L’acqua di fusione dei ghiacci della Groenlandia resta intrappolata nello strato più profondo, e non è positivo

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L’acqua di fusione dei ghiacci della Groenlandia resta intrappolata nello strato più profondo, e non è positivo

Grazie a una serie di rilievi, un team di ricerca ha scoperto che in Groenlandia una parte del ghiaccio sciolto dal riscaldamento globale non finisce in mare ma resta sull’isola. Il fenomeno ha un impatto significativo sull’innalzamento del livello dei mari.
di Andrea Centini
scienze.fanpage.it

Il ghiaccio della Groenlandia si sta sciogliendo rapidamente a causa dei cambiamenti climatici, ma una parte dell’acqua prodotta dal processo non finisce nel mare e rimane sull’isola. Nello specifico, resta intrappolata nel ghiaccio più profondo, che ha una bassa densità ed elevata porosità, caratteristiche che gli permettono di trattenerla. L’incredibile scoperta, fatta da un copioso team di ricerca coordinato da studiosi dell’Università della California di Los Angeles (UCLA), getta nuova luce sulle conseguenze del riscaldamento globale, e in particolar modo sul preoccupante fenomeno dell’innalzamento del livello dei mari.

Com’è noto, infatti, questo effetto scaturisce proprio dallo scioglimento dei ghiacci, ed è uno dei più temuti in assoluto. Se infatti non riusciremo a contenere l’aumento medio delle temperature nei valori indicati dagli accordi di Parigi del 2015, entro il 2100 moltissime metropoli costiere – comprese quelle italiane – potrebbero essere letteralmente sommerse.

Sapere in che modo e quanto ghiaccio si scioglie ogni anno è dunque un’informazione fondamentale, per comprendere i rischi che corriamo e mettere a punto le doverose contromisure. I rilievi condotti in Groenlandia, tuttavia, mostrano una discrepanza nei valori. In parole semplici, l’innalzamento del mare risulta inferiore rispetto al livello stimato, calcolato sulla base del ghiaccio disciolto. Dunque che fine fa l’acqua “mancante”? Per rispondere alla domanda, i ricercatori dell’UCLA guidati dal professore di Geografia Laurence C. Smith si sono recati in loco per effettuare rilievi ad hoc. Poiché la Groenlandia è enorme si usano normalmente i satelliti e modelli matematici per monitorare la situazione, ma per analisi più accurate è possibile fare anche ricerca sul campo.

Durante una spedizione del 2015, Smith e colleghi si sono accorti che l’acqua disciolta si incanala verticalmente in strutture chiamate “moulins”, e invece di finire tutta in mare resta imprigionata nel ghiaccio poroso, dove ad esempio può ricongelare. Il fenomeno si pensava fosse poco significativo, tuttavia dopo ulteriori analisi è emerso che le stime originali sull’acqua dispersa in mare potevano essere influenzate dal 21% al 58%. Si tratta di valori enormi, considerando che la Groenlandia perde 270 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno. Grazie a questa scoperta in futuro potremo avere stime molto più accurate sull’innalzamento dei mari e dunque sui rischi che corriamo. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati su PNAS.

[Credit: Lurens]

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