Mantenuta acqua allo stato liquido oltre il limite di congelamento

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Mantenuta acqua allo stato liquido oltre il limite di congelamento

In laboratorio l’acqua è stata mantenuta allo stato liquido fino a -42,55 °C: l’esperimento contribuisce a migliorare i nostri modelli atmosferici e apre nuovi campi di indagine su di un fenomeno, la cristallizzazione, ancora poco compreso.
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Un team internazionale di 16 ricercatori, fra i quali Marco Potenza (Università degli Studi di Milano), è riuscito a mantenere l’acqua allo stato liquido ben sotto i 0 °C, temperatura a cui siamo soliti vedere fiocchi di neve e cubetti di ghiaccio: sono arrivati fino a -42,55 °C. Lo studio, pubblicato su Physical Review Letters, servirà a migliorare i nostri modelli climatici e contribuisce all’esplorazione della fisica dell’acqua.

La scoperta dell’acqua fredda. In condizioni normali l’acqua ghiaccia attorno a 0 °C, quando le sue molecole si dispongono secondo un reticolo cristallino che possiamo osservare, per esempio, in un fiocco di neve. Tuttavia, questo fenomeno (detto di cristallizzazione) ha bisogno di un innesco, di un punto da cui la struttura cominci a prendere forma.

Gli inneschi ideali sono impurità, superfici solide o qualunque altro elemento di disturbo esterno: è facile provare anche in casa che acqua molto pura in un contenitore molto liscio può essere raffreddata facilmente sotto lo zero. Diventa così acqua superfredda, che, come possiamo vedere nel video qui sotto, cristallizza appena viene “disturbata”: in questo caso il motore della cristallizzazione è il colpo sul tavolo.

Volendo evitare l’innesco e la cristallizzazione, i ricercatori hanno utilizzato acqua pura in un ambiente senza superfici, spruzzando minuscole gocce d’acqua nel vuoto. Le gocce, di appena 0,006 mm di diametro, per via dalla bassa pressione hanno cominciato ad evaporare. L’evaporazione è però un passaggio di stato che consuma energia: durante l’evaporazione le gocce si raffreddano.

Si possono monitorare le variazioni di temperatura delle gocce superfredde misurando con precisione le variazioni di grandezza nel tempo delle gocce: questo indica la velocità del fenomeno e la quantità di calore sottratto dal passaggio di stato da liquido a gas.

Le gocce che vengono lanciate nel vuoto.

Le gocce che vengono lanciate nel vuoto. La linea bianca segna una lunghezza di 0,05 millimetri. | C. Goy, et al., Physical Review Letters

Per lo studio sulle dimensioni delle minuscole sfere d’acqua è intervenuto Marco Potenza, che gestisce il laboratorio di strumentazione ottica del Dipartimento di fisica dell’Università degli Studi di Milano. Potenza ha illuminato le gocce in modo da fare rimbalzare la luce al loro interno, come se le pareti interne fossero specchi.

Ha quindi fatto emettere alle gocce una debole luce rossa sfruttando l’effetto Raman, cercando le delicate risonanze che avvengono al giusto equilibrio fra dimensione delle gocce e frequenza della luce. Conoscendo la frequenza, Potenza è riuscito a stabilire il diametro delle gocce con una precisione di 10 nanometri (ovvero 0,000010 mm).

Acqua che gettata nell’aria fredda origina immediatamente scaglie di ghiaccio. Più è calda e prima ghiaccia: si tratta del curioso e anti intuitivo effetto Mpemba.

«Questo è il motivo per cui amo la fisica e gli strumenti di misura», afferma Marco Potenza, impegnato da più di 15 anni a sviluppare nuovi metodi ottici di misura: «si arriva sempre a isolare l’estrema semplicità di un fenomeno anche quando sembra molto complesso, e lo si può usare per guardare con occhi nuovi la natura.»

Grazie alle sue osservazioni è stato tracciato il violento balzo di temperatura: un calo di 65 gradi in un millesimo di secondo, dopodiché l’acqua si è cristallizzata.

I dati ottenuti hanno un risvolto pratico e saranno innanzi tutto usati per migliorare i nostri modelli atmosferici: conoscere come e quando le gocce d’acqua congelano è fondamentale per prevedere gli sviluppi del meteo. Tuttavia, secondo Potenza, la vera curiosità sta nello studio della cristallizzazione in sé: è un fenomeno di cui si conoscono sempre meglio i parametri, ma non le cause. Inoltre, sotto i -45 °C c’è una barriera oltre la quale i modelli teorici sono del tutto inefficaci: se la superassimo, ipotizza il ricercatore, potremmo forse assistere a nuovi fenomeni fisici.

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