Ecco come variano le “cascate” sottomarine in Adriatico

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Ecco come variano le “cascate” sottomarine in Adriatico

La scoperta italo-croata nel mare della Puglia apre la strada a diverse applicazioni pratiche in campo scientifico ed economico
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Nel Mare Adriatico è stata dimostrata la presenza delle continental shelf waves, i moti ondosi oceanici che contribuiscono al rinnovo delle acque ‘profonde attraverso correnti particolarmente energetiche tra la costa e il largo. Fin dagli anni ’80 si ipotizzava l’esistenza di tale fenomeno all’interno del bacino adriatico, ora lo studio “Framing Continental Shelf Waves in the southern Adriatic Sea, a further flushing factor beyond dense water cascading” pubblicato su Scientific Reports da Davide Bonaldo e Sandro Carniel, dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr), e da Mirko Orlić dell’Andrija Mohorovičić geophysical institute dell’università di Zagabria, ha permesso di registrarlo al largo delle coste della Puglia. Si tratta di un lavoro durato due anni e realizzato grazie al progetto H2020 Ceaseless finanziato dall’Unione Europea e al Progetto Bandiera Ritmare del Cnr finanziato dal ministero dell’istruzione, università e ricerca.

Bonaldo spiega che «In via del tutto generale, una continental shelf wave può essere vista come una modulazione di una corrente marina, caratterizzata da una natura oscillatoria rispetto al suo moto “medio”: in pratica, a causa della presenza di dislivelli nei fondali marittimi, le correnti profonde assumono periodicamente una velocità superiore alla media innescando dei veri e propri meandri sottomarini. Questo avviene in conseguenza della combinazione della rotazione terrestre e della particolare geometria del fondale. Nel caso esaminato queste onde interessano una porzione di margine continentale compresa tra i 200 e 1.000 metri di profondità, coprendo una distanza di circa 50 km dalla piattaforma continentale verso il largo e viceversa. Le velocità associate a queste pulsazioni variano in base alla profondità: generalmente diminuiscono a maggior profondità con l’aumentare dello spessore della colonna d’acqua trasportata; in alcuni siti, comunque, le correnti di fondo sono arrivate a velocità prossime a 1 m/s, valore molto alto per ambienti così profondi».

Il team italo-croato è arrivato a queste conclusioni grazie all’analisi congiunta dei dati registrati al largo della Puglia e dei risultati prodotti da nuovi modelli matematici che elaborano simultaneamente la situazione idrodinamica, atmosferica e delle onde. L’oceanografo Carniel spiega a sua volta: «Finora i dati acquisiti dagli strumenti non erano stati inquadrati in una spiegazione d’insieme che descrivesse il fenomeno nella sua complessità. Lavorando con un approccio multidisciplinare, abbiamo dimostrato come le quantità di calore, carbonio, ossigeno e sedimenti che vanno ad approvvigionare il fondo del bacino adriatico siano fortemente influenzate dai moti marini pulsanti, e come a sua volta l’Adriatico ricopra un ruolo fondamentale nella stabilità climatica dell’intera regione mediterranea».

La scoperta apre la strada a diverse applicazioni pratiche in campo scientifico ed economico: «Avendo consapevolezza di come si muovano le correnti marine dell’Adriatico, sarà possibile posizionare, con totale precisione e in aree chiave, delicati e costosi strumenti sottomarini di misura per future ricerche, permettendo di avere dati più accurati e circoscritti – conclude Bonaldo – Inoltre, grazie alla disponibilità di complessi modelli numerici e di dati satellitari di ultima generazione, in tempi brevi si potrà giungere ad una migliore identificazione delle aree potenziali di ripopolamento di crostacei e di pesci».

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