Terremoti silenti, tsunami e grandi sismi, al via la spedizione oceanografica per studiarli

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Terremoti silenti, tsunami e grandi sismi, al via la spedizione oceanografica per studiarli

Per due mesi su una nave al largo della Nuova Zelanda. Nel team anche una ricercatrice italiana
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I geologi li chiamano terremoti silenti perché non producono onde sismiche, ma l’ipotesi è che siano dei “campanelli di allarme” per tsunami e grandi eventi sismici e per la prima volta una campagna oceanografica dell’International ocean discovery program (Iodp), un programma che punta a decifrare la storia e le dinamiche del pianeta Terra, studierà questo fenomeno. La missione scientifica durerà due mesi, dall’8 marzo al 5 maggio, su una nave oceanografica al largo della Nuova Zelanda, e ne farò parte anche Francesca Meneghini del Dipartimento di scienze della Terra dell’università di Pisa, l’unica italiana di un  team internazionale composto da una trentina di ricercatori statunitensi, giapponesi, neozelandesi ed europei.

All’università di Pisa spiegano che «Scoperti solo recentemente, i terremoti silenti sono scivolamenti lenti delle pacche terrestri lungo una faglia che possono andare da pochi millimetri a qualche decimetro e durare settimane o mesi. Soprattutto, si tratta di movimenti che avvengono ad una velocità intermedia tra quella tipica delle placche tettoniche che è di 1-10 cm all’anno a quella necessaria a generare terremoti, che è intorno a 1 metro al secondo».

L’obiettivo della campagna internazionale (di cui questa spedizione fa parte dopo una precedente del dicembre scorso) è quindi quello di »investigare le condizioni in situ e i processi attivi in un’area in cui la placca pacifica scende in “subduzione” al di sotto del continente neozelandese. Per compiere lo studio la nave oceanografica eseguirà, a circa 2-300 metri sotto la superficie dell’acqua, tre perforazioni e carotaggi di circa 800 metri di profondità nel fondale marino». L’idea dei ricercatori è quella di «caratterizzare chimico-fisicamente e geologicamente il materiale che “entra” nella zona di subduzione e quello deformato lungo la faglia che separa la placca pacifica e quella neozelandese cercando di decifrare come sedimenti e rocce si modificano».

La Meneghini conclude: «I collegamenti ipotizzati tra terremoti silenti e grossi sismi e tsunami pongono con urgenza alla ricerca scientifica il compito di decifrare le caratteristiche geologiche e geofisiche di questo fenomeno. “Poiché i terremoti silenti possono durare anche settimane o mesi,  installeremo anche degli “osservatori in pozzo” per monitorare le variazioni delle condizioni fisico-chimiche nel tempo, con la speranza di “registrare” anche a distanza uno di questi fenomeni».

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