Nasa: che cosa sta succedendo alle riserve d’acqua del Pianeta?
Tra industria e agricoltura, l’azione dell’uomo sulle falde acquifere ha già causato gravi danni, che possono diventare disastri ambientali e umanitari.
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La stima della distribuzione e della quantità di acqua nella crosta terrestre, soprattutto per quella più vicina alla superficie, nelle falde acquifere, è particolarmente complessa. La Nasa ci lavora da tempo e, dopo una dozzina di anni di studi, riporta conclusioni preoccupanti: molte falde tra i tropici e le alte latitudini si stanno prosciugando e ci sono diverse aree del pianeta, almeno una ventina, dove la situazione è critica.
India settentrionale e orientale, Medio Oriente, Australia e California sono le macroregioni in cui l’uso eccessivo delle risorse idriche ha causato un declino nella disponibilità di acqua dolce che già oggi ha gravi conseguenze.
In India, le acque sotterranee sono di uso quasi esclusivo di colture come il grano e il riso, e ciò ha causato una rapida riduzione delle disponibilità, nonostante le precipitazioni siano attualmente del tutto normali: le piogge non riescono a “ricaricare” le falde. In Iraq e in Siria l’aumento dei prelievi di acqua di falda è la diretta conseguenza delle 22 dighe costruite negli ultimi 30 anni dalla Turchia sui fiumi Tigri ed Eufrate, con l’ovvia enorme riduzione dell’acqua di superficie disponibile per i due Paesi che stanno a valle.
Alcune delle aree critiche evidenziate dallo studio della Nasa erano fino ad oggi trascurate, dal punto di vista della valutazione idrica: una regione della Cina nord-occidentale, ad esempio, nella provincia dello Xinjiang, sta sperimentando forti cali dei livelli di acqua di falda nonostante la quantità di precipitazioni. L’ipotesi più accreditata è che ciò sia da imputare quasi esclusivamente alle attività industriali e agricole.
Sì è anche capito che l’attuale notevole sofferenza del mar Caspio, un bacino endoreico (ossia senza emissari), è sostanzialmente dovuta ad attività analoghe – agricoltura e industria. Negli ultimi anni si era fatta strada l’idea che la situazione del Caspio fosse indotta da una variabilità naturale, ma la ricerca della Nasa mette in luce una storia molto diversa, che sembra quasi la replica di ciò che è accaduto a quello che oggi possiamo chiamare ex mare d’Aral, dove l’abuso dei prelievi ha di fatto comportato la quasi totale scomparsa dell’acqua. Il Caspio è molto grande e serviranno secoli per prosciugarlo, ma la strada pare segnata.
Ecco come si è ridotto nel tempo il mare d’Aral. È questo il destino del mar Caspio? | Nasa