I terremoti dell’Emilia del 2012, l’effetto della liquefazione e le conoscenze sismiche pregresse
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L’area epicentrale della sequenza sismica emiliana del maggio-giugno 2012 ricade nella porzione meridionale della Pianura Padana, circa 40 km a nord della catena Appenninica settentrionale. La sequenza è stata caratterizzata da due forti scosse principali (stelle rosse in figura 1). La prima, avvenuta il 20 maggio alle 04:03 ora italiana di magnitudo M 5.9 a una profondità di 6.3 km, ha colpito l’area tra Finale Emilia e San Felice sul Panaro; la seconda scossa, avvenuta il 29 maggio alle 09:00 ora italiana, con una magnitudo M 5.8 e profondità di 10.2 km, è stata localizzata circa 12 km a sud-ovest della precedente. L’area delle repliche si è estesa in direzione est-ovest per più di 50 km, ed è stata caratterizzata dall’occorrenza di cinque eventi di magnitudo M ≥5.0 (stelle grigie in figura 1) e più di 1800 con magnitudo M >1.5 (cerchi verdi in figura 1). I dati della sequenza indicano che si sono attivate due faglie inverse, facenti parte del sistema tettonico compressivo dell’area (linee nere con barbette in figura 1), sepolte al di sotto di una spessa copertura di sedimenti della piana del Po.
Le informazioni storiche rivelano che l’area epicentrale del 2012 ricade in una regione a sismicità relativamente moderata (gli eventi storici sono indicati con quadrati blu in figura 1), con terremoti che hanno prodotto effetti sino all’VIII grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg. Questi effetti sono stati osservati nel 1570 a causa di un terremoto che ha colpito la provincia di Ferrara, a soli 35 km di distanza dagli epicentri del 2012. L’evento storico ha avuto origine lungo il prolungamento orientale del sistema di faglie inverse responsabili della sequenza del 2012. Alcuni dei paesi colpiti dagli eventi recenti erano già stati scossi dal terremoto del 1570. I dati storici evidenziano anche che, analogamente al 2012, la sequenza sismica del 1570 è durata molto tempo (circa due anni) ed è stata caratterizzata da scosse principali multiple. Inoltre anche in questo caso, i terremoti hanno causato fenomeni di liquefazione in diverse località, oltre che fratture del terreno e cambiamenti del regime delle acque di superficie. La memoria storica riporta tracce di un terremoto nel 1346 a Ferrara, ma le informazioni a disposizione sono poche e le incertezze nella localizzazione sono molto elevate. Il settore settentrionale della provincia di Modena è stato scenario di eventi sismici di magnitudo medio-bassa nel 1986 (M 4.6) e nel 1987 (M 4.7) (cerchi celesti in figura 1). Più frequente, invece, è la sismicità con eventi di magnitudo moderata al limite occidentale dell’area del 2012. Questa zona nel 1996 è stata colpita da un terremoto di magnitudo M 5.4 (cerchio celeste in figura 1) che ha prodotto effetti molto estesi, principalmente nei paesi di Bagnolo in Piano e Correggio, fino ad interessare anche le zone danneggiate nel 2012. Un terremoto comparabile all’evento del 1996 è avvenuto circa 10 km più a nord nel 1806 (non in figura 1) danneggiando Correggio (VII grado MCS), e altre località colpite anche nel 2012, quali Reggiolo e Carpi (VI-VII grado MCS).
Da questo quadro di sismicità si evince che, sebbene l’area epicentrale della sequenza 2012 non sia mai stata sede di terremoti energeticamente comparabili alla sequenza recente, nel passato ha subito lo scuotimento sismico indotto da eventi limitrofi. In particolare, ha sofferto effetti sul territorio e danneggiamenti causati dalle scosse del 1570, immediatamente ad est, e del 1806 e del 1996 ad ovest.
Gli effetti geologici più comuni osservati durante i rilievi post-evento del 2012 in Emilia sono riferibili al processo della liquefazione. La liquefazione dei sedimenti è uno dei fenomeni idrogeologici più evidenti, che possono essere causati da un terremoto in zone come pianure alluvionali e piane costiere. Infatti, fenomeni di liquefazione sono stati osservati durante terremoti recenti avvenuti nel mondo, come Kobe 1995 (Giappone), Christchurch 2010 e 2011 (Nuova Zelanda), Tohoku 2011 (Giappone), ma anche L’Aquila 2009. Il fenomeno della liquefazione avviene in sedimenti limosi-sabbiosi saturi in acqua (che è incomprimibile) compresi tra sedimenti limoso-argillosi impermeabili, a causa dello scuotimento del terreno dovuto al terremoto. Le vibrazioni causate dalle onde sismiche possono produrre un notevole aumento della pressione dell’acqua intrappolata nel sedimento e questa sovrappressione dell’acqua porta il sedimento stesso a comportarsi come un fluido, diventando sciolto e inconsistente. Quindi l’acqua, costretta a trovare una via di fuga, risale verso l’alto portando con sé del materiale che sottrae dal sottosuolo e deposita in superficie (schema semplificato in figura 2).
Più di 1.300 effetti geologici cosismici (riferibili al terremoto) sono stati osservati e mappati nel 2012 grazie a indagini di terreno e aeree oltre a segnalazioni della popolazione locale su di un’area di circa 1.200 km2, con una media di almeno 1 effetto superficiale per km2. Le liquefazioni rappresentano più del 90% di tutti gli effetti cosismici riconosciuti in superficie (esempio in figura 3). I fenomeni di liquefazione non sono distribuiti in maniera uniforme nell’area ma, piuttosto, appaiono prevalentemente raggruppati ed allineati. Le liquefazioni, infatti, sono state osservate prevalentemente lungo e nelle vicinanze di paleo-alvei fluviali, canali di derivazione e conoidi di rotta (prodotti dalla rottura degli argini durante un’alluvione) dei fiumi Secchia, Panaro e Reno insieme agli argini del canale noto come Cavo Napoleonico (canale artificiale, la cui costruzione inizia nel 1807, mettendo in comunicazione i fiumi Reno e Po). Questi terreni di origine fluviale sono caratterizzati da una presenza cospicua di depositi sabbiosi nei 5-10 m più superficiali, una caratteristica locale che, insieme alla presenza di una falda acquifera vicina alla superficie, favorisce il fenomeno della liquefazione. Infine, le liquefazioni osservate si trovano ad una distanza massima di 30 km dall’epicentro del terremoto che le ha innescate.
Gli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia nel 2012 e negli anni precedenti sono destinati a ripetersi nel tempo così come nel resto del territorio sismico della nostra Penisola, a testimonianza che la Terra è un pianeta vivo. Il nostro paese ha un’elevata vulnerabilità edilizia ossia ha una bassa capacità di resistere ai terremoti, troppo scarsa in considerazione alle capacità ingegneristiche raggiunte in tempi moderni e applicabili sia su nuove progettazioni che sul patrimonio edilizio esistente. Ridurre la fragilità delle nostre abitazioni e diffondere la consapevolezza sismica sono azioni da intraprendere per ridurre la ripetitività delle conseguenze negative dei terremoti, e da consolidare come tradizioni del nostro paese.
A cura di F. Cinti e P. M. De Martini, INGV-RM1. Questo contributo è stato pubblicato nel catalogo della mostra.
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