Ci sono “depositi” di microplastiche intrappolati nei ghiacci dell’Artide
Il ghiaccio artico intrappola circa 12.000 particelle di plastica di dimensioni microscopiche per ogni litro. Il deposito però è temporaneo e dura da 2 a 11 anni, dopo i quali la fusione del ghiaccio riporta i detriti nell’acqua marina. La scoperta grazie a un nuovo metodo che riesce a individuare frammenti grandi appena un sesto di un capello umano www.lescienze.it
Il ghiaccio artico intrappola grandi quantità di microplastica. E con la fusione del ghiaccio, questa viene rilasciata in mare dopo alcuni anni. Lo afferma un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Nature Communications” da Ilka Peeken, Alfred-Wegener-Institut per la ricerca marina e polare a Bremerhaven, in Germania.
La microplastica – termine con cui si indicano complessivamente i frammenti di plastica che vanno da pochi millesimi di millimetro a meno di cinque millimetri – è uno dei problemi d’inquinamento più pressanti dei mari di tutto il mondo. È il frutto di un gran numero di processi diversi tra loro, come il deterioramento di pezzi di plastica più grandi e di tessuti sintetici, o dall’abrasione dei pneumatici dei veicoli. E raggiunge i mari attraverso le reti fognarie o trasportata dal vento.
Per determinare l’esatta quantità e la distribuzione di microplastica nel ghiaccio marino, Peeken e colleghi hanno condotto nell’Artide una campagna di carotaggi del ghiaccio, e hanno poi analizzato i campioni usando uno spettrometro a infrarossi a trasformata di Fourier (FTIR), un dispositivo di recente sviluppo che usa uno speciale metodo matematico per analizzare la radiazione riflessa dalle microparticelle investite dalla radiazione infrarossa. A seconda delle loro costituzione, infatti, le particelle assorbono e riflettono le diverse lunghezze d’onda, e possono essere identificate in base a una loro specifica “firma” spettroscopica.
“Utilizzando questo approccio, abbiamo scoperto particelle di plastica di soli 11 micrometri (milionesimi di metro) di diametro, cioè circa un sesto del diametro di un capello umano”, ha spiegato Gunnar Gerdts, coautore dello studio. “Questo spiega anche perché abbiamo trovato concentrazioni di oltre 12.000 particelle per litro di ghiaccio marino, cioè un valore che è due o tre volte superiore a quello rilevato nelle misurazioni precedenti”.
Un dato particolarmente sorprendente è che avere dimensioni estremamente ridotte non è l’eccezione per le microparticelle di plastica, ma la regola. I ricercatori hanno scoperto infatti che il 67 per cento delle particelle rilevate nel ghiaccio era di diametro inferiore o uguale a 50 micrometri.
Piuttosto variegati i tipi di plastica individuati: sono in tutto 17. Si va dai materiali da imballaggio come polietilene e polipropilene, alle vernici, dal nylon al poliestere. Non manca l’acetato di cellulosa, utilizzato nella produzione di filtri per sigarette.
Il ghiaccio artico rappresenta dunque un significativo deposito di microplastica. Che col tempo però ritorna al mare. “Il ghiaccio marino aggrega tutti questi rifiuti di plastica per un periodo variabile tra 2 e 11 anni”, ha sottolineato Peeken. “È questo infatti il tempo necessario per i banchi di ghiacci galleggianti dei mari marginali della Siberia o dell’Artico nordamericano per raggiungere lo stretto di Fram, tra le isole Svalbard e la Groenlandia, dove si sciolgono”.
I ricercatori non sono ancora in grado di prevedere se le particelle di plastica rilasciate successivamente rimangono nell’Artico o vengono trasportate più a sud. Sembra però probabile che i detriti di plastica sprofondino in tempi relativamente brevi.
“Le particelle di microplastica libere galleggianti sono spesso colonizzate da batteri e alghe, il che le rende sempre più pesanti”, ha concluso Melanie Bergmann, coautrice dell’articolo. “Insieme con le alghe formano poi degli aggregati che scivolano verso il fondo marino molto più velocemente”.