Prevedere in laboratorio un eventuale Armageddon

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Prevedere in laboratorio un eventuale Armageddon

L’umanità ora sa quanto deve essere potente un’arma nucleare per riuscire adistruggere un asteroide in rotta di collisione con la Terra. I ricercatori hanno fabbricato asteroidi in miniatura e hanno cercato di distruggerli con un laser, per valutare sperimentalmente vari criteri di distruzione, nonché l’energia necessaria per farli esplodere. L’obiettivo è ovviamente quello di essere preparati ad eliminare eventuali oggetti spaziali pericolosi in avvicinamento.
Di Maura Sandri
www.media.inaf.it

Questo grafico mostra le orbite di tutti gli asteroidi potenzialmente pericolosi (conosciuti Pha): 1885 oggetti rilevati a gennaio 2018. Qui è mostrato un primo piano delle loro orbite, sovrapposte alle orbite della Terra e di altri pianeti interni. Crediti: Nasa

Gli asteroidi sono corpi celesti costituiti da carbonio, silicio, metallo e talvolta ghiaccio. Gli scienziati di solito classificano come asteroidi gli oggetti più grandi di un metro, sebbene qualcuno non sia completamente d’accordo, ritenendo che dovrebbero essere più grandi per essere considerati tali. Per quanto riguarda il limite superiore, in genere hanno un diametro inferiore al chilometro, anche se non mancano corpi di dimensioni più grandi: ci sono asteroidi che arrivano fino a 900 chilometri di diametro. Viaggiando a 20 chilometri al secondo, gli asteroidi più grandi potrebbero rappresentare una minaccia per la vita sulla Terra. Per proteggere il nostro pianeta da una collisione con questi oggetti abbiamo due possibilità: riuscire a deviarli oppure frantumarli in pezzi più piccoli, la maggior parte dei quali non colpirà la Terra o, nel caso in cui entrino in atmosfera, bruceranno nei nostri cieli come meteore. Gli autori di una ricerca pubblicata recentemente su Journal of Experimental and Theoretical Physics hanno esplorato la seconda opzione, modellando gli effetti di una potente onda d’urto rilasciata da un’esplosione nucleare sulla superficie dell’asteroide. Il team di ricerca ha dimostrato che un breve impulso laser, puntato su una riproduzione in miniatura di un asteroide, produce effetti distruttivi simili a quelli di un’esplosione nucleare su una vera roccia spaziale. In generale, le distribuzioni di calore e pressione previste per l’evento reale corrispondono a quelle misurate nell’esperimento in scala ridotta.

Affinché il modello fosse accurato, i ricercatori hanno fatto in modo che la densità e la rigidità dell’asteroide in scala – e persino la sua forma – fossero del tutto simili a quelli di un asteroide reale, e hanno controllato la pressione delle onde d’urto generate. Grazie a questa precisa corrispondenza tra modello e realtà, i ricercatori sono riusciti a calcolare direttamente l’energia richiesta da un’esplosione nucleare su un vero asteroide, partendo dall’energia che deve avere un impulso laser per distruggere la sua riproduzione in miniatura. Così, per esempio, hanno trovato che per eliminare un asteroide di 200 metri di diametro, l’esplosione deve fornire l’equivalente di energia di tre megatoni. Questo valore è stato estrapolato dalla considerazione che un impulso laser da 500 joule è risultato sufficiente per distruggere un modello di 8-10 mm di diametro. Per fare un paragone, l’arma nucleare più potente di sempre, costruita dall’Unione Sovietica e fatta detonare in Russia il 30 ottobre 1961, ha comportato una produzione di energia di circa 58,6 megatoni, mentre le bombe atomiche che gli Stati Uniti sganciarono sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki durante la seconda guerra mondiale produssero circa 15 e 20 chilotoni di energia, rispettivamente.

Illustrazione artistica della distruzione di un pericoloso asteroide. Crediti: Elena Khavina, Mipt Press Office

Per condurre questo studio, i ricercatori hanno sviluppato una tecnologia per riuscire a produrre asteroidi artificialmente. La composizione riprodotta corrisponde a quella delle condriti (meteoriti rocciose dotate della stessa composizione chimica dei planetesimi, cioè quei piccoli corpi freddi che si formarono nel sistema solare primordiale), che rappresentano circa il 90 per cento degli asteroidi che raggiungono la superficie della Terra. Le proprietà dell’asteroide modello, inclusa la composizione chimica, la densità, la porosità e la rigidità, sono state corrette durante la produzione. Le riproduzioni degli asteroidi sono state realizzate utilizzando i dati sulla condrite recuperata dal fondo del lago Chebarkul, che costituisce il frammento più grande dell’asteroide entrato nell’atmosfera terrestre nel febbraio 2013, esplodendo sopra Chelyabinsk Oblast, in Russia. Il materiale degli asteroidi è stato prodotto usando una combinazione di sedimentazione, compressione e riscaldamento, imitando il loro naturale processo di formazione. Oltre a campioni di forma cilindrica, sono state realizzate imitazioni di asteroidi di varie forme, tra cui sferici, ellissoidali e cubici. Per confermare che il loro modello fosse realistico, i ricercatori hanno eseguito calcoli sulla compressione dei flussi coinvolti. Hanno mostrato che un asteroide da laboratorio di 14-15 ordini di grandezza meno massiccio del suo prototipo spaziale richiede quasi il doppio dell’energia per unità di massa per essere distrutto completamente.

Gli esperimenti hanno fatto uso di tre dispositivi laser: Iskra-5, Luch e Saturno. Il raggio laser è stato prima amplificato a una potenza predeterminata e poi diretto sulla riproduzione dell’asteroide, fissata in una camera a vuoto. La distruzione del modello è stata monitorata da varie posizioni e sono state registrate le dinamiche della sua frammentazione. Il laser ha colpito gli asteroidi per 0,5-30 nanosecondi. Per valutare i criteri di distruzione degli asteroidi, i ricercatori hanno analizzato i dati disponibili del meteorite di Chelyabinsk, che entrò nell’atmosfera terrestre come un asteroide di circa 20 metri e si è poi frantumato in piccoli frammenti che non hanno causato alcun danno catastrofico. Risulta pertanto ragionevole assumere che un asteroide di 200 metri possa essere considerato non pericoloso se viene frantumato in pezzi con un diametro 10 volte più piccolo e una massa 1.000 volte più bassa. Per ovvie ragioni, questa conclusione vale solo per un asteroide di 200 metri che penetra nell’atmosfera con un angolo simile a quello del meteorite di Chelyabinsk, i cui frammenti viaggiano lungo traiettorie simili a quelle riscontrate in quel particolare evento.

L’illustrazione di un artista dell’asteroide Apophis vicino alla Terra. L’asteroide passerà molto vicino alla Terra nel 2029, e poi di nuovo nel 2036, ma non rappresenta alcuna minaccia per il nostro pianeta. Crediti: Dan Durda – Fiaaa

Un’altra cosa che i ricercatori hanno voluto stabilire è se l’effetto dell’esplosione sia cumulativo, ovvero se una potente esplosione potrebbe essere sostituita da una successione di esplosioni più piccole. In base alle prove effettuate, hanno scoperto che impulsi laser più deboli, simultanei e consecutivi, non forniscono alcun vantaggio significativo rispetto a un singolo impulso più forte. In alcuni degli esperimenti, il laser è stato indirizzato in cavità verosimilmente ricreate sugli asteroidi in miniatura, per vedere se questo avrebbe potuto comportare una richiesta energetica minore. I ricercatori hanno verificato che, sfruttando le cavità, è possibile utilizzare meno energia per ottenere lo stesso risultato: 500 joule per grammo invece di 650. Per lo stesso motivo, l’effetto di una bomba nucleare fatta esplodere all’interno dell’asteroide (come nel film Armageddon, per intenderci) dovrebbe essere molto più pronunciato. I calcoli che tengono conto degli effetti di scala indicano che servirebbe una bomba da tre megatoni per eliminare un asteroide di 200 metri di diametro, non metallico, che minaccia la Terra. Il gruppo di ricerca ora sta progettando di ampliare lo studio sperimentando repliche di asteroidi di diversa composizione, inclusi quelli contenenti ferro, nichel e ghiaccio. Intendono inoltre identificare con maggiore precisione come la forma dell’asteroide e la presenza di cavità sulla sua superficie influenzino la sua distruzione.

«Accumulando coefficienti e dipendenze per asteroidi di diverso tipo, è possibile arrivare a una rapida modelizzazione dell’esplosione in modo tale che i criteri di distruzione possono essere calcolati velocemente. Al momento non ci sono minacce di asteroidi, quindi il nostro team ha il tempo di perfezionare questa tecnica per utilizzarla in seguito, per prevenire un disastro planetario», dice il coautore dello studio Vladimir Yufa, del Mipt. «Stiamo anche esaminando la possibilità di deviare un asteroide senza distruggerlo e speriamo in un impegno internazionale».

L’articolo che riporta i risultati dello studio è stato pubblicato nell’edizione inglese del Journal of Experimental and Theoretical Physics da un gruppo di ricercatori della Rosatom, una società statale russa per l’energia atomica, nonché dal Mipt e dallo Space Research Institute of the Russian Academy of Sciences. I due istituti Rosatom coinvolti nello studio sono All-Russian Scientific Research Institute of Experimental Physics e il Troitsk Institute for Innovation and Fusion Research.

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