I medicane: i piccoli uragani del Mediterraneo

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I medicane: i piccoli uragani del Mediterraneo

Assomigliano agli uragani, ma per il momento non raggiungono la loro intensità. Ma non è detto che non la possano avvicinare in futuro.
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Il medicane Numa visto dal satellite.

Nel novembre 2017 una tempesta di inaudita violenza ha interessato gran parte della Grecia, causando la morte di almeno 20 persone e inondazioni e frane che hanno distrutto oltre 1.000 abitazioni.

Le riprese satellitari della tempesta, chiamata Numa, mostrarono caratteristiche che ricordano quelle di un uragano, ossia nubi che sembrano ruotare attorno ad un occhio centrale.

Fenomeni di questo genere non sono molto frequenti nel Mar Mediterraneo, sembra infatti che se ne verifichino uno o due all’anno, ma per differenziarli dalle normali tempeste sono stati chiamati “medicane”, una parola che in  italiano suona malissimo, me che deriva dalla fusione di “mediterraneo” e “hurricane” (uragano).

Le differenze e le similitudini. I medicane comunque hanno qualcosa in comune con gli uragani:  venti forti che ruotano attorno ad un nucleo accompagnati da piogge torrenziali.

Nel 2014, per esempio, il medicane Qendresa (foto di copertina) colpì Malta con venti che toccarono i 110 chilometri all’ora, con raffiche fino a 150. Si tratta di velocità considerevoli, nel Mediterraneo, ma che a mala pena raggiungono quella che deve essere la velocità massima per rientrare in una delle categorie con cui sono classificati gli uragani: in base alla Scala Saffir-Simpson, quelli di categoria 1 presentano venti con velocità del vento compresa tra i 118 e i 153 km orari. Al più, quindi, i medicane ricordano gli uragani più deboli.

La carta meteorologica che indica la bassa pressione che di lì a poco originerà il medicane

Ma c’è di più, come spiega Yochanan Kushnir, esperto di clima al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University di New York: «La fisica e la dinamica dei medicane sono diverse da quelle degli uragani». I cicloni mediterranei, infatti, sono più probabili in autunno con un picco in inverno per poi rallentare in primavera, mentre le stagioni degli uragani atlantici o pacifici sono l’estate e l’autunno.

Come gli uragani convenzionali tuttavia i medicane si formano in presenza di acque più calde rispetto alle medie. Ma anche qui c’è una differenza, in quanto i cicloni veri richiedono temperature di almeno 27 gradi centigradi per formarsi e crescere, mentre i medicane si formano a partire da acque più fredde, attorno ai 14 gradi centigradi. La loro formazione infatti, dipende molto dalla presenza di aria fredda al di sopra di quella che si trova a contatto con il mare. «Quindi – spiega Kushnir –  mentre gli uragani si formano attorno ad un nucleo molto caldo i medicane nascono attorno ad un nucleo più freddo».

Un medicane sviluppatosi l’anno scorso sul Mar Ionio. Seppur rari sono fenomeni molto distruttivi.

Diverranno uragani? Iniziano la loro storia come normali tempeste invernali ma diventano di notevole intensità se il Mediterraneo è più caldo dell’aria sovrastante, in quanto si determina un meccanismo di ascesa dell’aria e dell’umidità del mare stesso. Si viene così a creare una circolazione molto simile a quella degli uragani che porta il medicane a spostarsi verso est.

Nel Mediterraneo esistono due aree particolarmente favorevoli alla formazione di questi uragani casalinghi: uno si trova tra la Spagna e la Sardegna, l’altro nel mar Ionio, proprio dove si è formato Numa.

Secondo il ricercatore anche se i medicane dovrebbero rimanere fenomeni piuttosto rari, l’aumento delle temperature superficiali del mare potrebbero renderli più violenti in futuro, senza escludere in assoluto il fatto che potrebbero raggiungere intensità da veri e propri uragani.

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