Non c’è alcun legame tra la ‘nube’ di rutenio e un incidente nucleare

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Non c’è alcun legame tra la ‘nube’ di rutenio e un incidente nucleare

E’ un metallo artificiale usato per curare i tumori degli occhi
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Non è stata prodotta in un incidente nucleare la ‘nube’ di rutenio 106 proveniente dalla Russia centrale e segnalata alla fine del settembre scorso da più centri europei per la sorveglianza della radioattività nell’atmosfera. “Il rutenio 106 è un metallo artificiale non presente in natura. Viene prodotto nei reattori nucleari e isolato a fini medici per il trattamento radiologico dei tumori dell’occhio”, ha osservato Federico Rocchi, ingegnere nucleare e ricercatore della divisione di sicurezza nucleare del centro ricerche dell’Enea a Bologna.

Il rutenio 106 “viene estratto dal reattore, poi viene processato chimicamente e quindi – ha spiegato – vengono preparate le dosi utilizzate in medicina”. L’incidente che ha provocato la dispersione del rutenio 106 nell’atmosfera “non può essere di sicuro avvenuto nella centrale nucleare perché in questo caso si sarebbero fuoriusciti altri radioisotopi, prodotti in quantità maggiori e più facilmente misurabili”. Tanto che ‘in Europa non sono mai state misurate sostanze diverse dal rutenio 106. E’ molto probabile, ha aggiunto Rocchi, che “la fuga sia avvenuta dall’impianto di lavorazione del rutenio 106 e quasi alla fine del processo, quando vengono preparate le dosi per uso medico. Questa ipotesi è la più probabile ha detto – e di sicuro possiamo escludere un problema in una centrale nucleare”.

La presenza del rutenio 106 nell’atmosfera era stata segnalata negli ultimi giorni di settembre, probabilmente a partire da una zona centrale della Russia. Quindi era stato rilevato in Francia, dall’Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare (Irsn), che ha dichiarato di non averlo più rilevato dal 13 ottobre. In Italia, osserva Rocchi, il rutenio 106 “era arrivato tra la fine settembre e l’inizio ottobre e poi si è lentamente diluito”. I valori, aggiunge, “sono tali da non porre assolutamente rischi né per la salute pubblica, né per l’ambiente. Le concentrazioni rilevate nell’atmosfera – osserva – sono fra centomila e un milione di volte più basse di quelle che destano preoccupazioni per salute e ambiente”. E’ una vicenda, ha concluso, che ha dimostrato come “il sistema di monitoraggio abbia funzionato bene sia in Italia sia in Europa”.

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