Cosa è successo
A Sarno, così come in diversi altri Comuni campani del Salernitano, dell’Avellinese e del Casertano, piove ininterrottamente da diversi giorni. Le catene montuose rigonfie d’acqua che sovrastano il territorio, già a partire dal primo pomeriggio del 5 maggio, cominciano a subire degli smottamenti che si traducono in una serie di violente frane. Tra le 14 e le 15 i livelli dell’acqua dei canali del Comune di Quindici in provincia di Avellino cominciano a salire e una prima frana sfiora alcune case del centro storico. Intorno alle 18 un’onda violenta di acqua e detriti fa saltare tutte le comunicazioni. Anche a Sarno il fango ha completamente invaso il centro e poco dopo le 18 il Comune salernitano conta la prima vittima dovuta alle frane: Roberto Serafino di appena 9 anni. All’ospedale di Villa Malta a Sarno, intanto, cominciano ad accalcarsi i feriti. La situazione si aggrava ancora fino a raggiungere il suo apice intorno alla mezzanotte, quando un’ultima massa di fango si stacca dai versanti montuosi abbattendosi sui centri abitati e colpendo anche l’ospedale Villa Malta. I dati ufficiali parlano complessivamente di oltre due milioni di metri cubi di materiali franati a valle a una velocità nell’ordine di 10 metri al secondo. Il disastro ambientale provocato dal maltempo causa un totale di 160 morti, 137 solo a Sarno. Tra i Comuni più colpiti c’è anche Quindici, che conta 11 morti. Restano coinvolti nell’alluvione pure Siano e Bracigliano in provincia di Salerno e San Felice a Cancello in provincia di Caserta.
Le cause della tragedia
Le sole precipitazioni, per quanto intense e prolungate, da sole non basterebbero a giustificare quanto avvenuto 21 anni fa in Campania. È più probabile, secondo l’analisi condotta da Legambiente nel dossier pubblicato nel 2018, che siano state una serie di concause a innescare il disastro ambientale. La conformazione geomorfologica del territorio, ad esempio, in mancanza di una copertura vegetale, ha favorito eventi franosi lungo i versanti montuosi. Infatti le pendici delle montagne dell’area di Sarno erano state soggette a continui incendi in quegli anni: basti pensare che il censimento del 1990 aveva registrato un calo della superficie boschiva del 13,4% rispetto al 1982. L’inefficienza della rete di drenaggio delle acque superficiali può essere stato un altro fattore di rischio idrogeologico. Non a caso, nei territori campani colpiti dall’alluvione, i canali di scolo di epoca borbonica erano in stato di degrado da anni a causa della mancanza di manutenzione. Infine, un’altra causa delle frane può essere individuata nelle caratteristiche geologiche dei territori colpiti dall’alluvione nel ’98: gli strati di origine vulcanica formatisi al di sopra delle rocce calcaree a seguito delle eruzioni del Vesuvio, infatti, hanno meno stabilità e, di conseguenza, possono essere più soggetti a smottamenti.