Gli effetti del terremoto di Mw 6.8 del 14 gennaio 1703 in Umbria

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Gli effetti del terremoto di Mw 6.8 del 14 gennaio 1703 in Umbria

La prima e più intensa scossa del nuovo anno avvenne il 14 gennaio verso sera, non è precisata l’ora; fu colpita tutta l’Italia centrale, morirono diecimila persone, duemila solo in Umbria.

Tratto da ‘Sismicità storica in Umbria’ di Paola Pagana
berenice.over-blog.it

Cascia – Norcia

Questo terremoto durò quasi un anno: le prime sequenze iniziarono nel mese di ottobre 1702. Fu definito uno dei più grandi disastri sismici della storia, per estensione geografica e per la quantità dei danni provocati dalle numerose e violente scosse. Cascia, completamente distrutta, ebbe 680 morti; a Norcia le vittime furono 800 e nell’antico contado, comprese Rocchetta e Ponte appartenenti a Spoleto, su 10767 abitanti, 587 morirono sotto le macerie. (M. Baratta, op. cit. p. 189)

Il territorio colpito comprendeva due Stati, quello della Chiesa per l’Umbria, le Marche e il Lazio e quello del Regno di Napoli per l’Abruzzo e il Molise; il terremoto colpì, infatti, anche l’aquilano. (E. Boschi, E. Guidoboni, G. Ferrari, G. Valensise: op. cit. pp. 49-51)

La prima e più intensa scossa del nuovo anno avvenne il 14 gennaio verso sera, non è precisata l’ora; fu colpita tutta l’Italia centrale, morirono diecimila persone, duemila solo in Umbria.

Distribuzione degli effetti di danneggiamento dal VII MCS in su per i terremoti del 14 gennaio 1703 (cerchietti rossi), del 2 febbraio 1703 (cerchietti gialli) e del 6 aprile 2009 (cerchietti verdi).

Altre forti scosse si registrarono il 16 gennaio e il 2 febbraio. Gravissimi danni si ebbero a Norcia, già dissestata dalle precedenti scosse dell’ottobre 1702. Molte chiese e monasteri, in parte, crollarono; nella chiesa principale di Santa Maria crollò il tetto. Cadde anche la residenza del prefetto chiamata la “Castellina”, così pure i magazzini pubblici e il Monte di Pietà. La città di Norcia era divisa in quattro rioni: Santa Lucia, San Benedetto, San Giacomo, San Giovanni. Nel primo rimase illeso il palazzo apostolico, furono riscontrate solo lesioni interne, anche il convento dei padri del terz’ordine e la chiesa di San Francesco furono lesionate. Nel rione di San Benedetto crollò la torre e la stessa chiesa di San Benedetto subì gravi lesioni; nel rione di San Giacomo crollò la chiesa a lui intitolata, il convento degli agostiniani e il monastero di Santa Caterina. Le abitazioni furono gravemente colpite, le poche rimaste in piedi risultarono inabitabili. Il rione di San Giovanni fu quasi distrutto totalmente, crollarono la chiesa di San Giovanni e due monasteri. Anche Cascia, già danneggiata dal terremoto del 1702, si trovò in una situazione non diversa da Norcia, parte della città fu distrutta, rimasero danneggiati tutti gli edifici, le carceri, il palazzo apostolico, il deposito del grano. La campana del palazzo pubblico cadde sulla residenza del governatore causandone la distruzione.

Cerreto, Monteleone e Spoleto

Il paese di Cerreto di Spoleto era diviso in cinque contrade: tutte e cinque subirono, più o meno, gli stessi danni, molte abitazioni crollarono, quelle rimaste in piedi furono dichiarate inagibili. In contrada Strada, il convento degli Agostiniani e il monastero delle Benedettine riportarono danni irreparabili; la cappella del Corpus Domini era pericolante.

A Monteleone di Spoleto, subirono danni gravi gli edifici religiosi, crollarono la chiesa parrocchiale con la canonica, la chiesa della Madonna delle Grazie, della SS. Concezione, della SS. Croce e della Madonna del Piano. Non furono risparmiate le abitazioni, molte delle quali furono demolite.

Spoleto ebbe forti danni dalle scosse del 14 gennaio, 16 gennaio e 2 febbraio, ma anche da quelle successive; ne seguirono infatti altre il primo marzo, 9 aprile e 29 giugno. Le abitazioni della città furono gravemente danneggiate e divennero, quasi tutte, pericolanti. La scossa del 9 aprile fece crollare la facciata della chiesa degli Agostiniani provocando la morte di una donna ed il ferimento di molte altre persone. (E. Boschi, E. Guidoboni, G. Ferrari, G. Valensise: op. cit. p. 53)

Roma

A Roma, la scossa del 14 gennaio fu preceduta da un forte vento, ebbe una durata di due “salutazioni angeliche” e fece fuggire le persone dalle case: non fece cadere alcun edificio, ma solo aprire delle fenditure nei muri e rompere le catene di ferro nell’aula del Campidoglio. (M. Baratta: op. cit. p. 189) Questa scossa produsse molti cambiamenti nella circolazione idrica sotterranea; a Roma, in alcuni pozzi, aumentò l’acqua di oltre 10 palmi di altezza.(M. Baratta: op. cit. p. 189) Sempre a Roma la scossa del 2 febbraio fece rovinare due archi del secondo recinto del Colosseo. (M. Baratta: op. cit. p. 191)

Sigillo

La scossa del 2 febbraio fece aprire a Sigillo, una voragine nei pressi di Monte Ornaro; si narra che al momento della formazione di essa, uscirono “vampe di fuoco” e che per altri tre giorni vennero emessi dei vapori. (M. Baratta: op. cit. p. 192)

Questo terremoto non ebbe effetto solo sull’edilizia, ma anche sulle attività produttive causando una grave crisi economica. Le risorse non erano sufficienti da garantire una solida ricostruzione; per rimuovere le macerie servirono molti mesi, non mancarono ostacoli e rallentamenti da parte delle amministrazioni pubbliche. Si correva, inoltre, il forte rischio di epidemie. Le economie locali furono colpite gravemente, buona parte del patrimonio zootecnico fu perduto; a Cascia, l’acquedotto cittadino divenne inutilizzabile e molte coltivazioni furono abbandonate; i mulini non funzionavano più cosicché il foraggio per il bestiame diventava sempre più scarso. Venne a mancare anche il pane perché molti forni erano andati distrutti. Il legname scarseggiava, in quanto c’era necessità di procurarselo unicamente bruciarlo nelle calcare al fine di produrre calce; proprio per avere più legname le istituzioni locali limitarono l’allevamento delle capre perché queste, nutrendosi di germogli, rallentavano la crescita delle piante. (E. Boschi, E. Guidoboni, G. Ferrari, G. Valensise: op. cit. p. 60)

Le comunità dell’Umbria si rivolsero a Clemente XI per ottenere finanziamenti per la ricostruzione, ma Egli si limitò a concedere l’esenzione parziale dalle tasse, lasciò in vigore la tassa sul macinato che pesò molto sulle condizioni economiche della popolazione. Il Papa inviò nei luoghi colpiti l’architetto Bufalini per valutare i danni e fare una stima per rimuovere le macerie: per Norcia servivano circa seimila scudi e per Cascia millecinquecento. Per la ricostruzione si intervenì solo nelle zone più colpite, (E. Boschi, E. Guidoboni, G. Ferrari, G. Valensise: op. cit. p.60-61) a Norcia, cinque anni dopo il sisma, solo un quarto della città era stata ricostruita, mentre a Cascia ancora molti edifici erano pericolanti. (E. Boschi, E. Guidoboni, G. Ferrari, G. Valensise: op. cit. p. 62)

Il terremoto danneggiò altre centoquindici località.

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