I PRECURSORI DELLE ERUZIONI
Molti esempi riportati in letteratura dimostrano che non esiste attualmente un modo per prevedere l’inizio di un’eruzione con accuratezza deterministica, cioè non è possibile determinare in maniera non equivoca il tempo, il luogo e l’entità di una futura eruzione
tratto da vulcan.fis.uniroma3.it
Molto spesso, prima che avvenga un’eruzione di un vulcano quiescente si verifica una serie di fenomeni indicativi di uno stato anomalo del vulcano; questi fenomeni, anche se vengono definiti precursori, non sono altro che un processo vulcanico già in atto. Il fatto che anticipino l’eruzione vera e propria di un periodo di tempo più o meno lungo dipende da fattori che al momento restano in gran parte sconosciuti. Non ha quindi molto senso parlare di precursori di lungo, medio o corto periodo, in quanto gli stessi fenomeni possono durare per tempi molto diversi, a seconda della natura fisica del vulcano e dei magmi connessi.
Da questo si comprende come uno dei compiti primari della vulcanologia sia quello di ricostruire un modello fisico di vulcano che permetta di elaborare delle previsioni sul suo comportamento, soprattutto per i vulcani che si trovano in fase quiescente da lungo tempo e per i quali le modalità eruttive sono poco note.
Pur essendo il quadro dei fenomeni premonitori tutt’altro che chiaro, il verificarsi di una serie di essi indica una situazione anomala o in profondità o potrebbe segnalare addirittura il possibile arrivo di magma a livelli superficiali. Anche se sono poche le informazioni relative ai tempi caratteristici dei fenomeni precursori, in generale si è notato che le eruzioni effusive di magmi basaltici sono anticipate da fenomeni della durata di pochi giorni, mentre le eruzioni di magmi più differenziati hanno precursori con tempi più lunghi. Questa differenza può essere legata ai differenti meccanismi eruttivi con cui avvengono le eruzioni effusive e quelle esplosive.
Oltre alla difficoltà nel valutare la durata dei fenomeni precursori, la previsione di un evento eruttivo è difficile anche per il fatto che l’eruzione rappresenta una discontinuità nel comportamento fisico del sistema vulcanico. Prima dell’eruzione, il sistema è prossimo a una condizione di instabilità e ogni piccola variazione dei fattori che ne controllano lo stato può avere effetti determinanti. Se si pensa a un bicchiere completamente ricolmo d’acqua, il trabocco può avvenire quando si aggiunge un’altra goccia, quando si dà un piccolo colpo al bicchiere, quando cambia la temperatura dell’acqua o del bicchiere, quando varia la pressione atmosferica, ecc.
Un vulcano che sta per eruttare è qualcosa di molto simile e per fare una previsione sul suo comportamento si dovrebbe tenere sotto controllo un numero di parametri che spesso sfuggono a qualsiasi misura. Proprio la complessità del fenomeno è una delle ragioni per le quali le risposte di un vulcanologo risultano spesso imprecise o ambigue.
Fra i vari tipi di osservazioni che vengono fatte per controllare lo stato di un vulcano citiamo qui di seguito le più usate
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LE DEFORMAZIONI DEL SUOLO
Un’iniezione di magma al di sotto o all’interno di un edificio vulcanico provoca normalmente un piccolo ma rilevabile rigonfiamento (inflazione), temporaneo o permanente, dell’apparato stesso. Il verificarsi di un’eruzione o della migrazione del magma in fessure laterali, può provocare uno sgonfiamento dell’edificio (deflazione).
Alcuni esempi storici di vistose deformazioni del suolo che hanno accompagnato o preceduto delle eruzioni sono, oltre alla citata variazione della linea di costa avvenuta prima dell’eruzione del 1538 di Monte Nuovo nei Campi Flegrei (Parascandola, 1947), il rigonfiamento di un campo arato prima dell’eruzione del Paricutin (Messico) del 1943 e l’eruzione dell’Usu (Giappone) del 1944. Non sempre le deformazioni del suolo in aree vulcaniche sono immediatamente seguite da eruzioni. Ad esempio, il sollevamento della zona dei Campi Flegrei nel 1970 e 1982 e della caldera di Long Valley nel 1980-83 non hanno, a tutt’oggi, segnato l’inizio di una ripresa di attività, mentre a Rabaul (Papua, Nuova Guinea) dove fra il 1971 ed il 1984 si era avuto un comportamento analogo a questi due casi, è avvenuta un’eruzione nel settembre del 1994.
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LA SISMICITÀ NELLE AREE VULCANICHE
Una variazione delle condizioni di pressione nel serbatoio magmatico o una migrazione di magma possono causare terremoti al di sotto di un vulcano. Nel caso delle eruzioni vulcaniche, l’esperienza indica che a volte il numero dei terremoti aumenta con l’approssimarsi dell’eruzione. A volte, un aumento della sismicità, come nel caso della registrazione di uno sciame sismico, cioé di centinaia di terremoti in poco tempo, avviene senza essere seguito da un’eruzione. I precursori sismici possono avere intervalli di tempi molto variabili da vulcano a vulcano e anche da eruzione a eruzione nello stesso vulcano. Alcuni precursori sismici sono stati seguiti da un’eruzione a distanza di un anno o più (es. Krakatau, 1883; Nevado del Ruìz, 1985), altri di molti anni (Rabaul, 1994), ma nella maggior parte dei casi i tempi sono di settimane o di mesi (St. Helens, 1980; Pinatubo, 1991). In alcuni casi i precursori sismici si avvertono pochi giorni o ore prima dell’eruzione (Krafla, Islanda, 1975-82; gran parte delle eruzioni del Kilauea; Usu, 1977; Redoubt, 1989-90).
La sorveglianza sismica di un’area vulcanica consiste nell’osservare i terremoti che vi avvengono, nel catalogarli e nel cercare di capire se essi mostrano andamenti più o meno regolari nello spazio e nel tempo. Ci si aspetterebbe che il movimento verso la superficie di una certa quantità di magma provochi terremoti a profondità sempre più basse. In realtà un andamento simile è stato osservato solo raramente e i casi sono citati ad esempio. Più spesso, la sismicità sotto il vulcano appare distribuita casualmente e, talvolta, si osserva addirittura una migrazione dei terremoti verso il basso nel corso dell’eruzione. Altre volte, insieme a un aumento generale del numero di terremoti nel tempo, si è osservato anche un incremento nei terremoti superficiali rispetto a quelli profondi. Questo fatto è ritenuto un sintomo dell’approssimarsi di un’eruzione.
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ALTRI PRECURSORI