risultati, prima nei modelli animali e quindi nelle sperimentazioni cliniche, su pazienti con melanoma, un tumore della pelle.

Parallelamente e dall’altra parte dell’Oceano Pacifico, Tasuku Honjo e il suo team alla Kyoto University, raggiungono risultati analoghi scoprendo prima e poi inibendo un altro freno del sistema immunitario, PD-1, con risultati che arriveranno su diversi tipi di tumori, come quelli ai polmoni, rene, linfoma e mieloma.

Complessivamente i trattamenti che mirano a rilasciare questi freni contro i tumori (agendo sia sui freni stessi che sul pedale che li aziona: i ligandi, le molecole che li legano) sono noti come inibitori dei checkpoint immunologici (ne sono esempi gli anticorpi monoclonali come ipilumab, novilumab e pembrolizumab) e oltre i risultati già ottenuti nella clinica (anche con combinazione di diversi anticorpi) sono diverse le sperimentazioni e gli studi ancora in corso sul tema. Non senza effetti collaterali, come ogni terapia, anche gravi, che riguardano in questi casi soprattutto aspetti relativi al funzionamento del sistema immunitario.

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