Il governo giapponese valuta se scaricare l’acqua radioattiva di Fukushima nel Pacifico

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Il governo giapponese valuta se scaricare l’acqua radioattiva di Fukushima nel Pacifico

Sta per finire lo spazio per immagazzinare l’acqua contaminata dal trizio
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Mentre la bonifica del disastro nucleare di Fukushima Daiichi è entrata nel suo settimo anno, la radioattività delle macerie nucleari e dei materiali utilizzate per raffreddarle resta un gigantesco problema.

Dopo la tragedia nucleare provocata l’11 marzo 2011 dal terremoto/tsunami che coinvolse il Giappone orientale e le esplosioni di idrogeno che sparsero nell’aria e a terra e amare iodio radioattivo, cesio e altri prodotti derivati ​​dalla fissione, nell’area intorno a Fukushima e al più grande disastro nucleare dopo Chernobyl vennero evacuate più di 160.000 persone  e dopo la Tokyo electric power company (Tepco) e il governo cominciarono a pompare milioni di litri di acqua nei reattori distrutti per mantenerli freschi, annaffiandoli dagli elicotteri e con i camion dei ponpieri. Dopo aver “spento” le macerie fumanti dei reattori si presentò il problema di mantenere al fresco il combustibile fuso e la soluzione fu ancora una volta quello di irrorarlo con circa 160 tonnellate di acqua un giorno.

Gran parte di quell’acqua radioattiva che circola all’interno degli edifici dei reattori lesionati viene depurata ne per rimuovere le radiazioni, ma per il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno, non esiste depurazione: secondo gli scienziati sarebbe come separare l’acqua dall’acqua.  Quindi, l’acqua contaminata dal trizio si sta accumulando e, avverte l’Ong Bellona. «Lo spazio per immagazzinarla nel luogo del disastro sta per finire. Della capacità di stoccaggio dell’acqua di 1,13 milioni di tonnellate che  ha l’impianto, sono state esaurite circa 1,7 milioni di tonnellate».

Per contenere quest’acqua contaminata, i lavoratori addetti alla bonifica – i cosiddetti “liquidatori” – ogni quattro giorni devono costruire un nuovo grande serbatoio e anche lo spazio per costruire i serbatoi sta diventando scarso. Secondo il Ministero dell’economia, del commercio e dell’industria giapponese, i tanks pieni di acqua al trizio occupano già sparsi un’area grande come 32 campi da calcio e l’are prevista per ospitare i serbatoi sarà completamente occupata entro il 2021.

Di fronte a tutto questo, Tepco e governo giapponese  stanno pensando di come sgombrarsi di tutta questa acqua contaminata e in Giappone cresce la preoccupazione e i titoli allarmistici sui giornali, mentre un comitato di esperti sta valutando se sversare o meno l’acqua di Fukushima Daiichi nell’Oceano Pacifico.

Nonostante l’opinione pubblica sembri contraria, il governo giapponese dice di poter sversare in mare l’ingombrante ed enorme mole di acqua al trizio stoccata senza che questo costituisca una minaccia per l’industria ittica, uno di pilastri dell’Impero del Sol Levante. Come spiega Bellona, «Il trizio, dopo tutto, è una sostanza che si trova naturalmente nei fiumi e nei fondali marini, anche nel l’acqua del rubinetto. Tuttavia, quel che è problematico con il trizio a Fukushima è che i suoi livelli nell’acqua sono 10 volte più alti rispetto agli standard nazionali giapponesi per lo scarico. Per questo motivo, il gruppo di esperti del governo sta prendendo in considerazione diversi metodi per lo smaltimento dell’acqua, compresa l’evaporazione, il suo rilascio in mare dopo l’elettrolisi, seppellendola sottoterra o iniettandola in profondità nella formazioni geologiche».

Ma il problema è che i costi previsti per la bonifica del disastro nucleare di Fukushima Daiichi stanno crescendo senza freni e alcuni think tank giapponesi che stanno facendo ipotesi sui costi finali dicono che l’intera operazione di sversamento dell’oceano  – dopo averla diluita – dell’acqua al trizio potrebbe costare dai 470  ai 660 miliardi di dollari e sarebbe l’opzione più economica.

L’acqua ha salvato probabilmente il Giappone da una catastrofe nucleare ancora più immane, ma la sua gestione è diventata una battaglia quotidiana per Tepco e governo. Fino a due anni fa, ogni gorno da Fukushima Daiichi fluivano in mare circa 400 tonnellate di acqua contaminata delle falde freatiche. Alla fine la GTeòpco è riuscita a costruire un muro sotterraneo di terra ghiacciata per fermare l’infiltrazione di acqua radioattiva e per impedire che altra acqua si riversi nell’area radioattiva.

Ma, a sette anni dal disastro, un team di esperti incaricato dal governo giapponese ha concluso che il muro ghiacciato sotterraneo non è del tutto efficace contro le inondazioni e che devono essere escogitati altri metodi per impedire perdite e sversamenti di acque radioattive.

A Fukushima Daiichi niente è andato come doveva andare e niente sembra andare come Tepco e governo avevano promesso che sarebbe andato dopo il disastro nucleare. E il mondo, il Giappone e l’Oceano Pacifico stanno a guardare.

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