Ozono in calo Nord Europa, Usa e Giappone, ma resta alto in Asia ed Europa meridionale (Italia compresa)

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Ozono in calo Nord Europa, Usa e Giappone, ma resta alto in Asia ed Europa meridionale (Italia compresa)

Un nuovo potente dataset rivela i modelli dell’inquinamento globale da ozono
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Anche se in molte aree degli Usa, dell’Europa occidentale e del Giappone l’inquinamento da ozono stia diminuendo, molte persone che vivono in quei Paesi sperimentano ancora più di una dozzina di giorni all’anno in cui i livelli di irritazione polmonare superano gli standard sanitari. E’ la conclusione a cui arriva lo studio “Tropospheric Ozone Assessment Report: Present-day ozone distribution and trends relevant to human health”, pubblicato oggi su Elementa: Science of the Anthropocene, frutto di una nuova valutazione della salute basata sul rapporto di valutazione dell’ozono troposferico o sul Tropospheric Ozone Assessment Report (Toar), un lavoro che fa parte delll’International Global Atmospheric Chemistry Project per creare il database più completo al mondo delle osservazioni di ozono superficiale proveniente da tutte le stazioni di monitoraggio dell’ozono disponibili in tutti i Paesi.

Il team internazionale di scienziati di 13 istituzioni e università che ha compilato e analizzato il database sull’inquinamento globale dell’ozono spera  così di fornire a ricercatori e responsabili della salute pubblica una migliore comprensione dei trend e dei modelli di esposizione in tutto il mondo.

L’ozono troposferico o a livello del suolo è un gas serra e un inquinante atmosferico che, a livelli elevati, è dannoso per la salute umana e la produttività delle colture e degli ecosistemi. «L’ozono troposferico è un inquinante secondario – spiegano i ricercatori,  il che significa che non viene emesso direttamente, ma si forma quando la luce solare innesca reazioni tra le emissioni chimiche naturali e quelle provocate dall’uomo, note come gas precursori dell’ozono. Le emissioni prodotta da veicoli, centrali elettriche, impianti industriali e altre attività umane sono una causa primaria dell’ozono superficiale, che è uno dei sei principali inquinanti regolamentati Clean Air Act negli Usa e dalle Direttive europee».

Dallo studio arriva la conferma che, dagli anni ’90, i gas precursori che formano l’ozono sono in calo in Nord America e in Europa, ma anche che sono aumentati in Asia. Ma finora i database dell’ozono limitati e frammentati non permettevano di rispondere a domande basilari sulla distribuzione e le tendenze dell’inquinamento da ozono in molte parti del mondo: in quali regioni del mondo le persone affrontano la maggiore esposizione all’ozono? In che misura l’ozono aumenta nei Paesi in via di sviluppo? Le normative sulla qualità dell’aria hanno ridotto i livelli di ozono nei Paesi sviluppati? Per rispondere a queste e ad altre domande, il team di ricerca del TOAR ha prodotto la prima valutazione scientifica su scala globale dell’ozono troposferico, basata su tutte le osservazioni di superficie disponibili e sulla letteratura scientifica sottoposta a peer-reviewed.

Owen Cooper, uno scienziato del Cooperative institute for research in environmental sciences (Cires) che lavora alla National oceanic and atmospheric administration Usa (Noaa), che presiede il comitato direttivo del Toar e che sta lavorando dal 2014 per sviluppare la valutazione sull’ozono, spiega che «Il Toar non è solo un rapporto. Abbiamo creato il più grande database dell’ozono superficiale con le osservazioni orarie provenienti da  oltre 4.800 siti di monitoraggio in tutto il mondo e stiamo rendendo questi dati liberamente disponibili a chiunque voglia investigare sull’impatto dell’ozono sulla salute umana, sulla vegetazione e sul clima».

Il team di ricercaori sottolinea i maggiori risultati dello studio: Tra il 2000 e il 2014, in gran parte del Nord America e dell’Europa i livelli di ozono sono diminuiti significativamente, nonostante questo, durante il periodo 2010-2014, in parti della California, dell’Arizona, del Colorado, del Texas, del Midwest e del Medio Atlantico ci sono stati più di 15 giorni all’anno in cui i livelli di ozono hanno superato lo standard di qualità dell’aria negli Stati Uniti di 70 parti per miliardo (ppb) in media su 8 ore. Anche in alcune aree dell’Europa meridionale (Italia compresa), della Corea del Sud e del Giappone meridionale e della Cina ci sono stati più di 15 giorni all’anno di livelli di ozono superiori a 70 ppb. In alcune zone dell’Asia, dell’Africa e del Sud America, i ricercatori hanno identificato lacune nei dati che hanno impedito loro di caratterizzare i modelli di esposizione all’inquinamento da ozono. Tuttavia, nel complesso, i siti dell’emisfero meridionale tendono ad avere livelli inferiori di inquinamento da ozono e meno giorni al di sopra dei 70 ppb.

Zoё Fleming, ricercatore presso il National Center for Atmospheric Science presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Leicester. Fleming e Ruth Doherty dell’Università di Edimburgo sono stati gli autori co-principali dello studio, con co-autori di 12 istituzioni internazionali.

Due autrici dello studio, la chimica Zoё Fleming, del National centre for atmospheric science dell’università di Leicester, e Ruth Doherty dell’università di Edimburgo, evidenziano: «Nonostante alcune riduzioni delle emissioni di inquinanti atmosferici in Europa e in Nord America, gli impatti della salute umana derivanti dall’ozono sono ancora motivo di preoccupazione in tutto il mondo e stanno aumentando in alcune parti dell’Asia orientale, con potenziali gravi effetti sulla salute di quelle popolazioni»,

Il prossimi studi del Toar forniranno una valutazione globale dei livelli di ozono sperimentati dalla vegetazione, dei livelli di ozono osservati che influenzano il clima e un’analisi storica su come i livelli di ozono sono cambiati in tutto il mondo dall’inizio del XX secolo.

Il database Toar sull’ozono superficiale è disponibile pubblicamente e può essere utilizzato da scienziati e responsabili politici di tutto il mondo per quantificare l’impatto dell’ozono sulla salute umana e sulla vegetazione.

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