Triste record: 207 ambientalisti e difensori della terra assassinati nel 2017. Il Brasile il Paese più pericoloso

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Triste record: 207 ambientalisti e difensori della terra assassinati nel 2017. Il Brasile il Paese più pericoloso

Le terribili cifre del rapporto di Global Witness sulla persecuzione dei difensori dell’ambiente e del diritto alla terra
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Secondo il rapporto “At What Cost?” presentato oggi da Global Witness, «Il 2017 detiene la triste palma dell’anno più mortale per i difensori del diritto alla terra e i difensori dell’ambiente- L’agri-business diventa l’industria legata al più gran numero di morti». Significa che ogni settimana in 22 Paesi del mondo sono stati uccisi in media 4 ambientalisti e difensori delle terre e il rapporto mostra «un aumento molto forte degli assassinii legati a dei beni di consumo. Gli attacchi brutali a coloro che difendono le loro terre contro l’agricoltura distruttrice – in particolare l’accaparramento delle terre per l’olio di palma che è utilizzato per prodotti domestici come il sapone e il caffè – sono aumentati».

Per questo il rapporto esorta governi e imprese ad «agire senza ritardi per mettere fine agli attacchi e a sostenere i difensori». Inoltre, dei portavoce delle comunità locali come Yuri Herrera, Margaret Atwood, Lily Cole, George Monbiot e Ben Fogle denunciano pubblicamente gli assassinii.

Il Brasile del corrotto e para-golpista governo di centrodestra è il Paese del mondo a registrare più vittime: 57 difensori dell’ambiente assassinati nel 2017. Ha superato le Filippine, dove il numero di vittime tra i difensori è di almeno 48, la cifra più elevata mai registrata in un Paese asiatico. Nelle Filippine, l’esercito del presidente fascistoide Rodrigi Duterte ha sterminato 8 abitanti di un villaggio che si opponevano a una piantagione di caffè sulle loro terre,  In Brasile, 22 indios Gamela sono stati feriti gravemente – e ad alcuni sono state tagliate le mani – da fazendeiros che li hanno attaccati con machete e armi da fuoco.

Il 60 % degli omicidi registrati è avvenuto in America Latina, con un netto aumento in Messico e Perù dove i difensori dell’ambiente assassinati sono passati rispettivamente da 3 à 15 e da 2 a  8 tra il 2016 e il 2017.  In Colombia, Hernán Bedoya è stato ucciso con 14 proiettili da uno squadrone della morte di destra perché protestava contro l’estrazione di olio di palma e le piantagioni bananiere su terreni rubati alla sua comunità.

Le Ma è il piccolo Nicaragua in rivolta contro la satrapia familiare sandinista/cristiana di Daniel Ortega dove ci sono più ambientalisti e difensori della terra assassinati per abitante.

Si registra invece un forte calo di omicidi di ambientalisti in Honduras, dove però la repressione della società civile è aumentata dopo le elezioni farsa che hanno riconfermato la destra al potere.

Global Witness rivela che tra i 207 difensori dei diritti alla terra e ambientalisti uccisi nel 2017 ci sono capi trbali, attivisti comunitari, militanti ambientalisti che «sono stati assassinati mentre tentavano di proteggere le loro case, le loro comunità contro l’estrazione mineraria, l’agri-business e altre industrie distruttrici».

Raccogliere questi dati si è rivelato particolarmente difficile  e «Le cifre reali sono senza dubbio ben più elevate – sottolinea il rapporto  – La morte è l’esempio più scioccante tra la batteria di tattiche utilizzate per far tacere i difensori: queste tattiche comprendono minacce di morte, arresti, intimidazioni cyberattacchi, aggressioni sessuali e attacchi giuridici».

Ma rispetto all’edizione dello scorso anno c’è una novità: «E’ l’agri-business, e non più l’estrazione mineraria, che è ormai diventato l’industria nella quale i difensori sono più minacciati». Le vittime dei sicari dell’agri-business sono almeno 46, quelle legate all’industria mineraria sono salite da 33 a 40 e sono stati 23 i morti fra chi si oppone al disboscamento illegale. Il bracconaggio nel 2017 è diventata una delle attività ancora più pericolose: Global Witness ha registrato la cifra record di 24 persone uccise dai bracconieri perché si opponevano al commercio illegale della fauna selvatica, in questo caso si tratta soprattutto di guardiacaccia africani.

 “At What Cost?” dimostra che «Questa violenza è direttamente legata ai prodotti che conserviamo nelle nostre dispense. In effetti, l’agricoltura su grande scala, l’estrazione mineraria, il bracconaggio e l’abbattimento degli alberi producono dei materiali e degli ingredienti che entrano nella produzione dei prodotti venduti al supermercato, come l’olio di palma per gli shampoo, la soia per nutrire i bovini e il legname per i mobili».

Il rapport indica anche alcuni dei governi e delle imprese complici degli assassini: Global Witness ha scoperto che «Le forze di sicurezza governative sono legate a 53 degli assassinii commessi l’anno scorso; mentre 90 omicidi erano stati commessi da attori non statali, come delle gang criminali.

Global Witness chiede «Un’azione urgente per invertire la tendenza. Oggi, I governi e le imprese sono responsabili, ma possono decidere, al contrario, di trovare delle soluzioni. Devono affrontare le cause stesse di queste violenze, assicurandosi, per esempio, chele comunità abbiano il diritto di rifiutare dei progetti sulle loro terre – in particolare l’estrazione mineraria – ma anche sostenendo e proteggendo i difensori minacciati e assicurando che sia resa giustizia a coloro che subiscono questa violenza».

Ben Leather, responsabile senior campagne di Global Witness, conclude: «Si assassinano degli attivisti locai perché i governi e le imprese danno più peso al profitto rapido che alle vite umane. Gli scaffali dei nostri supermercati sono pieni di prodotti frutto di questa carneficina. Ora, le comunità coraggiose che resistono ai funzionari corrotti, alle industrie distruttive e alla devastazione ambientale, sono brutalmente ridotte al silenzio. Ne abbiamo abbastanza, I governi, le imprese e gli investitori hanno il dovere e il potere di sostenere e proteggere i difensori a rischio, di garantire che c’è chi ne dovrà rendere conto e il principio di responsabilità ogni volta che avvengono degli attacchi e, quel che è  più importante, hanno il potere, a monte, di impedire che queste minacce esistano: ascoltando le comunità locali, rispettando i loro diritti e assicurando che la loro attività sia condotta in modo responsabile. Nonostante i rischi molto alti, la comunità globale dei difensori dei diritti della terra e dei difensori dell’ambiente non si sta indebolendo, al contrario, sta guadagnando forza e visibilità. Invitiamo i consumatori a unirsi a noi nella campagna a fianco dei difensori per portare le loro battaglie nei corridoi del potere e nelle sale dei consigli delle grandi aziende. Faremo in modo che le loro voci siano ascoltate. E saremo lì per assicurarci che i difensori, le loro terre e l’ambiente – dai quali dipendiamo tutti – siano protetti come dovrebbero essere».

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