25 aprile 2015: il devastante terremoto di (Mw) 7.8 che colpì il Nepal
Più di 8000 persone persero la vita, anche per le frane e le valanghe che si innescarono sulle montagne himalayane. Il 75-80% di Katmandù venne distrutta
tratto da ingvterremoti.wordpress.com
Il 25 aprile 2015 il Nepal è stato colpito da un violento evento sismico di magnitudo locale 7,8 con epicentro a circa 34 km a est-sud-est di Lamjung, che ha causato più di 8 000 morti (ma alla fine con i dispersi si arriva quasi a 10000) e gravissimi danni in Nepal oltre a danni minori nelle zone himalayane di India, Cina, Bangladesh e Pakistan. Si tratta dell’evento sismico più violento che abbia colpito quest’area dopo il 1934, quando un terremoto di magnitudo 8.0 provocò la morte di circa 10 600 persone.
Alcuni edifici secolari, tra i quali la torre Dharahara, già ricostruita dopo il sisma del 1934 e situata nella piazza Durbar di Katmandu e parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, sono andati distrutti.
La prima scossa, di magnitudo 7,8 con ipocentro a circa 15 km di profondità, si è registrata alle ore 6:11 UTC (8:11 ora italiana).
Una seconda scossa, di magnitudo 6,6 con ipocentro a circa 10 km di profondità, è stata registrata alle ore 6:45 UTC.
Epicentro del terremoto (fonte: USGS)
La zona è nota per la sua attività sismica ed è considerata una delle regioni a più alto rischio del mondo. L’attività sismica della regione è causata dalla convergenza tra la placca indiana, a sud, e la placca euro-asiatica a nord, che ha determinato la formazione della catena dell’Himalaya. Il movimento relativo tra le due placche è di 4-5 centimetri per anno (di cui si stima che 2 cm/anno vengano accumulati lungo il margine meridionale della catena montuosa, v. figura sotto). Questo significa che ogni 100 anni si accumula una deformazione pari a 2 metri di spostamento relativo tra le due placche. Nell’area colpita dal terremoto non ci sono stati forti terremoti per diversi secoli; per questo motivo la zona intorno alla capitale Kathmandu era considerata un gap sismico.
Fascia di deformazione lungo il margine meridionale della catena himalayana. Nel box in alto a destra una sezione verticale attraverso la catena mostra la zona “bloccata” (locked) della faglia che si è mossa con il terremoto di oggi. Nella mappa è indicata con la stella bianca e nera la posizione approssimata dell’epicentro odierno (fonte: qui).
La figura sopra mostra il potenziale sismico di tutta la fascia di contatto tra la placca indiana e quella eurasiatica (linea curva nera): le colonne colorate in rosso e rosa indicano, per ciascun settore, la quantità di spostamento (in metri) che si può verificare con un terremoto. Nel caso della zona colpita dal terremoto di cui stiamo parlando si stimavano movimenti co-sismici tra 4 e 10 metri. La zona subito a est di quella colpita il 25 aprile 2015 era stata interessata da un terremoto di magnitudo superiore a 8 nel 1934.
Lo schema geologico (nel box in alto a destra della figura sopra) mostra come la placca indiana scivoli sotto quella eurasiatica creando l’innalzamento dell’Himalaya. La porzione del contatto tra le placche indicata come “locked” (bloccata) è quella che rimane ferma – per secoli – nel periodo inter-sismico e che si muove improvvisamente quando viene superata la resistenza della faglia: in quel momento avviene un terremoto che ristabilisce (momentaneamente) l’equilibrio geologico. Per approfondimenti si veda il sito del CIRES: http://cires1.colorado.edu/~bilham/HimSeismicGaps.html
Per quanto riguarda la scossa del 25 aprile il China Earthquake Networks Center (CENC) ha riportato una magnitudo 8,1. L’India Meteorological Department ha riferito che due forti terremoti sono stati registrati in Nepal alle ore 06:11 UTC e 06:45 UTC. La prima scossa misurava 7,8 punti della scala Richter e il suo epicentro è stato individuato ad una distanza di 80 km a nord-ovest della capitale Katmandu. Il secondo terremoto è stato di 6,6 punti della scala Richter. L’ipocentro è stato localizzato ad una profondità di 10 km (6,2 km) sotto la superficie della terra. Bharatpur era la grande città più vicina al sisma, 53 km dall’epicentro; questo secondo terremoto è avvenuto a 81 km a nord ovest di Katmandu, la capitale del Nepal. Oltre trenta scosse di assestamento di magnitudo 4,5 o maggiori si sono verificate dopo il terremoto iniziale, tra cui una di magnitudo 6,6, avvenuta pochi minuti dopo il terremoto.
La replica più forte di magnitudo 6,7 è avvenuta il 26 aprile 2015 nella stessa regione alle 7:09 UTC, con epicentro a circa 17 km a sud di Kodari (Nepal). La scossa ha provocato ulteriori valanghe sul monte Everest ed è stato avvertito in molti luoghi nel nord dell’India.
Per effetto del terremoto di magnitudo 7,8 del 25 aprile Katmandu si è sollevata di 1 metro. La misurazione è stata elaborata dall’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Irea-Cnr) di Napoli
Una nuova forte scossa – di magnitudo 7,4, poi rivista dal Centro geologico americano (Usgs) a 7,3 – lunga più di un minuto, ha colpito il 12 maggio 2015 la stessa area già devastata dal terremoto del 25 aprile di magnitudo 7,8 della scala Richter. La scossa è stata registrata alle 12:50 locali, le 9:05 italiane. In questo caso l’epicentro era a circa 18 km a sud-est della città di Kodari, con ipocentro a circa 15 km di profondità. Secondo il Centro Sismologico Mediterraneo europeo (Emsc) sempre il 12 maggio nel giro di due ore si sono registrate altre numerose repliche intorno ai 5 gradi, le più forti delle quali di 6,2, 5,6 e 5,5 di magnitudo. La scossa ha causato ulteriori gravi danni e decine di vittime (almeno 39 in Nepal, 11 in India e 2 in Cina).
Valanga sul monte Everest
Il terremoto ha innescato una valanga sul monte Everest a circa 220 km ad est dell’epicentro che ha ucciso almeno 17 persone presso il South Base Camp: fra queste, tre speleologi e guide alpine della provincia di Trento: tra questi Renzo Benedetti, sepolto insieme ai due colleghi sotto una frana sui sentieri del Langtang, non distante da Katmandu. Nel disastro sono periti anche il cofondatore dell’azienda statunitense Google Adventures Dan Fredinburg che si trovava sull’Himalaya insieme ad alcuni colleghi e il professor Matthias Kuhle dell’Università Georg-August di Gottinga, Germania, autore di una serie di testi geografici divulgativi.
Mappa della deformazione indotta in superficie dall’evento sismico, ottenuta combinando due interferometrie ottenute il 17 aprile (prima del sisma) e il 29 aprile 2015. Ognuna delle fasce di colore (frange) indica uno spostamento del suolo di circa 3 centimetri, con una deformazione massima di circa 1 metro.
Altre valanghe sono state causate dalla scossa del 12 maggio.
Danni materiali
L’Aeroporto Internazionale Tribhuvan di Katmandu è stato chiuso immediatamente dopo il terremoto per poi essere riaperto nel corso della giornata per le operazioni di soccorso. I voli di linea sono ripresi il giorno successivo anche se con forti limitazioni da parte delle autorità nepalesi. Ciò ha determinato un ritardo nel rimpatrio dei turisti bloccati in aeroporto. Nelle settimane successive proprio queste limitazioni hanno causato molti ritardi nell’arrivo degli aiuti alle popolazioni.
Gli edifici di Piazza Durbar a Katmandu, iscritti nel Patrimonio Mondiale UNESCO, sono andati distrutti: fra questi la torre Dharahara costruita nel 1832 e che nel crollo ha ucciso almeno 180 persone e il tempio di Manakamana situato nel distretto di Gorkha. Danneggiato anche il tempio induista di Janaki Mandir a Janakpur.
La distruzione della città di Katmandu è stata favorita dal fatto che la città è stata edificata su un lago preistorico ed il suolo, costituito da sedimenti morbidi, è stato attraversato velocemente dalle onde sismiche, che hanno provocato così più scosse e più danni.