Anche le acque dolci stanno diventando più acide a causa dell’anidride carbonica
Uno studio ha documentato per la prima volta l’assorbimento da parte di acque dolci di anidride carbonica in eccesso dall’atmosfera e un conseguente aumento di acidità. Dovuto alle emissioni di questo gas serra generate da attività umane, il fenomeno di acidificazione rischia di alterare le catene alimentari e gli ecosistemi ospitati, come già osservato in mari e oceani
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La concentrazione atmosferica di anidride carbonica continua ad aumentare, nonostante gli impegni presi dalle nazioni con gli accordi di Parigi del 2015, che prevedono di ridurre l’emissione di questo come di altri gas serra per contenere l’incremento della temperatura globale ben al di sotto di 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. Un effetto immediato e negativo è quello che si osserva nelle acque degli oceani, che assorbono gradi quantità di anidride carbonica, diventando sempre più acidi e di conseguenza mettendo in serio pericolo la sopravvivenza degli ecosistemi marini.
Ora all’allarme lanciato sullo stato di salute delle acque marine si aggiunge quello sulle acque dolci, secondo quanto pubblicato su “Current Biology” da Linda Weiss e colleghi della Ruhr-University di Bochum e di altri istituti di ricerca tedeschi, che documentano per la prima volta l’effetto dell’aumento dell’anidride carbonica atmosferica sulla vita degli organismi di acqua dolce.
Attualmente, gli scienziati sono concordi nel ritenere che l’incremento dei livelli di anidride carbonica in atmosfera, dovuto alle attività antropiche, abbia come conseguenza diretta l’incremento di questo gas disciolto nell’acqua. A sua volta questo fenomeno è associato a lungo termine con un’aumento dell’acidità dell’acqua, cioè a una diminuzione del pH, perché una parte dell’anidride carbonica in acqua è trasformata in acido carbonico. L’ipotesi è dunque che non solo gli oceani e i mari ma anche le acque dolci interne soffrano dell’assorbimento di anidride carbonica.
Weiss e colleghi hanno studiato alcuni bacini di acque dolci della Germania, analizzando i dati raccolti dal 1981 al 2015. Hanno così documentato una serie di cambiamenti che riproducono in modo piuttosto fedele quelli osservati nelle acque marine. Innanzitutto, sono aumentate sia la quantità di anidride carbonica disciolta sia l’acidità dell’acqua, quantificabile in una diminuzione del pH di 0,3 in 35 anni. Si tratta di un tasso di acidificazione che supera quello misurato per gli oceani e anche alcune previsioni teoriche elaborate negli anni passati: per i Grandi Laghi del Nord America, una ricerca del 2015 ha previsto una variazione di pH compresa tra 0,3 e 0,5 entro il 2100, quindi in un arco temporale molto più lungo.
A fare le spese dell’aumento dell’anidride carbonica nelle acque dolci della Germania sono soprattutto i piccoli organismi marini come le specie del genere Daphnia, note anche come pulci d’acqua. Questi piccoli crostacei sono onnipresenti in laghi, stagni, ruscelli e fiumi e sono una fonte alimentare primaria per molti organismi più grandi. Quando sentono avvicinarsi i loro predatori, le pulci d’acqua sviluppano una serie di spine caudali ed “elmetti” altrettanto appuntiti, rendendo più difficile la propria cattura. Questa singolare strategia di difesa entra in crisi con l’acidificazione delle acque, che altera meccanismi di comunicazione chimica.
“I livelli elevati di anidride carbonica riducono la capacità della pulce d’acqua di rilevare la presenza dei suoi predatori”, ha spiegato Weiss. “Ciò riduce l’espressione delle sue difese morfologiche, rendendo l’animale più vulnerabile”. La Daphnia è più esposta alla cattura, e questo si riflette in uno squilibrio di tutto l’ecosistema delle acque dolci interne.
“Ora la questione è se tutte le acque dolci interne siano così esposte a questo tipo di processo”, ha concluso Weiss. “Vogliamo saperne di più studiando il fenomeno a livello globale”