La tragedia di Sarno 22 anni dopo: 160 vittime da non dimenticare (VIDEO)

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La tragedia di Sarno 22 anni dopo: 160 vittime da non dimenticare (VIDEO)

«Per non dimenticare i morti e per non dimenticare che il territorio va sempre curato» in un paese troppo fragile dal punto di vista idrogeologico
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Accadde tra il 5 ed il 6 Maggio del 1998: a Sarno, Quindici, Bracigliano, San Felice a Cancello ci furono ben 160 morti e subito dopo le lacrime e la rabbia venne fuori un disastro ambientale e idro-eologico frutto di precise scelte e non scelte politiche e dell’abbandono del territorio all’incuria e all’abusivismo. Ben 2 milioni di metri cubi di fango, terreno si staccarono dalle pendici del Monte Pizzo d’Alvano travolgendo interi quartieri.  Fu così che si consumò così una delle più gravi tragedie italiane con ben 137 morti nella sola Sarno, 11 a Quindici e 5 a Siano.  Episcopio, frazione di Sarno, fu letteralmente rasa al suolo.

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Cosa è successo

A Sarno, così come in diversi altri Comuni campani del Salernitano, dell’Avellinese e del Casertano, piove ininterrottamente da diversi giorni. Le catene montuose rigonfie d’acqua che sovrastano il territorio, già a partire dal primo pomeriggio del 5 maggio, cominciano a subire degli smottamenti che si traducono in una serie di violente frane. Tra le 14 e le 15 i livelli dell’acqua dei canali del Comune di Quindici in provincia di Avellino cominciano a salire e una prima frana sfiora alcune case del centro storico. Intorno alle 18 un’onda violenta di acqua e detriti fa saltare tutte le comunicazioni. Anche a Sarno il fango ha completamente invaso il centro e poco dopo le 18 il Comune salernitano conta la prima vittima dovuta alle frane: Roberto Serafino di appena 9 anni. All’ospedale di Villa Malta a Sarno, intanto, cominciano ad accalcarsi i feriti. La situazione si aggrava ancora fino a raggiungere il suo apice intorno alla mezzanotte, quando un’ultima massa di fango si stacca dai versanti montuosi abbattendosi sui centri abitati e colpendo anche l’ospedale Villa Malta. I dati ufficiali parlano complessivamente di oltre due milioni di metri cubi di materiali franati a valle a una velocità nell’ordine di 10 metri al secondo. Il disastro ambientale provocato dal maltempo causa un totale di 160 morti, 137 solo a Sarno. Tra i Comuni più colpiti c’è anche Quindici, che conta 11 morti. Restano coinvolti nell’alluvione pure Siano e Bracigliano in provincia di Salerno e San Felice a Cancello in provincia di Caserta.

Le cause della tragedia

Le sole precipitazioni, per quanto intense e prolungate, da sole non basterebbero a giustificare quanto avvenuto 21 anni fa in Campania. È più probabile, secondo l’analisi condotta da Legambiente nel dossier pubblicato nel 2018, che siano state una serie di concause a innescare il disastro ambientale. La conformazione geomorfologica del territorio, ad esempio, in mancanza di una copertura vegetale, ha favorito eventi franosi lungo i versanti montuosi. Infatti le pendici delle montagne dell’area di Sarno erano state soggette a continui incendi in quegli anni: basti pensare che il censimento del 1990 aveva registrato un calo della superficie boschiva del 13,4% rispetto al 1982. L’inefficienza della rete di drenaggio delle acque superficiali può essere stato un altro fattore di rischio idrogeologico. Non a caso, nei territori campani colpiti dall’alluvione, i canali di scolo di epoca borbonica erano in stato di degrado da anni a causa della mancanza di manutenzione. Infine, un’altra causa delle frane può essere individuata nelle caratteristiche geologiche dei territori colpiti dall’alluvione nel ’98: gli strati di origine vulcanica formatisi al di sopra delle rocce calcaree a seguito delle eruzioni del Vesuvio, infatti, hanno meno stabilità e, di conseguenza, possono essere più soggetti a smottamenti.

Le responsabilità

Secondo Legambiente, molti dei morti dell’alluvione del 1998 si sarebbero comunque potuti evitare. Già dopo le ore 16 di quel 5 maggio era chiaro che le colate di fango stessero assumendo una gravità sempre maggiore. Ecco perché l’ex sindaco di Sarno, Gerardo Basile, a seguito di un lungo e complesso iter processuale, è stato condannato nel 2011 dalla Corte d’Appello di Napoli a cinque anni e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, con l’accusa di omicidio plurimo colposo per non aver ordinato lo sgombero della popolazione e causato così la morte di 137 persone. E nel marzo del 2013 la Terza sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato definitivamente il ricorso presentato dai legali dell’ex primo cittadino contro la sentenza d’appello. Insieme a Basile, sono stati condannati la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell’Interno e il Comune di Sarno con il pagamento di una provvisionale e il risarcimento ai familiari costituitisi parte civile.

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