Ecco dove cadranno i frammenti della stazione cinese Tiangong-1

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Ecco dove cadranno i frammenti della stazione cinese Tiangong-1: qualche rischio per l’Italia

La stazione cinese si sta per schiantare sulla Terra. E ora un team di ricercatori della Sapienza, che ha osservato l’ipotetica rotta del modulo in un video di 6 minuti, ha raccontato che alcuni frammenti impatteranno l’Italia, precisamente da Firenze in giù
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È passato ormai un anno da quando il modulo della stazione spaziale cinese Tiangong-1 è stato dichiarato fuori controllo. E, dato che secondo le ultime previsioni il suo rientro (del tutto incontrollato) in atmosfera avverrà in questi primi mesi del 2018, il lavoro da parte degli esperti di tutto il mondo scientifico si fa sempre più fervente: capire e individuare il punto di caduta della pioggia di detriti che potrebbe derivarne. Secondo le ultime stime, la maggior parte dei componenti brucerà disintegrandosi durante la caduta nell’atmosfera terrestre, mentre quei pochi frammenti che sopravviveranno all’impatto, cadranno in una zona compresa fra il 43° parallelo Nord e il 43° parallelo Sud, un’area comprendente anche parte dell’Italia, da Firenze in giù.

A riferirlo è il gruppo di studio S5 Lab, guidato da Fabrizio Piergentili e Fabio Santoni dei dipartimenti di Ingegneria meccanica e aero-spaziale e Ingegneria astronautica, elettrica ed energetica dell’università Sapienza di Roma. “Di prassi, il rientro dei satelliti dovrebbe avvenire in maniera controllata, imponendo da Terra una traiettoria che porti eventuali residui, ad impattare in zone disabitate, per lo più nell’area del Pacifico”, spiega Piergentili. “Ma in questo caso partiamo da condizioni differenti, perché non è possibile intervenire e modificare la rotta del modulo fuori controllo e la comunità scientifica internazionale sta lavorando per affrontare la nuova problematica”.

Tiangong-1, anche nota come Heavenly Palace (Palazzo celeste), è lunga 10,5 metri per oltre 8 tonnellate di peso ed è la stazione spaziale made in China lanciata nel settembre del 2011, come simbolo politico della potenza cinese nello Spazio. Ricordiamo che nella sua breve vita, la stazione è stata al centro di molte missioni spaziali e tra le altre cose ha ospitato diversi astronauti, tra cui la prima donna cinese Liu Yang. Tiangong-1 ha smesso di funzionare nel marzo 2016, e nel settembre 2016 l’Agenzia spaziale cinese ha ufficialmente ammesso di aver perso il controllo, prevedendone il rientro (o meglio lo schianto) in atmosfera terrestre per la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Tuttavia, come vi avevamo raccontato, secondo gli esperti ci sarebbe solo una probabilità su 10mila che i detriti finiscano in picchiata su un’area popolata.

Dall’osservatorio Npc-Sapienza, i ricercatori sono riusciti a inseguire l’oggetto in un passaggio veloce per ben 6 minuti: dall’Osservatorio di Imola è stato acquisito un campione video, utilizzando un sistema di puntamento e inseguimento di oggetti in orbita terrestre, specificamente sviluppato per questo scopo, che si basa sulla montatura altazimutale Moral per telescopi classe 1m, realizzata dalla divisione Spacemind della New Production Concept (Npc), in collaborazione con lo spin-off della Sapienza Roboptics.

Grafico curve di luce (Foto: La Sapienza)
Grafico curve di luce (Foto: La Sapienza)

Dai dati ottenuti, il team di ricercatori è riuscito a estrarre le cosiddette “curve di luce” del modulo (in termini astronomici sono un grafico che mostra l’andamento della luminosità di un oggetto o di una regione celeste in funzione del tempo) utili nel determinarne le variazioni di orientamento nello Spazio. Un risultato fondamentale, quindi, per il monitoraggio del rientro della stazione Tiangong-1 e per predire la sua traiettoria. “Questo successo incoraggia a proseguire nella sperimentazione di strumenti di osservazione innovativi, per consolidare le attività di monitoraggio e sorveglianza degli oggetti in orbita terrestre, in risposta all’ormai sempre più pressante problema degli space debris”, conclude Santoni, “argomento sul quale il nostro gruppo di ricerca sta lavorando da anni, anche grazie al supporto dell’Agenzia spaziale italiana, affinando nuovi strumenti tecnologici e scientifici al servizio della comunità internazionale”.

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