Il commercio illegale minaccia la sopravvivenza dei leoni

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Il commercio illegale minaccia la sopravvivenza dei leoni

Ossa, carne, grasso e pelli utilizzate per stregoneria, guarigioni e medicina tradizionale 
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Lo studio  “Questionnaire survey of the pan-African trade in lion body parts” di Traffic, Iucn e Wildlife conservation research unitdell’ università di Oxford ( WildCRU), pubblicato su PlosOne  e che esamina il commercio panafricano delle parti del leone, evidenzia «tendenze crescenti e preoccupanti» che potrebbero costituire sempre di più  una minaccia per le popolazioni selvatiche di leoni africani (Panthera leo) che sono già in declino nel loro areale, dove si sono estinte in 18 dei 47 Paesi africani in cui una volta erano presenti, e potenzialmente in altri cinque.

A Traffic spiegano che «La perdita di habitat, il conflitto uomo- leone e l’esaurimento delle prede base sono tra i fattori che contribuiscono a questo preoccupante declino, ma il commercio nazionale e internazionale, in gran parte non esaminato, è considerato una crescente causa di preoccupazione».

Lo studio  presenta i risultati di un questionario online rivolto a accademici e professionisti che lavorano nella conservazione dei carnivori in Africa. Per raccogliere nuove conoscenze sulle dinamiche commerciali emergenti e individuare i Paesi in cui le popolazioni del leone siano sotto una particolare minaccia, i partecipanti al sondaggio sono stati invitati a rispondere a domande riguardanti l’utilizzo e il commercio delle parti del leone in Africa che è molto più diffuso di quel che si pensi e che spazia dai prodotti per il consumo locale, ai trofei di caccia, ai souvenir venduti ai turisti e, dal 2008, alle ossa di leone vendute in Asia Orientale e Sudorientale.

L’utilizzo zooterapeutico del leone africano, che comprende la medicina tradizionale, la stregoneria, le applicazioni magiche e cerimoniali, nonché la medicina tradizionale asiatica, sono considerati gli utilizzi  principali delle parti e delle ossa del leone sia nei Paesi africani che all’estero.

Mentre in africa guaritori e stregoni e consumatori utilizzano i loro rituali di guarigione soprattutto grasso, artigli, pelle e denti di leone, la medicina tradizionale asiatica è in gran parte interessata all’uso delle ossa.

Uno degli esperti intervistati ha rivelato che «I cinesi che vivono in Zambia hanno tante volte tentato di sollecitare gli abitanti locali a fornire loro ossa e carcasse di leone».

La percezione generale dei partecipanti al sondaggio è che i derivati ​​usati in queste pratiche “mediche” e “magiche” siano stati ottenuti per lo più da leoni selvatici presi in trappola o da “leoni problematici”, uccisi per ritorsione dagli uomini, soprattutto in Africa meridionale, occidentale e orientale.
Secondo gli esperti del Botswana e dello Zimbabwe circolano voci su diversi allevatori che commerciano parti di leoni dello Zimbabwe che vengono inviate i Sudafrica.

In Sudafrica le popolazioni di leoni in cattività sono di oltre il 50% più numerose di quelle selvatiche e finora le ossa vendute erano per lo più ritenute provenienti da leoni in cattività. Traffic fa notare: «Poiché non esistono corrispondenti registrazioni Cites (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora) di questo commercio, ciò potrebbe indicare la presenza di scambi illegali di ossa di leone tra il Sudafrica e i suoi vicini».

Il frapporto ritiene il Sudafrica il Paese dove c’è maggior n bisogno di un’inchiesta sul commercio di parti di leone, ma bisognerebbe indagare ulteriormente anche su quel che succede in Tanzania, Zimbabwe, Mozambico, Zambia, Botswana, Kenya, Nigeria e Camerun.

Lo studio Traffic / WildCRU studio “Bones of Contention” del 2015, seguito dal recente aggiornamento “A roaring trade? The legal trade in Panthera leo bones from Africa to East-Southeast Asia avevano trovato scarse prove che il  commercio di ossa di leone in  Sudafrica avesse  pregiudicato le popolazioni selvatiche di leone, ma avevano anche avvertito che la situazione avrebbe bisogno di un attento monitoraggio, data la mancanza di informazioni riguardanti tutti gli altri Paesi africani. Una richiesta confermata dai partecipanti al sondaggio insieme a quella della necessità di una maggiore attenzione e monitoraggio delle popolazioni di leone selvatiche che devono essere protetti dall’aumento del commercio illegale.

Uno degli autori dello studio, David Newton, direttore dell’East/Southern Africa regional office di Traffic, sottolinea che «Questo sondaggio rivela una preoccupante mancanza di informazioni disponibili sul commercio panafricano di parti del leone. Stiamo osservando una diminuzione complessiva della popolazione in tutto il continente e stanno aumentando gli indicatori che il commercio non regolamentato o illegale potrebbe essere un fattore che contribuisce. Finché non potremo identificare chiaramente i driver, i volumi e le dinamiche di questo commercio, la soluzione più urgente è quella di coordinare l’applicazione della legge e la gestione combinate a rigorosi monitoraggi i e controlli».

Il direttore di WildCRU David Macdonald conclude: «Ogni conservazionista dei leoni che conosco è preoccupato che il commercio di parti del leone possa decollare, ma fino al nostro sondaggio non c’erano semplicemente dati. Questi primi risultati suggeriscono che il commercio non regolamentato nelle parti del leone selvatico possa essere sul punto di avere una rapida espansione. Non c’è spazio per la compiacenza, quindi lanciamo immediatamente uno studio di follow-up».

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