I cinesi hanno continuato a pescare nell’area del disastro petrolifero nel Mar Cinese Orientale

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I cinesi hanno continuato a pescare nell’area del disastro petrolifero nel Mar Cinese Orientale

La denuncia della BBC: dopo l’affondamento della petroliera iraniana Sanchi, la pesca è continuata
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Il 6 gennaio 2018 la petroliera iraniana Sanchi, dopo essersi scontrata con una nave sudcoreana nel Marc Cinese Orientale, ha preso fuoco ed è affondata, nessuno dei membri dell’equipaggio è scampato e il disastro ha provocato un esteso e persistente inquinamento, con interventi di bonifica che praticamente tutti hanno definito tardivi, insufficienti e inefficaci. Oggi la BBC pubblica immagini satellitari che dimostrano che  «nel sito di una massiccia fuoriuscita di petrolio nel Mar Cinese Orientale» si è pescato per giorni dopo l’incidente  e che «La maggior parte delle navi da pesca nella regione colpita sono state identificate come cinesi».

Questo nonostante, fin da subito vi fossero grosse  preoccupazioni per  la possibile contaminazione dei prodotti ittici e della vita marina in tutta l’area. La Sanchi stava trasportando 136.000 tonnellate, quasi un milione di barili, di petrolio ultra-leggero, noto come condensato, in Corea del Sud. Un prodotto altamente tossico, che non lascia le classiche iridescenze del greggio e quindi è invisibile sulla superficie del mare.

Quello avvenuto dopo il naufragio della petroliera iraniana è il più grosso sversamento di questa sostanza del mondo.

Eppure esperti indipendenti affermano che la pesca è stata interrotta solo molto dopo l’incidente e i media cinesi indicano lo stesso. Le immagini satellitari ottenute dalla BBC mostrano la presenza di pescherecci cinesi nell’area dopo il disastro e la Cina è un grosso esportatore di prodotti ittici, mentre l’area interessata dal disastro petrolifero è ricca di pesce e i cinesi ed altre marinerie ci pescano granchi, calamari, Larimichthys polyactis e sgombrii

La BBC ha cercato di contattare l’Amministrazione oceanica di Stato della Cina, che però si è ripetutamente rifiutata di fornire spiegazioni e di commentare le attività di pesca cinesi nell’area. Secondo il sito web del ministero dell’agricoltura di Pechino, dopo l’incidente è stata dichiarata zona vietata alla pesca un’area di 30 miglia nautiche intorno al sito del naufragio della Sancho.

Brad Soule, analista capo dell’ONG di OceanMind specializzata nel monitoraggio delle attività di pesca, ha detto alla BBC: «Sulla base delle nostre analisi, stimiamo che le attività di pesca siano probabilmente proseguite nell’area da quando si è verificato l’incidente, compreso entro le 60 miglia nautiche dal sito del naufragio». Secondo i dati di OceanMind, tra il 6 gennaio e il 25 gennaio in quell’area del Mar Cinese Orientale sarebbero stati operativi più di 400 pescherecci, mentre 13 sono stati rilevati entro 60 miglia nautiche dal sito dell’affondamento. La BBC evidenzia che «Si ritiene che la Sanchi, la nave cisterna che trasporta petrolio dall’Iran, prima di affondare si sia spostata da 50 a 100 miglia nautiche verso sud dopo la collisione».  Questo potrebbe significare che ha continuato a sversare il condensato lungo tutto il percorso prima di inabissarsi a 115 metri, dove è stata localizzata da una squadra di soccorso del ministero dei trasporti cinese.


Nel suo rapporto, OceanMind dice che «Tra il 26 gennaio e il 14 febbraio, 146 navi da pesca osservate erano attive nella regione e due navi da pesca osservate attive a meno di 60 miglia nautiche dal sito dell’affondamento». Soule ha spiegato che «L’analisi si basa sulle trasmissioni ricevute dai soli pescherecci», facilmente riconoscibili anche perché viaggiano ad una velocità minore delle altre navi. I pescherecci sono individuabili attraverso i transponder  e anche ha detto Richard Steiner, un noto scienziato marino che in passato ha aiutato molti governi a gestire maree nere di idrocarburi, ha dtto che «La pesca è continuata nella zona potenzialmente inquinata dopo la fuoriuscita di Sanchi e il governo cinese non ha chiuso la pesca fino a poco tempo fa». Subito dopo il naufragio, Steiner aveva inviato una e-mail al governo cinese nella quale suggeriva di chiudere immediatamente tutte le attività di pesca nella zona dello sversamento, se Pechino non voleva che prodotti ittici contaminati entrassero nei mercati. Lo scienziato ha detto alla BBC: «Hanno risposto ai miei altri suggerimenti ma non direttamente a questo».

Anche i risultati di Global Fishing Watch (Gfw), un’altra organizzazione internazionale che monitora i pescherecci, sono simili: «Abbiamo esaminato l’attività di pesca rilevata da Gfw e misurata in ore di attività, dopo che la collisione della Sanchi avvenuta il 6 gennaio e rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – ha detto alla BBC Paul Woods di Gfw – Nel complesso, direi che questa analisi suggerisce che il livello aggregato dell’attività di pesca nella regione prima e dopo l’evento non è cambiato drasticamente».

L’agenzia ufficiale cinese  Xinhua assicura che il governo ha dato ordine di allontanare i pescherecci dall’area due giorni dopo  l’affondamento della Sanchi, cioè 10 giorni dopo la collisione. E il 17 gennaio Xinhua riferiva che «Il centro di ricerca e salvataggio marino di Shanghai martedì (16 gennaio) ha inviato 13 navi per affrontare i problemi di follow-up, mantenere l’ordine nel sito, evacuare mercantili e navi da pesca nelle vicinanze e emettere avvisi di navigazione sia in cinese che in inglese».

Gli esperti internazionali che si occupano di sversamenti petroliferi dicono che la reazione di Pechino è stata troppo lenta e Steiner, commentando le immagini pubblicate dalla BBC, dice che «Molto condensato aveva già iniziato a fuoriuscire dalla Sanchi subito dopo che era entrata in collisione con un’altra nave, Se sul sito ci fosse stata una corrente di 1 nodo per otto giorni, quindi l’inquinamento dall’evento potrebbe aver viaggiato sotto la superficie fino a 200 miglia di distanza» e lo ha scritto anche i una e-mail inviata all’Amministrazione oceanica di Stato cinese.

Il primo febbraio funzionari del governo cinese hanno ammesso che campioni di pesce prelevati entro 4 o 5 miglia nautiche dalla nave affondata contenevano tracce di idrocarburi petroliferi, suggerendo una possibile contaminazione. La biologa marina Corina Ciocan, dell’università di Brighton, ha spiegato alla BBC che «In qualsiasi evento di sversamento, l’olio combustibile produrrà danni a riva, mentre il petrolio leggero, come il cherosene e la benzina, avranno un impatto molto maggiore sulle specie marine a causa della persistenza nella colonna d’acqua. I molluschi e altri organismi sessili filtratori sono particolarmente colpiti dalle fuoriuscite di petrolio, anche i pesci allevati nelle gabbie e i pesci delle barriere coralline, sono in grado di assorbire elevate quantità di idrocarburi presenti nel loro territorio limitato».

Nonostante i cinesi non lo abbiano fatto, la chiusura della pesca è uno dei primi passi che le autorità intraprendono dopo luna fuoriuscite di petrolio. Chris Reddy, della Woods Hole Oceanographic Institution fa notare che «Questo è stato fatto immediatamente dopo l’incidente dello sversamento di petrolio della Deep Water Horizon nel 2010. Tuttavia, la fuoriuscita di petrolio nel Mar Cinese Orientale ucciderà le creature marine con un effetto immediato, ma non vi è alcun rischio a lungo termine di contaminazione dei frutti di mare. Questo perché il condensato sversato sarà presto diluito da acqua di mare più pulita, mangiato dai microbi, o evaporerà, il che significa che non ci sarà alcuna concentrazione di sostanze chimiche che minacciano di contaminare i frutti di mare».

Ma La Fao non ha voluto rilasciare alla BBC nessun commento sul fatto che i prodotti ittici provenienti dalla regione del disastro petrolifero potessero aver già raggiunto i mercati e i consumatori.

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