In volo col drone sopra al Mar Morto… che rischia di sparire!
Il bacino situato nella depressione più profonda del mondo, tra Israele, Palestina e Giordania perde un metro di livello all’anno. Colpa dei prelievi di minerali e del rinsecchimento del Giordano, usato per l’agricoltura
di Carla Reschia
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Il Mar Morto sta morendo: è un pessimo gioco di parole ma è la verità. Da molti anni il bacino d’acqua alimentato dal fiume Giordano che si estende nella depressione più profonda della Terra tra Israele, Giordania e Cisgiordania, si inabissa inesorabile oltre i 423 metri certificati sotto al livello del mare (erano 394 negli Anni ’60) e si restringe perdendo un metro all’anno, per un volume impressionante di otto milioni di metri cubi d’acqua che evaporano quotidianamente.
In più, nelle aree lasciate scoperte dalla densa acqua salina si formano le cosiddette sinkhole, voragini del diametro di diversi metri che si moltiplicano: il primo di questi cedimenti del terreno che rendono pericoloso il cammino fu registrato nel 1980, oggi se ne contano migliaia.
Il Giordano, suo unico immissario, dovrebbe porre rimedio, come ha sempre fatto, ma è a sua volta munto senza pietà lungo il suo corso dai prelievi d’acqua per l’irrigazione. Il risultato è ben visibile dal satellite: nelle immagini il Mar Morto appare nettamente spartito in due bacini separati, con quello inferiore, da sempre meno profondo, ormai ridotto a una serie di aree di evaporazione da cui vengono estratti intensivamente cloruro di potassio, bromo, magnesio e altri minerali utili per produrre cosmetici e fertilizzanti di cui sono ricche le sue acque, otto volte più salate di quelle marine.
Ma la ritirata delle acque è anche un’esperienza che può raccontare chiunque abbia visitato il paese a distanza di tempo negli ultimi 15-20 anni: hotel che affacciavano sulla spiaggia e ora sono persi nel deserto, il corso della strada litoranea da cui la costa appare sempre più lontana, resort abbandonati alla sabbia che avanza, la rocca di Masada da cui ormai si contempla solo la striscia di terra che divide in due il lago salato.
Vittima dell’unicità e della fragilità del suo ecosistema, dello sfruttamento dell’uomo e del cambiamento climatico, il Mar Morto, che già nel 2014 era stato inserito nella classifica di Time sui 10 luoghi da visitare prima che sia troppo tardi, potrebbe evaporare completamente nel giro di una cinquantina d’anni, e forse meno, lasciando al suo posto un instabile deserto salino. Anche i modelli climatici indicano un progressivo inaridimento della regione e Israele affronta con il 2018 il suo quinto anno di siccità.
Non aiuta pensare all’evenienza come a un ricorso storico, ma potrebbe essere uno scenario che si è già verificato e per cause naturali: secondo la ricerca di un gruppo di scienziati israeliani, americani, tedeschi, giapponesi, svizzeri e norvegesi presentata all’incontro dell’Associazione dei geofisici americani nel 2011, 120 mila anni fa il Mar Morto era completamente asciutto per effetto delle alte temperature, pari o superiori a quelle attuali, dell’interglaciazione Riss-Würm, il periodo interglaciale più lungo e caldo, iniziato 130 mila anni fa e terminato 114 mila anni fa. Lo studio degli strati di roccia mostra anche periodi in cui occupava tutta la valle e il livello dell’acqua era 260 metri più alto, come durante l’ultima glaciazione, 25 mila anni fa.
La crisi attuale è reversibile? I progetti seguono puntuali agli allarmi e restano fin qui entrambi lettera morta. Fin dagli Anni ’70 torna ciclicamente l’ipotesi di un canale – o di un tunnel, o di un acquedotto – tra il Mar Rosso e il Mar Morto (o tra il Mediterraneo e il Mar Morto), che oltre a rialzare il livello dell’acqua servirebbe alla produzione di energia elettrica grazie al dislivello del terreno, così da recuperare i costi. L’ultimo progetto, nel 2013 ha avuto l’avallo della Banca Mondiale, ma l’idea suscita perplessità più che legittime tra gli ambientalisti data la grande differenza di salinità tra i due mari e le peculiarità ambientali e geologiche del bacino del Mar Morto.
L’ultimo piano, il Red Sea-Dead Sea, approvato nel luglio scorso tanto da Israele come dalla Giordania e dall’Autorità palestinese, sia pure tra marce indietro e minacce di ritiro, prevede la realizzazione di un grande impianto di desalinizzazione sul Mar Rosso, che garantirebbe un afflusso di preziosa acqua potabile, e una canalizzazione che raggiunga il Mar Morto per riversarvi la salamoia residua, affine per grado salino alle sue acque.
Naturalmente è esclusa, anche perché manca in merito qualsiasi accordo, l’ipotesi più semplice: cessare i prelievi di acqua dal Giordano e fermare le estrazioni di minerali dal Mar Morto.
Il “male” del Mar Morto è del resto diffuso. In tutto il mondo i grandi laghi salati si stanno riducendo a una velocità allarmante per l’azione combinata del mutamento climatico e dell’intervento umano. Dal Great Salt Lake dello Utah, negli Stati Uniti, al Lop Noor in Cina, al lago dalle acque rosse di Urmia, in Iran, un tempo il più grande del Medio Oriente, al lago andino Poopò in Bolivia, ormai quasi del tutto scomparso fino al mare di Aral, è un lungo e triste elenco di meraviglie della natura in via di estinzione.