C’è vita “dormiente” anche nel deserto più arido del mondo

0

C’è vita “dormiente” anche nel deserto più arido del mondo

Comunità di microrganismi sopravvivono, dormienti, nel sottosuolo dell’Atacama, per tornare attive durante le rarissime piogge. Qualcosa di simile potrebbe succedere anche su Marte.
www.focus.it

Ci sono comunità batteriche permanenti e ben adattate a condizioni di vita estreme nel deserto dell’Atacama, uno dei luoghi più aridi della Terra (in Sud America, tra il Cile e il Perù), dove può piovere una volta ogni dieci anni, e la media di precipitazioni annue è inferiore ai 20 millimetri.

Per la prima volta è stato possibile documentare scientificamente il rifiorire della vita microbica in questo suolo: è la prova che è abitato da estremofili “residenti” in pianta stabile, e che le tracce organiche trovate in passato non sono soltanto state trasportate fin lì dal vento.

La scoperta appena pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences suggerisce che simili organismi possano sopravvivere anche su Marte, di cui l’Atacama è forse il più vicino analogo terrestre.

vive qui o è di passaggio? Il team internazionale di esperti guidato da Dirk Schulze-Makuch, planetologo della Washington State University, ha analizzato sei campioni di suolo prelevati in luoghi del deserto con diverse condizioni di umidità, dalle zone più vicine alla costa a quelle del più arido nucleo interno.

Per gli scienziati è importante sapere non solo se la vita microbica esiste e dove si trova, ma anche come cambia nel tempo e se persiste. In passato sono state infatti trovate tracce di microbi nell’Atacama, ma non era chiaro se fossero popolazioni stabili nel tempo oppure forme di vita trasportata da agenti atmosferici.

Casualmente, quando i ricercatori si sono recati per la prima volta nell’Atacama nel 2015, è successo un fatto incredibile: ha piovuto. Dopo quel raro evento, gli scienziati hanno potuto assistere a una vera e propria esplosione di attività biologica nel suolo del deserto. Le analisi genomiche condotte a varie profondità hanno rivelato la presenza di diverse comunità microbiche intente a riprodursi, molte delle quali autoctone e abituate a sopravvivere a quell’ambiente così estremo.

Trova le differenze: la superficie di Marte e quella dell’Atacama. | NASA (left) / Alessandro Airo, TU Berlin (right)

Quando il team è ritornato sul posto nel 2016 e nel 2017, in assenza di piogge, i microbi stavano entrando in una sorta di letargo, indotto dall’assenza di umidità. Per i ricercatori, queste comunità di organismi unicellulari si trovano soprattutto negli strati più profondi del suolo, dove possono sopravvivere per centinaia e migliaia di anni in uno stato dormiente, per tornare attive in presenza di acqua.

Deserto rosso. Nell’arco di milioni di anni, queste comunità di microbi avrebbero imparato a gestire condizioni climatiche così proibitive. Qualcosa del genere potrebbe essere accaduto su Marte, il cui clima iniziale era umido e il cui paesaggio, prima che iniziasse la desertificazione, era caratterizzato da fiumi e laghi. Ora su Marte non piove più, ma riserve di acqua liquida possono trovarsi vicino alla superficie dopo le nevicate notturne. Sul Pianeta Rosso sono state anche osservate una sorta di nebbia su alcune colline e occasionali cascate di brina salata.

Su Marte gli ambienti umidi – che sono potenziali case per forme di vita batteriche – non dovrebbero mancare, ma sul Pianeta Rosso i raggi cosmici e le radiazioni solari colpiscono in modo molto più diretto che sulla Terra: occorrerà capire come queste radiazioni possano influire su eventuali forme di vita. Nel frattempo, in base alle conclusioni dello studio nel deserto dell’Acatama, se in passato si sviluppò vita su Marte non possiamo escludere che possa essersi conservata fino ad oggi, nascosta nel sottosuolo.

Share.

Leave A Reply