Testo e foto: Tommaso Della Dora
Si ringraziano per la collaborazione: Massimiliano Fiorito, Rita Rosati e suo marito.
Il 30 ottobre alle 7 e 40 ero sul letto, ad Ascoli Piceno, con Ilenia. Eravamo già svegli da un po’, perché eravamo andati a dormire presto ed era anche cambiato l’orario. Stavo leggendo sul tablet un articolo sul terremoto, e le onde primarie hanno alzato il nostro letto, con noi sopra, di diversi centimetri, annunciando l’arrivo delle secondarie, che sono state violentissime e prolungate, abbastanza da scombussolarci la giornata e le settimane successive. 6.5, epicentro nei pressi di Norcia. Come ormai mia abitudine, scendo in strada portandomi dietro il tablet per seguire quanto accaduto su SkyTg24.
Un tipico norcino prepara panini per me e Max.
Le immagini provenienti da Norcia sono di quelle forti: la basilica di San Benedetto, un capolavoro conosciuto in tutto il mondo, è quasi completamente crollata, Norcia è avvolta in una nube di nebbia, che però non è nebbia, ma polvere, polvere di crolli. Così anche diverse cittadine in zona. Non ci sono però morti, solo pochi feriti. Un raggio di luce in una situazione minacciosa e difficile.
Il 2 giugno decido di sfruttare la festività per recarmi con Massimiliano, ormai il mio compare fisso quando esco per scattare foto di reportage, a visitare Norcia. Partiamo da Ascoli nella prima mattinata, il viaggio sarà lungo, nonostante le due località distino, in linea d’aria, meno di 40 km. Il terremoto ha compromesso in maniera ancora non recuperabile le strade più brevi.
Gli edifici qui hanno reagito meglio rispetto ad altre zone colpite dal terremoto.
Arriviamo a Norcia a metà mattinata. La prima cosa che ci colpisce è la quantitò di danni, decisamente minore rispetto alle zone terremotate che avevamo visitato fino ad oggi. Ci sono crolli, si, e anche piuttosto evidenti, ma se pensiamo che a pochi chilometri da qui si trova l’epicentro del terremoto più forte avvenuto in Italia dal 1980, beh, la situazione è quasi confortante. Parcheggiamo a pochi metri da una delle porte d’ingresso al centro storico, cinto da magnifiche mura del 1300 che racchiudono storie ben più antiche, storie di insediamenti etruschi di tre secoli antecedenti a Cristo, storie di epoca romana (qui nacque la madre dell’imperatore Vespasiano), storie di santi (qui nacquero i santi gemelli Benedetto e Scolastica nel 480), e anche storie di terremoti (prima di quest’ultima crisi sismica Norcia è stata duramente colpita da altri 5 forti terremoti: 1328-1703-1730-1859-1979).
Piazza San Benedetto
La statua di San Benedetto sembra vegliare, austera, sulla sua basilica ferita
Entriamo da Porta Ascoliana, danneggiata e sorretta da strutture in legno e ferro, e appena dentro il centro da sinistra qualcuno ci chiama: “Venite a sentire sto prosciutto”. Accettiamo l’invito, e siccome dopo il viaggio abbiamo una discreta fame, ci facciamo preparare anche dei panini. Ovviamente è tutto ottimo, dopotutto siamo a Norcia, il paese delle norcinerie, famoso per i suoi splendidi salumi. Ci gustiamo i nostri panini e ritorniamo al nostro giro. Notiamo sin da subito che i crolli riguardano soprattutto (anzi, quasi esclusivamente) le chiese.
Le case sono invece danneggiate, ma in piedi e apparentemente anche in buono stato. Probabilmente questo dipende da una gestione virtuosa dell’edilizia che altrove non si riscontra: già dopo il terremoto del 1859 a Norcia sono state adottate norme importanti sulle costruzioni (edifici bassi, attenzione ai materiali, spessore dei muri codificato da regole ben precise) e anche dopo il “recente” sisma della Valnerina del 1979 sono stati eseguiti lavori di ristrutturazione importanti, ed evidentemente anche ben fatti. Continuiamo il nostro giro tra edifici danneggiati e chiese distrutte o quasi. Anche le mura presentano svariati “morsi”, crolli piuttosto diffusi che non riescono, comunque, a inficiarne il fascino. Arriviamo alla piazza centrale di Norcia, Piazza San Benedetto. A pochi metri dalla statua del Santo, l’immagine più famosa legata a questo terremoto: la basilica del Santo nursino è coperta da un reticolo di tubi metallici, che ne tengono in piedi la facciata, unica parte che è riuscita a resistere alla botta di quella domenica mattina. Dietro la facciata, nulla. È crollata del tutto, in piedi c’è forse mezzo arco della piccola galleria che aveva a sinistra dell’ingresso. L’immagine è dolorosa, soprattutto per chi conosceva quel capolavoro prima del sisma. Accanto gli edifici sono tutti inagibili, e resto colpito da un cartello scritto a mano e attaccato alla porta di una norcineria: “siamo aperti al campo sportivo”. Continuando il giro per il centro storico, continuiamo a vedere chiese crollate ed edifici danneggiati ma che hanno ben resistito. E vediamo una cosa che ci stupisce, dopo aver visto altre situazioni completamente diverse: qui stanno portando via macerie.
“Sto al campo sportivo”
Dopo aver girato abbastanza tra le strette vie di questo piccolo gioiello, chiamiamo Rita e ci diamo appuntamento con lei in piazza. Rita è una signora di Norcia, conosciuta online. Abita a pochissima distanza dall’epicentro del terremoto e si è resa disponibile a raccontarci la sua esperienza e accompagnarci a vedere alcune cose. Lei e suo marito ci raggiungono, e ci accompagnano in macchina fino alla loro casa. Ci troviamo in una zona periferica di Norcia, con una vista sui monti davvero magnifica. Rita e il marito ci mostrano il capanno che sta accanto alla loro casa: da fuori sembra intatto, ma Rita ci avverte, prima di aprire le porte, che ha “un lampadario nuovo”… buona parte del tetto è crollato, e in effetti dall’alto arriva tanta, tanta luce ora. Entriamo poi in casa, e questa è invece in perfette condizioni. Rita ci racconta che ha dovuto ricomprare i mobili, perché quella mattina erano caduti danneggiandosi seriamente. Ci indica dalla finestra da che parte si trova l’epicentro del terremoto, a qualche centinaia di metri. Ci racconta la sua esperienza, e il marito, addetto alla sicurezza di un noto hotel nursino, ci racconta le fasi concitate dell’evacuazione della struttura (che ora è inagibile). Dopo qualche fetta di un ottimo dolce al cioccolato fatto da Rita stessa, usciamo coi nostri nuovi amici, che ci portano a vedere altri effetti del terremoto.
Crolli lungo la cinta muraria di Norcia.
Le mura ferite di Norcia.
Per prima cosa ci mostrano il Torbidone: questo piccolo fiume (ma dalla portata interessante) era “scomparso” col terremoto del 1979. Il 30 ottobre è ritornato, più forte e cristallino che mai. Le sue acque veloci e pulitissime abbeverano greggi di pecore, uno spettacolo bellissimo, forse l’unica cosa davvero bellissima fatta dal sisma.A poca distanza i nostri accompagnatori ci mostrano le case popolari di Norcia, seriamente danneggiate ,a che fortunatamente non hanno portato lutti (il bilancio della crisi sismica a Norcia è quasi irreale: nessuna vittima, 14 feriti).
Qui hanno già iniziato a portar via le macerie. In netto anticipo rispetto ad altre zone colpite.
Rita e suo marito ci accolgono in casa, ci offrono il dolce, ci raccontano la loro esperienza.
Il “lampadario”.
Dopo la visita al Torbidone ci portano nella zona industriale di Norcia, e ci mostrano i capannoni crollati, che sono davvero tanti. In ultimo, prima di accompagnarci alle nostre auto, Rita e il marito ci fanno fare un giro in auto intorno alle mura e ci fanno notare lo scalino formato dal terremoto: una settantina di centimetri, a occhio. Prima non c’era, e la cosa dà la misura della forza espressa quel giorno dalla terra.
Il Torrente Torbidone.
Torniamo alla nostra auto, ma prima di andarcene abbiamo un’ultima cosa da fare: la spesa. Pecorino, guanciale, “coglioni di mulo”, salame, prosciutto, salamella al fegato. Il profumo di queste delizie ci accompagnerà nel viaggio di ritorno. Dureranno poco nelle nostre case… bisognerà tornare a fare rifornimento!
Le case popolari di Norcia.
Lo “scalino” che si è formato col terremoto alle porte di Norcia.
Capannoni distrutti dal terremoto nella zona industriale di Norcia.