E ora useremo i muoni per sondare l’impenetrabile!
I muoni sono particelle elementari, semi-sconosciute, che piovono incessantemente sulla Terra. Ora, grazie a una nuova tecnica, possono essere sfruttate per mappare l’interno delle piramidi e dei vulcani, o per scoprire rifiuti nucleari rubati
di Elizabeth Gibney/Nature
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Il muone sta andando per la maggiore. La particella, una versione massiccia dell’elettrone che piove su ogni centimetro quadrato della Terra, è poco conosciuta al di fuori della fisica delle particelle, ma l’anno scorso ha aiutato gli archeologi a fare la sorprendente scoperta di una camera precedentemente sconosciuta nella Grande Piramide d’Egitto.
Vulcanologi e ingegneri nucleari stanno anche scoprendo nuovi usi per la stessa tecnica, chiamata muografia, che utilizza i muoni per sondare l’interno di strutture dense. Le prime aziende stanno cercando di sfruttarla economicamente. “La scoperta nelle piramidi l’anno scorso ha reso famosa la muografia”, dice David Mahon, fisico dell’Università di Glasgow, nel Regno Unito, che ha contribuito a organizzare un incontro internazionale chiamato Cosmic-ray Muography, sponsorizzato dalla Royal Society e tenutosi il 14-15 maggio a Newport Pagnell, nel Regno Unito.
I muoni sono ovunque
I muoni hanno la stessa carica negativa degli elettroni ma una massa 200 volte superiore. Si producono quando le particelle ad alta energia chiamate raggi cosmici colpiscono gli atomi nell’atmosfera terrestre.
Viaggiando a velocità prossime a quella della luce, i muoni piovono sulla Terra da ogni direzione. Ogni area della superficie del pianeta più o meno della grandezza di una mano viene investita da circa un muone al secondo e le particelle possono attraversare centinaia di metri di materiale solido prima di essere assorbite.
L’onnipresenza e il potere di penetrazione fanno sì che i muoni siano perfetti per ottenere immagini di oggetti grandi e densi senza danneggiarli, dice Cristina Cârloganu, fisica del Clermont-Ferrand Physics Laboratory, in Francia. Più i materiali sono densi, maggiore è l’energia che assorbono dalle particelle: in questo modo i fisici possono tenere traccia della frequenza con cui i muoni di diverse energie raggiungono i rivelatori collocati attorno a un bersaglio e confrontarli con il tasso previsto senza ostacoli per costruire un profilo 3D della densità dell’interno (si veda l’infografica di “Nature”).
I fisici hanno sperimentato la tecnica fin dagli anni cinquanta, compresa una ricerca di camere nascoste nella seconda piramide di Giza in ordine di grandezza, che però non ebbe successo. Ma i rivelatori erano grandi come una stanza, costosi e poco pratici, dice Raffaello D’Alessandro, fisico delle particelle dell’Università di Firenze, che ha contribuito a organizzare il convegno sulla muografia. Potevano pesare più di 10 tonnellate e dipendevano dalla capacità dei muoni di ionizzare particelle di gas talvolta esplosivi.
La svolta
Gli studi per tracciare i percorsi delle particelle cariche in modo più preciso – sviluppati in strutture come il CERN, il laboratorio europeo di fisica delle particelle vicino a Ginevra – hanno reso più sicuri, più piccoli e più sensibili i rivelatori di muoni. Ora possono essere compatti, di pochi metri quadrati e possono funzionare a pannelli solari, il che consente di portarli in siti remoti.
I vulcani sono diventati un obiettivo popolare per la tecnica grazie al lavoro pioneristico di alcuni ricercatori in Giappone. Mappare i canali di lava, che assorbono meno energia dai muoni di quanto non faccia la densa roccia circostante, un giorno potrebbe aiutare a prevedere le eruzioni, dice Cârloganu.
Quest’anno, i ricercatori cercheranno di ottenere immagini del tappo di lava solidificata all’interno del Vesuvio. Se combinate con metodi geofisici più convenzionali, queste immagini potrebbero aiutare i vulcanologi a capire quali parti potrebbero esplodere per prime durante un’eruzione, afferma D’Alessandro, che fa parte del progetto Muon Radiography of Vesuvio, o Muraves.
I dispositivi più piccoli iniziano a essere usati anche in archeologia, racconta Giulio Saracino, fisico dell’Università Federico II di Napoli. Lui e la sua squadra hanno mappato cavità e tunnel sotto il Monte Echia, un insediamento vicino a Napoli abitato fin dall’VIII secolo a.C. Hanno anche intenzione di cercare un acquedotto che potrebbe trovarsi sotto la vicina città antica di Cuma. E D’Alessandro fa parte di un gruppo che usa i muoni per sondare l’interno delle mura della cupola della cattedrale quattrocentesca di Firenze, che presenta alcune crepe.
Muografia per far soldi
Una serie di applicazioni commerciali della muografia – cinque delle quali sono state presentate alla conferenza – sonda campioni più piccoli, come i fusti di rifiuti nucleari. Queste applicazioni spesso usano una tecnica leggermente diversa, che tiene traccia di come cambiano direzione i muoni quando colpiscono i nuclei atomici in un materiale.
Collocando i rivelatori su entrambi i lati di un campione, i fisici possono ricostruire la traiettoria di una particella. E poiché l’angolo di deflessione è correlato alla densità della sostanza che viene colpita dal muone, lo studio di questi percorsi può aiutare a realizzare una mappa della densità del materiale sondato. In questo modo, gli ingegneri possono localizzare frammenti di uranio all’interno di contenitori di rifiuti nucleari, anche se sono incapsulati in cemento o acciaio.
“I muoni sono praticamente l’unica cosa che può ottenere informazioni sulla profondità al centro”, dice Mahon. Mahon è direttore di una società chiamata Lynkeos Technology con sede a Glasgow, che inizierà l’imaging di campioni di rifiuti nucleari il mese prossimo presso il National Nuclear Laboratory del Regno Unito a Sellafield. Sarà il primo contratto commerciale della società.
Negli Stati Uniti, gli studi condotti al Los Alamos National Laboratory, nel New Mexico, hanno scoperto che una tecnologia simile può individuare dove sono state rimosse le barre di combustibile dai fusti di combustibile esausto. Quattro barre di combustibile rubate basterebbero a fornire abbastanza plutonio per costruire un’arma nucleare primitiva, ha detto al convegno il fisico di Los Alamos Christopher Morris.
L’azienda israeliana Lingacom sta anche studiando l’utilizzo della tecnica nei controlli di sicurezza, per esempio ai valichi di frontiera, per ispezionare i contenitori alla ricerca di materiale nucleare di contrabbando. Altre ditte prevedono di utilizzare la muografia per tracciare l’usura dei gasdotti petroliferi e la ricerca di minerali nelle vecchie miniere.
Ma in molti campi accademici, la tecnologia è ancora accolta con indifferenza e sguardi interrogativi. Nonostante risultati come la camera nascosta della Grande Piramide, la tecnologia è ancora relativamente acerba. “È una tecnica nuova, molto specialistica, che proviene dal mondo della fisica delle alte energie”, dice Saracino. “Se dicessi ai geologi che abbiamo la tecnologia dei muoni, loro mi risponderebbero: ‘Che cosa sono i muoni?’ Sono incuriositi, ma anche un po’ diffidenti”.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 24 maggio 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati).