Che cosa resterà del Sole dopo la sua morte?

0

Che cosa resterà del Sole dopo la sua morte?

Tra miliardi di anni la stella arriverà alla fine della sua vita e si trasformerà in una nebulosa planetaria, ovvero in un massiccio anello luminoso composto da gas e polveri. Lo ha previsto una simulazione che collega la massa delle stelle con il loro destino ultimo
www.lescienze.it

Cinque miliardi di anni: è questa l’aspettativa di vita del Sole, stimata dagli astrofisici in base alle conoscenze sul ciclo di vita delle stelle della stessa classe. Ma che cosa succederà dopo? Albert Zijlstra e colleghi dell’Università di Manchester hanno realizzato una simulazione, descritta su “Nature Astronomy”, che prevede che il Sole si trasformerà in una nebulosa planetaria, cioè in un massiccio anello luminoso di gas e polveri.

Che cosa resterà dopo la morte del Sole?
Abell 39, uno spettacolare esempio di nebulosa planetaria. (Credit: T.A.Rector (NRAO/AUI/NSF and NOAO/AURA/NSF) e B.A.Wolpa (NOAO/AURA/NSF))

Questo tipo di struttura rappresenta la fine della vita attiva del 90 per cento di tutte le stelle e segna la transizione dalla fase di gigante rossa a quella di nana bianca degenere. Dedurre che anche il Sole avrebbe condiviso lo stesso destino sembrerebbe dunque banale. Eppure, per anni, i ricercatori non hanno avuto prove certe di questa conclusione. Rimaneva infatti il dubbio se la massa del Sole fosse sufficientemente grande per creare una nebulosa planetaria visibile.

Zijlstra e colleghi hanno sviluppato un nuovo modello per il ciclo di vita delle stelle in grado di prevedere la luminosità dell’inviluppo proiettato all’esterno in funzione delle differenti masse ed età degli astri.

“Quando una stella muore, proietta nello spazio una massa di gas e polveri, nota come inviluppo, che può arrivare a essere la metà circa della massa stellare”, ha spiegato Zijlstra. “È solo allora che il nucleo caldo fa brillare l’inviluppo espulso per circa 10.000 anni, ed è questo il processo che rende visibile le nebulose planetarie: alcune di esse sono così luminose che possono essere osservate anche da decine di milioni di anni luce di distanza, contrariamente a quanto avveniva per la stella di origine.”

Il nuovo modello mostra anche che, dopo l’espulsione dell’inviluppo, le stelle si riscaldano tre volte più velocemente rispetto alle previsioni dei modelli precedenti. Per una stella di massa limitata, come il Sole, tutto questo rende molto più facile generare una nebulosa planetaria luminosa.

Questa conclusione mette fine a una questione irrisolta da circa 25 anni, cioè da quando le osservazioni astronomiche hanno iniziato a mostrare che, tra le nebulose planetarie in un’altra galassia, le più brillanti hanno sempre la stessa luminosità. Secondo i modelli fisici, invece, le stelle vecchie e di massa limitata avrebbero dovuto formare nebulose planetarie molto più deboli rispetto a quelle che derivano da stelle giovani e di grande massa.

“Abbiamo scoperto che le stelle con massa inferiore a 1,1 volte la massa del Sole generano nebulose più deboli e che le stelle più massicce di tre masse solari producono nebulose più luminose; per il resto la luminosità prevista è molto vicina a quanto osservato”, ha concluso Zijlstra. “Questo è un bel risultato: non solo perché ora abbiamo un modo per misurare la presenza di stelle di qualche miliardo di anni di età in galassie lontane, ma abbiamo addirittura scoperto come diventerà il Sole quando smetterà di esistere.”

Share.

Leave A Reply