Dossier Mal’aria 2018: in Italia aria sempre più irrespirabile, 39 città fuorilegge con Pm10 alle stelle

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Dossier Mal’aria 2018: in Italia aria sempre più irrespirabile, 39 città fuorilegge con Pm10 alle stelle

Situazione critica in Pianura Padana. La peggiore Torino, poi Cremona e Alessandria. Ultimatum Ue all’Italia. Legambiente: «Non bastano misure tampone, servono interventi strutturali e azioni ad hoc sia a livello nazionale che locale»
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Il dossierMal’aria 2018 – L’Europa chiama, l’Italia risponde?” presentato oggi da Legambiente conferma che  è «emergenza smog sempre più cronica in Italia: aria irrespirabile nelle grandi città con un 2017 da “codice rosso” a causa delle elevate concentrazioni delle polveri sottili e dell’ozono.

Mal’aria 2018 fotografa l’inquinamento atmosferico nelle città italiane alla vigilia del vertice di Bruxelles sulla qualità dell’aria e Legambiente spiega che a si tratta di «Un incontro, rivolto agli otto Paesi in procedura di infrazione, tra cui c’è anche l’Italia, e fortemente voluto dalla Commissiona Europea che in questi giorni ha lanciato anche un ultimatum al nostro paese, chiedendo al ministro dell’ambiente Galletti aggiornamenti sulle misure pianificate dall’Italia in materia di inquinamento atmosferico. In mancanza di misure concrete ci sarà il rinvio alla Corte di giustizia europea con inevitabili e salatissime multe per l’Italia».

E mentre in campagna elettorale si discute di tutt’altre cose, la qualità dell’aria continua a  lasciare a desiderare e il Cigno Vere, dopo il confronto tra “l’aria che tira in alcune città italiane ed europee”, ora fa il punto sull’inquinamento atmosferico made in Italy e da Mal’aria emerge che, «Nel 2017 in ben 39 capoluoghi di provincia italiani è stato superato, almeno in una stazione ufficiale di monitoraggio di tipo urbano, il limite annuale di 35 giorni per le polveri sottili con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi/metro cubo. Le prime posizioni della classifica sono tutte appannaggio delle città del nord (Frosinone è la prima del Centro/Sud, al nono posto), a causa delle condizioni climatiche che hanno riacutizzato l’emergenza nelle città dell’area del bacino padano. Su 39 capoluoghi, ben cinque hanno addirittura oltrepassato la soglia di 100 giorni di smog oltre i limiti: Torino (stazione Grassi) guida la classifica con il record negativo di 112 giorni di livelli di inquinamento atmosferico illegali; Cremona (Fatebenefratelli)  con 105; Alessandria (D’Annunzio) con 103; Padova (Mandria) con 102 e Pavia (Minerva) con 101 giorni. Ci sono andate molto vicina anche Asti (Baussano) con 98 giorni e Milano (Senato) con le sue 97 giornate oltre il limite. Seguono Venezia (Tagliamento) 94; Frosinone (Scalo) 93; Lodi(Vignati) e Vicenza (Italia) con 90».

Ma, come dimostrano studi e addirittura immagini satellitari, la situazione è crituca soprattutto nella Pianura Padana: «In 31 dei 36 capoluoghi di provincia delle quattro regioni del nord (Piemonte Lombardia Veneto ed Emilia Romagna) è stato sforato il limite annuo giornaliero – dice il dossier – in questi stessi Comuni l’85% delle centraline urbane ha rilevato concentrazioni oltre il consentito, a dimostrazione di un problema diffuso in tutta la città e non solo in determinate zone».

Il problema è che anche in altre regioni non va molto meglio: «In Campania le situazioni più critiche sono state registrate nelle stazioni delle città di Caserta (De Amicis), Avellino (Alighieri) e Napoli (Ferrovia) che hanno superato il limite giornaliero di 50 microgrammi/metrocubo rispettivamente per 53, 49 e 43 volte. In Umbriasituazione critica a Terni con 48 giorni di aria irrespirabile. In Friuli-Venezia Giulia la classifica di Mal’aria vede ai primi posti Pordenone (Centro) con 39 superamenti e Trieste (Mezzo mobile) con 37. Nelle Marche, invece, è Pesaro con 38 giorni oltre i limiti a posizionarsi tra le città peggiori».

Il direttore generale Legambiente, Stefano Ciafani, sottolinea: «Come ribadiamo da anni non servono misure sporadiche, ma è urgente mettere in atto interventi strutturali e azioni ad hoc sia a livello nazionale che locale Una sfida che la prossima legislatura deve assolutamente affrontare. Gli innumerevoli protocolli e accordi non devono riguardare solo le regioni padane, ma tutte le regioni e le città coinvolte da questa emergenza. Occorre ripartire da un diverso modo di pianificare gli interventi nelle aree urbane, con investimenti nella mobilità collettiva, partendo da quella per i pendolari, nella riconversione sostenibile dell’autotrazione e dell’industria, nella riqualificazione edilizia, nel riscaldamento coi sistemi innovativi e nel verde urbano. Serve potenziare anche il sistema dei controlli pubblici, con l’approvazione ancora mancante dei decreti attuativi della legge sulle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente da parte del Ministero».

Ma gli appelli rischiano di non essere raccolti da una politica che magari fa l’animalista dell’ultimora ma sembra disattenta (soprattutto in Padania) alla salute dei cittadini/elettori. Ed è proprio Legambiente a ricordare che «Gli accordi sottoscritti fino ad ora tra Ministero, Regioni, Comuni (l’ultimo in ordine di tempo a giugno scorso per l’area padana) per affrontare la cattiva qualità dell’aria sono serviti a poco o nulla; sia a causa del tipo di provvedimento previsto, oppure nella loro reale applicazione o ancora per l’assenza di controlli. La criticità generali riscontrate sono state sostanzialmente due: da un lato il disomogeneo recepimento dell’accordo da parte dei singoli Comuni, senza un’armonizzazione degli interventi; dall’altro l’aver frammentato le responsabilità, “esonerando” di fatto le quattro Regioni dallo svolgere in maniera stringente il proprio ruolo e dovere di coordinamento».

Inoltre, il Cigno Verde fa anche notare che «L’Italia è il Paese in cui si vendono ancora più auto diesel (56% del venduto tra gennaio e ottobre 2017 contro una media europea del 45%), e dove circolano auto e soprattutto camion tra più vecchi d’Europa (quasi 20 anni di età media)». Invece, per l’associazione ambientalista  bisognerebbe «sostenere ed accelerare il processo di potenziamento del trasporto pubblico locale, per renderlo sempre più efficace e affidabile e la sua trasformazione verso un parco circolante completamente elettrico, come varato dal piano del comune di Milano da qui al 2030 o come cominciato a fare dall’azienda del trasporto pubblico torinese su alcune linee. Ancora occorre limitare l’accesso nelle aree urbane in maniera stringente e costante ai veicoli più inquinanti, spingendosi, come fatto dal comune di Torino, al blocco dei mezzi euro 5 diesel e a Roma, dove si è arrivati recentemente a bloccare anche le Euro 6. Per incentivare questa trasformazione serve, però, potenziare le infrastrutture di ricarica dell’elettrico e, soprattutto, implementare nelle aree urbane infrastrutture per la mobilità ciclo-pedonale. Senza tralasciare la riqualificazione degli edifici pubblici e privati che dovrebbero riscaldare senza inquinare; il rafforzamento dei controlli sulleemissioni di auto, caldaie ed edifici; intervenire specificatamente sulle aree industriali e portuali. Da ultimo, ma non meno importante, ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città aumentando il verde urbano».

Legambiente riporta anche la classifica dei superamenti di ozono nel 2017: sono state 44 le città che hanno registrato il superamento del limite di 25 giorni  e le peggiori, che hanno superato più del triplo il limite concesso, sono: Catanzaro con 111 superamenti, Varese (82), Bergamo (80), Lecco (78), Monza (78) e Mantova (77). Gli ambientalisti evidenziano che «L’importanza di questo inquinante viene spesso sottovalutata, nonostante le stime dell’Agenzia Ambientale Europea (Eea) riportino 13.600 morti premature riconducibili all’ozono in Europa nel 2015, di cui 2.900 solo in Italia».

Mal’aria confronta le città che hanno superato i limiti rper le polveri sottili e ozono troposferico e rivela che «Sono 31 quelle che risultano fuori legge per entrambi gli inquinanti. Sommando i giorni di mal’aria respirata dai cittadini nel corso dell’anno solare, la speciale classifica che esce fuori vede la città di Cremona prima in questa drammatica lista con ben 178 giorni di inquinamento rilevato (105 per le polveri sottili e 73 per l’ozono); Pavia 167, Lodi, Mantova e Monza seguono a pari giornate con 164 giorni di inquinamento totale, Milano 161 e Alessandria con 160 si trova al settimo posto. Delle 31 città con un inquinamento costante tutto l’anno, 28 superano i 100 giorni, e 16 superano addirittura i 150 giorni. Sono le città dell’area padana a riempire la classifica con l’aggiunta di Frosinone e Terni. La popolazione residente in questi capoluoghi ammonta a circa 7 milioni di abitanti che, in pratica, hanno respirato polveri e gas tossici e nocivi circa un giorno su due nel peggiore dei casi (Cremona), al massimo uno su quattro nel caso di Biella che chiude la classifica con 87 giornate. Numeri che si traducono in problemi di salute, costi per il sistema sanitario e impatti rilevanti sugli ecosistemi: le morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico nel nostro Paese sono oltre 60mila l’anno, come riportato annualmente nei report dell’Agenzia Ambientale europea (Eea). Senza contare che in Italia i costi collegati alla salute derivanti dall’inquinamento dell’aria si stimano fra i 47 e i 142 miliardi di euro (stima al 2010). Dati che descrivono ancor di più l’urgenza di politiche concrete di miglioramento della qualità dell’aria».

Mal’aria 2018 contiene inoltre un focus “Che aria tira in città: il confronto con i dati europei” e, secondo i dati elaborati da Legambiente a partire dall’ultimo report del 2016 dell’Organizzazione mondiale della Sanità, «Le principali città italiane sono tra le più critiche a livello europeo per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico»,. L’associazione ambientalista ha confrontato le medie annuali di PM10 di 20 grandi città di Italia, Spagna, Germania, Francia, e Regno Unito (dati 2013) e conclude: «I valori peggiori relativi alla concentrazione media annuale di polveri sottili (Pm10) si registrano proprio in Italia: a Torino (39 microgrammi/metrocubo di Pm10), Milano (37) e Napoli (35), che primeggiano sulle sorelle europee come Siviglia, Marsiglia e Nizza dove invece si registra una concentrazione media annuale di Pm10 di 29 μg/mc. Roma si piazza, insieme a Parigi, al settimo posto con una concentrazione media annua di 28 μg/mcs, seguono gli altri centri urbani europei con valori di gran lunga più bassi. Negli anni successivi al 2013, la situazione delle quattro città italiane non è migliorata: la media annuale di PM10 a Torino è stata di 35 microgrammi/mc nel 2014, 39 nel 2015 e 36 nel 2016; a Milano è stata nei tre anni 35-41-36; a Napoli è stata 29 nel 2014 e nel 2015 e 28 nel 2016. A Roma, dai 29 microgrammi per metro cubo del 2014 si è passati a 31 nel 2015 e di nuovo a 29 nel 2016».

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