Le emissioni globali di CO2 di nuovo in crescita dopo anni di stallo

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Le emissioni globali di CO2 di nuovo in crescita dopo anni di stallo

Nel 2017 emesse 41 miliardi di tonnellate do CO2, si sta esaurendo il tempo mantenere il riscaldamento sotto i 2° C. Aumentano ancora le emissioni in Cina e India, diminuiscono di poco in Usa e Ue
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Brutte notizie per i leader mondiali riuniti alla 23esima conferenza delle parti Unfccc in corso a Bonn: dopo tre anni di stallo, le emissioni globali da  combustibili fossili sono in aumento. A dirlo è una serie di rapporti del Global Carbon Project, un team presieduto da Rob Jackson della Stanford University che spiega: «Il risultato di quest’anno è scoraggiante, ma rimango speranzoso. Negli Usa, le città, gli Stati e le imprese hanno assunto la leadership sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili low-carbon  mentre il governo federale ha abdicato».

Il rapporto ”Warning signs for stabilizing global CO2 emissions” del Global Carbon Project è stato pubblicato oggi su Environmental Research Letters con dati dettagliati pubblicati simultaneamente  su un discussions paper pubblicato su  Earth Science Science Data dal team di Corinne Le Quéré dell’università dell’East Anglia, che fa parte del Global Carbon Project e in un’intervista a BBc News  evidenzia che «Le emissioni globali di CO2 sembrano aumentare ancora una volta dopo un periodo stabile di tre anni. Ciò è molto deludente. Con le emissioni globali di CO2 delle attività antropiche stimate a 41 miliardi di tonnellate per il 2017, Si sta esaurendo il tempo per la nostra possibilità di mantenere il riscaldamento ben al di sotto di 2 gradi C, per non parlare di 1,5°».

La Stanford riassume così i risultati dei due studi: «Nel 2017, le emissioni globali da combustibili fossili raggiungeranno il  record di 37 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, con le emissioni totali, compresa la deforestazione, che raggiungeranno raggiungendo il record di 41 miliardi di tonnellate,. La concentrazione di anidride carbonica atmosferica nel 2016 ha raggiunto le 403 parti per milione e dovrebbe aumentare di 2,5 parti per milione nel 2017».

La colpevole di questo aumento è soprattutto la Cina, dove  nel 2017 le emissioni sono destinate a crescere di circa il 3,5%. In Cina, nonostante le promesse ribadite dal recente Congresso del Partito comunista, l’’utilizzo del carbone è aumentato di circa il 3%, il consumo di petrolio del 5% e quello dei gas naturale di circa il 12%. Jackson evidenzia che «La green economy è in pieno boom in Cina e altrove, ma le crescita della domanda di energia viene soddisfatta anche con nuove infrastrutture di petrolio, carbone e gas».

Jackson ha condotto un secondo studio “per il Global Carbon Project sulla rimozione di CO2 dall’atmosfera, pubblicato sempre su Environmental Research Letters ed è  co-autore dell’altro studio  “Warning signs for stabilizing global CO2 emissions” su Nature Climate Change sul monitoraggio delle emissioni riguardo all’Accordo di Parigi.

Dall’inizio dell’era industriale la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata dalle circa 277 parti per milione (ppm) alle 403 ppm del 2016,  La deforestazione e il cambio di utilizzo dei suoli sono state le principali cause di questi aumenti fino al 1920, quando l’utilizzo dei combustibili fossili è diventato la fonte di emissioni di carbonio predominante. Negli ultimi dieci anni, i combustibili fossili e l’industria hanno rappresentato l’88% delle emissioni totali di CO2.

Gli anni tra il 2014 e il 2016 si sono distinti per lo stallo o la bassissima crescita delle emissioni di CO2 rispetto alla crescita del prodotto interno lordo globale ed è stata la prima volta che le emissioni globali sono state disaccoppiate dalla produzione economica, soprattutto grazie al calo dell’utilizzo del carbone negli Usa e in Cina ma anche grazie ai miglioramenti dell’efficienza energetica e alla crescita delle energie rinnovabili in tutto il mondo.

Nonostante la crescita economica, le emissioni di  CO2 sono in 22 Paesi, che rappresenta il 20% delle emissioni globali. Tra questi, ci sono gli Usa dove quest’anno  – nonostante Trump – .  ci si aspetta  un calo delle emissioni dello 0,4%, mentre l’Unione europea dovrebbe segnare un meno 0,2%.

Ma alla Stanford mettono in guardia: «Nel 2018, è improbabile che le emissioni globali diminuiscano. Sebbene le emissioni dell’India siano proiettate a crescere di appena il 2% quest’anno – un forte cambiamento rispetto all’oltre l’8% all’anno nell’ultimo decennio – potrebbero facilmente rimbalzare  rapidamente se l’economia del Paese recupererà da una recente flessione. Altrove, le previsioni della Banca mondiale per la crescita del Pil  mondiale potrebbero avere effetti simili sulle emissioni».

Jackson resta comunque ottimista: «L’ulteriore crescita delle energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica danno ancora motivi per essere ottimisti. Nel 2016 i Paesi hanno installato una quantità record di capacità di produzione di rinnovabili e il 2017 dovrebbe vedere altri dati record. I prezzi di eolico ed energia solare stanno diminuendo e le batterie e lo stoccaggio aiutano a bilanciare l’offerta e la domanda di energia elettrica. Il futuro dell’energia mondiale sta cambiando sotto i  nostri occhi».

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