Plastica nei mari: il Mediterraneo rischia di diventare la nuova Pacific Trash Vortex
Scritto da Germana Carillo
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Più dell’80% dei rifiuti raccolti sulle spiagge italiane è rappresentato da plastiche. Tra queste, si contano 100 milioni di cotton fioc. In più, i frammenti che vengono prodotti dalla degradazione delle plastiche sono il 46% degli “oggetti” rinvenuti e in alcune località sono stati raccolti fino a 18 oggetti di plastica per metro quadro. E nel Mediterraneo non si frena questo grave andamento.
Sono alcuni dati emersi dagli studi ENEA presentati in occasione del workshop “Marine litter: da emergenza ambientale a potenziale risorsa”, che posto l’attenzione anche sulle fonti d’inquinamento da microplastiche che, a causa di dimensioni inferiori a 5mm, non vengono trattenute dagli impianti di depurazione delle acque reflue.
Insomma, il punto è ancora una volta chiaro: nelle nostre acque e nelle acque di tutto il mondo di plastica ce n’è fin troppa e non è minimamente pensabile che si possa continuare così.
La plastica in mare da dove proviene?
“La presenza delle plastiche in mare è in larga parte dovuta a una scorretta gestione dei rifiuti solidi urbani, alla mancata o insufficiente depurazione dei reflui urbani, a comportamenti individuali quotidiani inconsapevoli. Così facendo il rischio di trasformare i nostri mari in discariche è molto elevato. Secondo alcune ipotesi, entro il 2050 nel mare avremo più plastica che pesci”.
È quanto afferma Loris Pietrelli del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali e da qui si può tristemente puntualizzare un altro dato: le microfibre di plastica scaricate in mare da un solo lavaggio di lavatrice sono 700mila e 24 sono invece le tonnellate di microplastica provenienti dai prodotti cosmetici di uso quotidiano che ogni giorno riversiamo nei mari europei e che entrano nella catena alimentare.
Chi è più attento alle tematiche ambientali, infatti, sa bene che prodotti di degradazione delle plastiche sono stati rinvenuti infatti anche nel fegato di spigole e microplastiche nel sale da cucina: uno studio condotto sul pesce spada, ha evidenziato che nei contenuti stomacali di alcuni esemplari sono stati ritrovati rifiuti marini che riflettono le tipologie di plastiche maggiormente presenti in ambiente marino.
Riutilizzo del beach litter?
Le plastiche raccolte lungo le spiagge e in mare? Secondo gli studi dell’Enea, la maggior parte di esse è formata da polimeri termoplastici come polietilene e polipropilene. Da rifiuto a risorsa economica: materiali riciclabili in nuovi oggetti commercializzabili.
Con questo obiettivo la caratterizzazione qualitativa e quantitativa dei materiali polimerici può rappresentare il punto di partenza per una gestione sostenibile dei materiali plastici: dal recupero, al trattamento fino al riciclo. Un circuito virtuoso di riciclaggio, un mix di strategie all’insegna del “riutilizzo-riuso-riciclo”, in grado di valorizzare le potenzialità dei materiali a fine vita, oggi in massima parte sottovalutate.
“I materiali polimerici, comunemente detti plastiche, costituiscono la maggior parte degli oggetti che quotidianamente utilizziamo. Tuttavia l’inquinamento da plastiche non è dovuto esclusivamente all’estrema resistenza dei polimeri ma al modo in cui è gestito il loro ciclo di vita – dice Loris Pietrelli. È una questione che coinvolge tutte le fasi dalla produzione dei materiali, allo sviluppo degli oggetti, fino al loro utilizzo e smaltimento, comprendendo usi e costumi della nostra società. Non è più accettabile che si utilizzino alcuni oggetti per il solo tempo necessario a bere una bevanda”.