Morto capodoglio ucciso da 30 kg di plastica nello stomaco
L’esemplare, un maschio di 10 metri, è stato trovato esanime su una spiaggia della Murcia, una regione spagnola. L’autopsia ha rilevato sacchi, pezzi di reti e persino un bidone di plastica nel suo apparato digerente.
di Andrea Centini
scienze.fanpage.it
Quasi trenta chilogrammi di plastica sono stati trovati nello stomaco e nell’intestino di un esemplare maschio di capodoglio (Physeter macrocephalus), la cui carcassa era stata individuata a febbraio su una spiaggia di Cabo de Palos, nella regione spagnola della Murcia. Il terribile responso dell’esame autoptico, condotto dai veterinari specializzati in cetacei del Centro di Salvataggio della fauna selvatica di El Valle, pone nuovamente sotto i riflettori l’impatto dell’inquinamento marino provocato dai rifiuti plastici, diventato una vera e propria emergenza mondiale.
Oltre a formare immense isole di spazzatura negli oceani, come la famigerata “Pacific Trash Vortex” del Pacifico, la plastica viene spesso scambiata dalle creature marine con le prede naturali, e per questo ne ingurgitano in grande quantità, sino a morire tra atroci sofferenze a causa di blocchi intestinali, peritoniti o soffocamento. Altri ne restano invece letteralmente intrappolati, come avviene soprattutto a tartarughe e uccelli, provocandosi ferite agghiaccianti. Il capodoglio spiaggiatosi in Spagna era lungo circa 10 metri e pesava 6,5 tonnellate; l’evidente stato di denutrizione della carcassa suggerisce che deve aver vagato a lungo nel mare prima di perdere la vita, impossibilitato a digerire i calamari di cui normalmente questi grandi cetacei si nutrono.
La dissezione del suo apparato digerente ha fatto emergere ben 29 chilogrammi di rifiuti, tra parti di reti, tantissimi sacchi neri e persino un intero bidone di plastica. Una sorte analoga era toccata a uno sfortunato zifio (Ziphius cavirostris), un altro cetaceo odontocete trovato spiaggiato su un’isola norvegese nel febbraio 2017: in quel caso i veterinari dell’Università Museo di Bergen trovarono trenta sacchi di plastica.
L’autopsia del capodoglio, il più maestoso dei cetacei con denti (arriva a 18 metri di lunghezza per oltre 50 tonnellate di peso), ha scosso talmente tanto l’opinione pubblica che le autorità della Murcia, in collaborazione col Ministero del Turismo, Cultura e Ambiente spagnolo, l’Associazione europea dell’ambiente e il Fondo europeo per lo sviluppo regionale, hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione volta a ridurre il consumo di materie plastiche e ad evitare l’abbandono di rifiuti nell’ambiente marino.
#MedioAmbiente lanza una #campaña para concienciar sobre el peligro de las #basurasmarinas para la #Fauna Ejemplo: La necropsia de un #Cachalote varado ? detectó en su aparato digestivo 29 kg de basura ?#StopBasurasMarinas #Concienciación ♻️+inf: https://t.co/mLjhNreLlx pic.twitter.com/dqejUXFkWS
— EspaciosNaturalesMur (@EspNaturalesMur) 4 aprile 2018
Ogni anno riversiamo nei nostri mari otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici, e si stima che entro il 2050 ci sarà in acqua più plastica che pesce. Gli effetti devastanti dell’inquinamento iniziano a essere visibili ai Caraibi e persino su isole remote e disabitate, come la piccola Henderson delle Pitcairn britanniche, dove scienziati australiani hanno scoperto la più elevata densità di rifiuti plastici dell’intero Pianeta. Sono stati infatti stimati 37,7 milioni di pezzi di plastica in un’area di circa 37 chilometri quadrati. Inquinando gli oceani non solo distruggiamo l’ambiente e uccidiamo creature indifese, ma mettiamo a repentaglio anche la nostra salute; i pesci hanno infatti iniziato a nutrirsi delle microscopiche fibre di plastica, e la catena alimentare porta dritta alle nostre tavole.
[Credit: EspaciosNaturalesMur]