È il progetto di riforestazione più grande e importante di sempre. Nel cuore dell’Amazzonia brasiliana verranno piantati 73 milioni di alberi coprendo un’area di oltre 28mila ettari. Una bella notizia, che per una volta bilancia le più tristi, riguardanti la deforestazione selvaggia.
Il nuovo progetto dovrebbe aiutare a prevenire – o almeno rallentare – i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale. Entro i prossimi sei anni Conservation International darà luogo al più grande progetto di ripopolamento tropicale della storia.
E il luogo in cui i 73 milioni di alberi saranno piantati è davvero significativo. È il cosiddetto “arc of deforestation”, un’area a cavallo di alcuni stati del Brasile, tra cui Amazonas, Acre, Pará, Rondônia e in tutto il bacino idrografico di Xingu. Il piano a breve termine è quello di ripristinare una ampia zona, pari a 30.000 campi da calcio, da cui gli alberi erano stati eliminati per fare posto ai pascoli degli allevamenti intensivi.
“Se il mondo sta per raggiungere l’obiettivo di 1,2° C o 2° C in più di riscaldamento che tutti noi abbiamo concordato a Parigi, allora la protezione delle foreste tropicali in particolare deve essere una parte importante”, ha dichiarato a Fast Company Sanjayan, CEO di Conservation International. “Non sono solo gli alberi ma anche il tipo scelto. Se si pensa di ridurre l’anidride carbonica, allora le foreste tropicali sono quelle che lo faranno al meglio”.
Secondo Conservation International infatti basterebbe semplicemente fermare la deforestazione per consentire alle foreste esistenti di assorbire fino al 37% delle nostre emissioni di CO2 annuali. Ovviamente, ricostituire aree degradate sarebbe fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Si tratta di un progetto di estrema importanza, dove tutto sarà controllato nei minimi dettagli per capire in che modo renderlo replicabile altrove.
Negli ultimi 40 anni, circa il 20% della foresta amazzonica è stata tagliata o distrutta, e gli scienziati temono che un altro 20% della foresta pluviale si perderà nei prossimi due decenni.
Il progetto si basta su una tecnica di impianto locale, chiamata muvuca che in portoghese significa “tante persone in un posto molto piccolo”. La strategia muvuca prevede che i semi di più di 200 specie forestali native si diffondano su ogni metro quadrato di terra bruciata e abbandonata. I semi vengono acquistati dalla Xingu Seed Network, associazione in difesa dell’ambiente che dal 2007 fornisce sementi naturali grazie a 400 raccoglitori, molti dei quali sono donne indigene e giovani.
Naturalmente, solo alcuni di questi semi sopravviveranno, ma quel tipo di selezione naturale è fondamentale per realizzare quella che i locali chiamano “magia muvuca”. Diversi semi germineranno, lottando tra loro per i nutrienti e la luce del sole, e i più forti diventano infine grandi alberi. Secondo uno studio condotto dall’organizzazione Food and Agriculture and Bioversity International, oltre il 90% delle specie di alberi nativi piantati con questa strategia germinano e sono particolarmente resistenti, in grado di sopravvivere alla siccità, fino a sei mesi senza irrigazione.
Solo per dare un’idea, con le tradizionali tecniche di rimboschimento si ottiene una densità di circa 160 piante per ettaro mentre con la muvuca il risultato iniziale è di 2.500 specie per ettaro. E dopo 10 anni, si possono raggiungere 5.000 alberi per ettaro.
Il progetto genererà anche posti di lavoro per le popolazioni locali. In ogni ettaro, ben 2.000 abitanti lavoreranno attivamente per riutilizzare il terreno agricolo sia privato che di proprietà del governo e degli indigeni.
Attualmente sono già stati piantati due milioni di alberi. E gli indigeni potranno conservare il riconoscimento delle terre, essendone i legittimi proprietari.
Francesca Mancuso