Queste galassie contengono una vasta popolazione di stelle poste su orbite quasi circolari attorno al centro galattico. Per la terza legge di Keplero le stelle con orbite galattiche più grandi (ossia quelle più esterne) dovrebbero avere velocità orbitali minori: dovrebbero cioè muoversi più lentamente.
Le osservazioni, però, non concordano: quello che noi vediamo è che le stelle nelle regioni periferiche di un gran numero di galassie a spirale non orbitano in accordo con quelle leggi che permettono invece di descrivere bene il Sistema Solare.
Invece di diminuire dal centro alla periferia, le velocità orbitali rimangono costanti e, tra calcoli, stime e proiezioni, si è scoperto che per galassie più o meno simili alla nostra le stelle più periferiche hanno velocità orbitali anche di 200 chilometri al secondo. Per avere un termine di paragone: la velocità della Terra attorno al Sole, che naturalmente compie un’orbita in quello che per noi è “1 anno”, è di circa 30 km al secondo.
Se una galassia fosse composta solo da quella che per noi è la materia visibile, quelle stelle l’avrebbero abbandonata da tempo perché hanno velocità orbitali tre o quattro volte superiori alla velocità di fuga dalla galassia stessa. I casi di stelle in fuga dal loro centro galattico sono però rarissimi: è per questo motivo che si è ipotizzato che nelle galessie debba esserci della massa che non si vede ma che esercita una forza di attrazione tale da impedire alle stelle di andarsene per la loro strada.
Questa massa è stata chiamata materia oscura: “oscura” perché, belle ipotesi a parte, non se ne sa proprio nulla.
Questa è la nostra attuale idea dell’Universo, che sarebbe composto in questo modo: materia ordinaria (la “nostra”) 4% + materia oscura (ignota) 21% = 25% (circa) dell’Universo. Tutto il resto è ancora più misterioso: è energia oscura.
Perché forse non c’è. Alcuni ricercatori hanno già provato a cercare una spiegazione alternativa alla mancata “fuga di stelle”, un’ipotesi che si basa sull’introduzione di una nuova costante gravitazionale a correzione della legge di gravitazione universale di Newton per “rientrare” nella regola della terza legge di Keplero (un’idea che suscita non poche resistenze).
Adesso si parla di un’altra spiegazione ancora, basata su di uno studio a cui ha partecipato Francesco Sylos Labini, ricercatore all’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) e del Centro Fermi, pubblicato sull’Astrophysical Journal.
NGC 6503, la cosiddetta “Lost-in-Space galaxy” perché non appartiene a nessun ammasso ed è gravitazionalmente isolata. Si trova a 18 milioni di anni luce dalla Terra, in una regione di Spazio denominata “Vuoto Locale”. Vedi anche: 12 galassie lontane lontane… | NASA/ESA/Hubble
«Lo studio si inserisce in questo interessante scenario con una nuova chiave di lettura del fenomeno», spiega Labini: «grazie a simulazioni al computer e a calcoli teorici abbiamo riprodotto una condizione di collasso gravitazionale di una nube ellissoidale di particelle isolate dando loro una piccola velocità di rotazione iniziale, constatando che ne derivano sistemi qualitativamente simili alle galassie a spirale con braccia non stazionarie, cioè che non orbitano come i pianeti intorno al Sole – che sono in uno stato di equilibrio – ma sono dei fenomeni generati da una dinamica fuori dall’equilibrio. La loro principale caratteristica è di avere delle velocità radiali, oltre che circolari, e le braccia a spirale sono formate proprio per effetto della combinazione di questi due moti.»
Il nuovo scenario. In estrema sintesi, ciò che emerge dallo studio è che è possibile spiegare comportamento delle galassie a spirale senza mettere in discussione Keplero, senza bisogno di nuove costanti universali e, soprattutto, senza la materia oscura. Questo ne fa una teoria di grande interesse scientifico: sottoposta a verifica, se dovesse essere confermata darà forse il colpo di grazia definitivo all’ipotesi della materia oscura, già messa in crisi da altri studi.