Anche l’Italia avrà i suoi primi sismometri in mare, per migliorare la localizzazione e lo studio dei terremoti: saranno installati in prossimità delle piattaforme petrolifere, grazie all’accordo firmato oggi a Roma da Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), direzione Generale per la sicurezza anche ambientale delle attività minerarie ed energetiche del ministero dello Sviluppo Economico e l’Associazione Mineraria italiana. L’accordo, operativo da oggi, avrà una durata di 15 anni.
“L’Italia – ha detto Doglioni – non ha una rete sismica in mare, ma solo una rete sulla terraferma e questo ha costituito un limite sia per lo studio dei terremoti che avvengono nei mari italiani sia per il monitoraggio della sismicità a terra“. Questo fa sì, ha aggiunto, che “i parametri di localizzazione abbiano un’incertezza maggiore nelle zone costiere. Per questo è importante cominciare a costruire una rete sismica in mare come ha fatto da tempo il Giappone”.
Le piattaforme attive nei mari italiani si trovano in Adriatico Meridionale, Ionio e Canale di Sicilia. Per Franco Terlizzese, del Mise, l’accordo “va a confermare l’impegno del ministero nel garantire lo studio della sismicità naturale e la sicurezza delle attività minerarie”. Per il presidente di Assomineraria, Sergio Polito, la collaborazione permetterà di utilizzare la rete di impianti offshore “per l’installazione di sismometri e altri strumenti di rilevazione in aree finora del tutto scoperte dalle reti di monitoraggio”.
Sensori nei pozzi di ogni regione per ascoltare i terremoti
Saranno installati sensori anche nei pozzi d’acqua e nelle sorgenti di tutte le regioni italiane per ascoltare ogni minimo sussulto della terra, capire meglio terremoti e vulcani e controllare la qualità dell’acqua: è quanto prevede l’accordo firmato da Ingv e Ispra. L’intesa prevede l’installazione di sensori in pozzi e sorgenti d’acqua.
“In questo modo potremo avere finalmente un monitoraggio idro-geochimico in tutte le regioni e raccogliere dati utili su terremoti, vulcani e qualità dell’acqua, per registrare il respiro della Terra e avere una tracciatura geologica capillare del sottosuolo nazionale”, ha osservato Doglioni.
Gli strumenti controlleranno le falde acquifere registrando le variazioni relative a profondità, temperatura, salinità e composizione chimica. “Uno degli obiettivi è rilevare le modificazioni anomale legate a potenziali precursori vulcanici e variazioni che indichino modifiche nello stato di sforzo della crosta terrestre“.
In ogni regione si selezioneranno i siti più interessanti, ad esempio perché vicini ad aree vulcaniche o a zone di faglia.
Tutti i dati saranno convogliati nella sala operativa idrogeochimica dell’Ingv, che si trova a Palermo.