Alzheimer: scoperto un nuovo anticorpo e il meccanismo che blocca la memoria
Ricercatori italiani e americani hanno pubblicato i risultati di due studi che costituiscono un grande passo per la ricerca scientifica www.tgcom24.mediaset.it
Due scoperte che permettono di fare un grande passo avanti nella ricerca medica sull’Alzheimer.
La prima è avvenuta grazie ad alcuni scienziati italiani e l’altra grazie alla scuola di medicina dell’Università di Washington. I nostri connazionali hanno scoperto il ruolo chiave di una piccola regione cerebrale, l’area tegumentale ventrale, nella malattia di Alzheimer. Se questa area, deputata al rilascio di una importante molecola “messaggera” del cervello, la dopamina, funziona poco, ne risente il “centro” della memoria, l’ippocampo, quindi la capacità di apprendere e ricordare.
La scoperta italiana – Resa nota sul Journal of Alzheimer’s Disease, la scoperta potrebbe rivoluzionare sia la diagnosi precoce, sia le terapie per questa forma di demenza, spostando l’attenzione su farmaci che stimolano il rilascio di dopamina. Autrice dello studio è Annalena Venneri, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience (SITraN) in Gran Bretagna, che spiega: “la nostra scoperta indica che se l’area tegmentale-ventrale (VTA) non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, questo non funziona più in modo efficiente” e la formazione dei ricordi risulta compromessa.
Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani. Venneri e Matteo De Marco della University of Sheffield hanno eseguito test cognitivi e risonanze magnetiche su 29 pazienti con Alzheimer, 30 soggetti con declino cognitivo lieve e 51 persone sane, trovando una correlazione tra dimensioni e funzioni della VTA con le dimensioni dell’ippocampo e le funzioni cognitive dell’individuo. Più piccola risulta la VTA, minori le dimensioni dell’ippocampo e la capacità del soggetto di apprendere e ricordare. La scoperta arriva a un anno dai risultati di esperimenti di laboratorio condotti presso l’Ircss Santa Lucia e l’Università Campus Bio-Medico di Roma.
Coordinato da Marcello D’Amelio, lo studio, su Nature Communication, evidenziava anche l’effetto del mancato rilascio di dopamina da parte della VTA su un aspetto che accompagna spesso la malattia fin dalle sue prime fasi: la perdita di motivazione della persona. “Stiamo somministrando farmaci ‘agonisti-dopaminergici’, spiega Giacomo Koch, Direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale dell’IRCCS capitolino, “a pazienti con malattia di Alzheimer per osservare se questi farmaci stimolano la plasticita’ cerebrale e quindi la conservazione delle facolta’ cognitive”. “Questa scoperta può potenzialmente condurre a un nuovo modo di intendere gli screening per la popolazione anziana in caso di primissimi segnali di Alzheimer, cambiando la modalita’ in cui vengono acquisite e interpretate le scansioni diagnostiche del cervello e utilizzando differenti test per la memoria”, conclude Venneri.
La scoperta americana – I ricercatori della Scuola di medicina dell’Università di Washington hanno scoperto un anticorpo (l’Hae-4) che fa sparire le placche amiloidi che causano l’Alzheimer. Molto prima che le persone inizino a mostrare i sintomi caratteristici della malattia, infatti, queste placche iniziano a formarsi nel cervello, danneggiando le cellule vicine. I risultati del loro lavoro, effettuato per ora sui topi, sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Investigation.
Gli studiosi spiegano che molte persone accumulano il maggior costituente delle placche, chiamato beta-amiloide, per molti anni e il cervello non riesce più a liberarsene. Rimuovendo le placche, con una diagnosi precoce, potrebbe essere possibile fermare tutti quei cambiamenti nel cervello che portano al calo della memoria, alla confusione e al declino cognitivo.
I ricercatori hanno notato come l’anticorpo Hae-4 colpisca direttamente l’Apoe riducendo così il danno causato dalle placche amiloidi. Inoltre, grazie alla sperimentazione, è stato scoperto come l’Hae-4 non ha avuto alcun effetto sui livelli di Apoe che sono invece presenti nel sangue. Questa proteina, infatti, svolge un ruolo importante nel trasporto di grassi e colesterolo nel corpo, quindi rimuoverlo dal flusso sanguigno potrebbe portare a effetti collaterali indesiderati. Questa selezione è giustificata dagli studiosi perchè la proteina Apoe presenti nelle placche ha una struttura diversa rispetto a quella presente nel plasma