I sismi determinano una ridistribuzione delle masse all’interno della crosta terrestre che modifica il campo gravitazionale del pianeta: durante l’evento si generano onde di elasto-gravità che si propagano alla velocità della luce e che potrebbero essere usate per ottenere in pochi minuti una stima precisa della magnitudo del terremoto
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I terremoti modificano localmente il campo della forza di gravità della Terra. Questo fenomeno dà origine alla propagazione di onde di elasto-gravità che sono così veloci che potrebbero essere utilizzate per stimare la magnitudo dei sismi entro pochi minuti dall’evento.
Sulle pagine della rivista “Science” Martin Vallée dell’Université Paris Diderot di Parigi e del CNRS francese, e colleghi di altri istituti di ricerca francesi e del California Institute of Technology, propongono un nuovo modello geofisico per arrivare a questo obiettivo, superando le difficoltà incontrate finora per la misurazione o lo sfruttamento a fini pratici di questo fenomeno.
La stima della magnitudo dei terremoti è già ora molto rapida, ma non è molto precisa. Nel caso per esempio del sisma di Thoku-Oki dell’11 marzo 2011, che causò lo tsunami responsabile dell’incidente di Fukushima, l’agenzia meteorologica giapponese fornì in tempo quasi reale una stima di magnitudo pari a 7,9. Dopo tre ore, la corresse in 8,8, ma il valore finale fu di ben 9,1, il più elevato della storia del Giappone.
Mappa della disposizione dei sismografi (indicati dai triangolini) che hanno rilevato le onde sismiche pochi minuti dopo il terremoto di Tohoku dell’11 marzo 2011. Gli autori hanno analizzato in particolare i segnali rilevati dalla stazione indicata dalla sigla MDj (triangolino rosso al centro) a 1280 chilometri di distanza dall’epicentro (Credit: IPGP/2017)
Questa sottostima è dovuta al fatto che la magnitudo in tempo reale è generalmente derivata dai valori di picco dell’ampiezza delle onde sismiche, valori che sono scarsamente correlati alla magnitudo momento, un parametro che valuta l’energia liberata durante il sisma.
Una stima molto più rapida per stimare le dimensioni delle rotture di faglia si può ottenere dalle onde di elasto-gravità, che sono dovute ai rapidi spostamenti di grandi masse nella crosta terrestre nel momento in cui si scatena un terremoto: queste onde si propagano infatti alla velocità della luce – circa 300.000 chilometri al secondo – e sono molto più rapide delle onde sismiche, che si propagano a 6-10 chilometri al secondo.
Il problema è che queste onde di elasto-gravità sono decisamente deboli, e finora la loro rilevazione non è stata sufficientemente accurata da permettere di stabilirne l’origine e di usarle per stimare in modo rapido e accurato la magnitudo dei sismi.
Vallée e colleghi hanno risolto questi problemi con un nuovo modello geofisico che riesce a combinare misurazioni gravimetriche e sismiche per ottenere infine una stima della magnitudo del sisma. Per arrivare al risultato i ricercatori hanno dovuto analizzare i dati gravimetrici e sismici raccolti nel corso del sisma giapponese del 2011 in diversi centri di ricerca dell’Asia orientale, distanti da 400 a 3000 chilometri dell’epicentro del terremoto.
L’ideale è utilizzare strumenti posti a una distanza compresa tra 1000 e 2000 chilometri dall’evento, cioè una distanza abbastanza ampia da avere un consistente intervallo di tempo tra la rottura della faglia e l’arrivo delle onde sismiche, ma sufficientemente ridotta da limitare il rapido decadimento del campo gravitazionale con la distanza. Per verificare la bontà del modello, i ricercatori hanno utilizzato in particolare i segnali rilevati dalla stazione di Mudanjang, in Cina, posta a 1280 chilometri di distanza dall’epicentro del sisma.